In passato come al giorno d'oggi, il razzismo continua ad essere una triste componente nei rapporti tra una parte di tifosi e i calciatori: certo, i miglioramenti nella sensibilizzazione su un tema così delicato sono sotto gli occhi di tutti, ma è d'obbligo pensare alla possibilità che si possa sempre fare di meglio, fino ad estirpare uno dei mali che affliggono uno sport bellissimo qual è il calcio. Grandi passi in avanti sono stati compiuti rispetto, ad esempio, a 33 anni fa, quando si consumò uno degli episodi più vergognosi inerenti al movimento nostrano.
Lo sfortunato protagonista di una vicenda per larghi tratti grottesca fu Ronny Rosenthal, attaccante esterno classe 1963 nato ad Haifa e dunque di nazionalità israeliana, che avrebbe potuto calcare i campi italiani se solo di mezzo non si fossero messe forze estranee al senso più puro di uno sport nato con l'obiettivo di unire anziché dividere. Forze estranee sì, ma anche capaci di condizionare una trattativa ormai definita e in dirittura d'arrivo, con la linea del traguardo praticamente già oltrepassata.
Ma partiamo dall'inizio della storia, la parte più 'dolce' e ancora incontaminata, che vede Rosenthal dare i primi calci ad un pallone nelle giovanili del Maccabi Haifa, di cui entra a far parte a soli 11 anni nel 1974. Fin da questo periodo di apprendistato, le capacità di trovare con facilità la via del goal si notano tutte e il passaggio in prima squadra è un evento fisiologico: a soli 16 anni, nel 1980, Rosenthal raccoglie la sua presenza numero uno in seconda divisione e dà un contributo per la promozione in massima serie, vinta in due occasioni consecutive nel 1984 e 1985.
I tempi per un'esperienza più competitiva nel cuore del calcio europeo sono ormai maturi: lo step avviene grazie all'intuizione del Club Brugge, una delle società più prestigiose del Belgio, con cui Rosenthal conquista al primo colpo una Supercoppa nazionale, preludio al successo in campionato del 1988 e ad un'altra Supercoppa. L'arricchimento del suo personale palmares gli regala le attenzioni dello Standard Liegi, ultimo club belga a godere delle prestazioni di Rosenthal: l'ulteriore svolta sembra palesarsi nell'estate del 1989, ma gli ottimi propositi si riveleranno quanto mai effimeri.
Prossima partita
L'occasione della vita si chiama Udinese, ossia Serie A, il campionato più ambito al mondo in quel determinato periodo storico. Chiunque sogna di condividere il palcoscenico con Van Basten, Maradona o Matthäus, e Rosenthal non è esente da questo ragionamento. Quando i friulani offrono 1,5 milioni di sterline allo Standard Liegi per il cartellino il più sembra ormai fatto, tanto che la pratica delle visite appare una mera formalità prima dell'agognato annuncio attestante l'ufficialità dell'operazione.
Eppure sono proprio le visite mediche a troncare il sogno di Rosenthal, almeno a primo impatto: gli esami rilevano lo schiacciamento di una vertebra e l'Udinese è indotta a fare un passo indietro, preferendo ripiegare sulla soluzione d'emergenza rappresentata da Abel Balbo. Col senno di poi e dei 69 goal realizzati in quattro stagioni, la scelta dell'argentino può essere definita azzeccata, ma la percezione cambia quando sul mancato tesseramento di Rosenthal iniziano a depositarsi dubbi di natura spregevole, riconducibili ad alcune intimidazioni di carattere antisemita.
GettyLe cronache dell'epoca riportano episodi inquietanti, che potrebbero gettare maggior luce sul dietrofront dell'Udinese: all'esterno della sede della società bianconera, come riportato da 'la Repubblica', appare improvvisamente la sagoma di un teschio a coronare la scritta "Ebreo non ti vogliamo", prontamente cancellati da una mano di bianco che però risalta agli occhi dei passanti. Qualche metro più in là, sullo stesso muro, campeggiano le scritte "Via gli ebrei dal Friuli" o "Rosenthal vai nel forno", corredate dal simbolo della svastica che sgombra il campo da ogni dubbio. Il tutto a firma 'HTB', ovvero 'Hooligans Teddy Boys', la parte più calda del tifo friulano.
Insomma, la religione di Rosenthal non è affatto ben vista da certi personaggi in quel di Udine, dove - sempre secondo quanto riferito da 'la Repubblica' - fa notizia una lettera anonima recapitata al presidente Pozzo e recante minacce per lui e la sua famiglia, oltre che la solita svastica. Si tratta dell'opera di qualche isolato facinoroso oppure siamo davanti ad una mobilitazione di massa, atta ad impedire l'acquisto di Rosenthal? Questa domanda non avrà mai una risposta, fatto sta che l'Udinese alla fine rinuncia alla chiusura della trattativa individuando il motivo nel già specificato problema fisico sorto durante le visite di rito.
Il 20 luglio 1989, si materializza l'inevitabile epilogo: Ronny Rosenthal non giocherà con l'Udinese e tornerà in Belgio allo Standard Liegi. Gli strascichi, però, non faticano a palesarsi: in Italia nasce una feroce polemica, oggetto di un'interrogazione parlamentare, mentre lo stesso giocatore decide di citare in giudizio il club bianconero con la richiesta di un risarcimento quantificabile in un miliardo di lire per danni morali. Alla fine il Tribunale gli darà ragione, ma sul piano economico riceverà 'soltanto' 60 milioni.
Molti anni dopo, nel 2016, Rosenthal esporrà una versione personale diversa dei fatti, convinto che il trasferimento fosse saltato a causa di questioni tecnico-economiche.
"Il mio sogno era quello di giocare in Italia, - le parole ai microfoni del 'Corriere della Sera' - non vedevo l’ora: nel 1989 il vostro campionato era il più bello del mondo. L’Udinese mi aveva già presentato, poi all’improvviso si appigliò a un mio problema congenito alla schiena, che però non mi ha mai impedito di fare una bella carriera, né prima né dopo. In quei giorni sui muri della città comparvero alcune svastiche e scritte razziste contro di me, israeliano ed ebreo. Ma non ho mai creduto che l’Udinese mi avesse scaricato per questo, perché si era spaventata: magari mi sbaglio, ma credo che fosse più che altro una questione d’affari. Hanno avuto l’occasione di prendere Abel Balbo e l’hanno sfruttata, senza rispettare gli accordi presi con me".
Di ritorno in Belgio, Rosenthal si ritrova nel bel mezzo di un cambio in panchina: il nuovo allenatore Georg Kessler non lo ritiene idoneo al suo progetto tecnico-tattico, così gli concede di trovarsi un'altra sistemazione. Dopo un periodo di prova al Luton in Inghilterra, arriva la grande chance con la chiamata del Liverpool: Kenny Dalglish ne ottiene il prestito per gli ultimi tre mesi della stagione 1989/1990, chiusa con la vittoria della Premier League e con la soddisfazione di aver realizzato una tripletta da subentrato nel 4-0 rifilato al Charlton.
GettyCon i 'Reds' - che nel frattempo perfezionano l'acquisto a titolo definitivo - Rosenthal conquisterà anche una Charity Shield e una FA Cup, trovando la sua perfetta dimensione in Inghilterra. Le successive esperienze con Tottenham e Watford (dove chiuderà la carriera nel 1999) non gli regaleranno alcun trofeo, ma la soddisfazione maggiore arriverà con la maglia della nazionale israeliana la sera al 13 ottobre 1993: al 'Parco dei Principi' di Parigi fornisce tre assist nel clamoroso 2-3 che contribuisce alla mancata qualificazione ad USA '94 della Francia, sconfitta anche dalla Bulgaria nell'ultima e decisiva partita. Tre ulteriori schiaffi a chi, qualche anno prima, ne aveva osteggiato l'acquisto.