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mertens(C)Getty Images

Era Dries, ora è Ciro: la storia d'amore tra Mertens e Napoli

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Quando nell’estate del 2013 è approdato al Napoli dopo le esperienze in Olanda con AGOVV, Utrecht e PSV, in pochi avrebbero probabilmente immaginato che cosa Dries Mertens sarebbe arrivato a rappresentare per il club partenopeo e per una città intera.

Aveva 26 anni e di lui si parlava come di un buon attaccante esterno che sarebbe molto probabilmente stato chiamato a rivestire un ruolo non propriamente da protagonista. Arrivò alla corte di Rafa Benitez nello stesso momento nel quale dal Real Madrid arrivarono gli attesissimi Callejon e Higuain, e se per loro due un posto in attacco insieme all’idolo Insigne era scontato, il belga dallo scatto fulmineo e dal fiuto per il goal quasi insospettabile, era l’uomo sulla carta designato a farsi trovare pronto nei momenti di necessita.

Guarda Napoli racconta 'Ciro' Mertens su DAZN

Quello che nessuno poteva sapere è che non solo Mertens nel suo primo campionato in Italia avrebbe totalizzato qualcosa come 33 presenze condite da 11 goal, ma che quel ragazzo nato e cresciuto in Belgio ed esploso calcisticamente in Olanda che era arrivato quasi in sordina, era in realtà destinato a guadagnarsi un capitolo importante nel libro di storia del Napoli.

Sette anni dopo il suo approdo all’ombra del Vesuvio, sappiamo che Mertens, con 121 goal all’attivo, è al pari di un’altra leggenda azzurra, Marek Hamsik, il miglior marcatore in tutte le competizioni del Napoli, ma riassumere la sua esperienza partenopea solo con i freddi numeri, non rende giustizia a quella che è ed è stata un’avventura a suo modo unica.

Mertens si è guadagnato nel corso delle stagioni le prime pagine grazie alle sue prestazioni, quella sua straordinaria capacità di reinventarsi in un ruolo nuovo e di rivelarsi proprio in quella posizione devastante, grazie a reti di rara bellezza e giocate figlie di quella qualità il ‘Dio del calcio’ ha riservato a pochi, ma è andato anche oltre, meritandosi qualcosa di ancora più prezioso: il cuore di un popolo intero.

E’ semplicemente il più nordico degli 'scugnizzi', colui che ha amato fin da subito una città sempre pronta ad innamorarsi come poche e che dalla stessa ha ricevuto un affetto enorme ed incondizionato.

“Tutti mi dicevano che sarebbe stata una brutta esperienza, ma qui tutto è bellissimo. Abito sul mare, quando la mattina apro la finestra posso esclamare: ‘E’ fantastico’. Napoli è meravigliosa, un incanto, un posto dove ogni vittoria viene vissuta come un trionfo”.

Mertens a Napoli non è solo il ‘bomber principe’ di una squadra che nelle ultime stagioni ha a lungo inseguito il sogno Scudetto, è Ciro, uno che si è guadagnato tutto ciò che di solito viene riservato solo a chi di una città è figlio.

Quello che inizialmente poteva sembrare un nomignolo come un altro, è negli anni diventato un qualcosa che va molto oltre. Venne per la prima volta chiamato Ciro dopo una partita di Europa League del 2015, quando in panchina si agitò al punto tale da ricordare proprio il più verace dei napoletani. Da quel giorno, ad ogni San Ciro, riceve migliaia di auguri e lo fa ringraziando di cuore.

Per spiegare la napoletanità di Mertens bisogna andare lì, a Napoli, in quello che è diventato il suo mondo, un mondo nel quale si è totalmente integrato. Vive nel cuore della città, a Posillipo, in una residenza a picco sul mare che regala uno degli scorci più belli del pianeta. Scorci che lui condisce con i rapporti che è riuscito a creare, con gli spaghetti a pomodoro e basilico che tanto ama, con i saluti che non nega a nessuno, con quella bontà che spesso l’ha portato fisicamente ad aiutare i più bisognosi, magari regalando loro qualche pizza che avrebbe reso meno dura la notte.

Mertens è tutto questo è anche di più, è la dimostrazione che essere napoletani non è solo una questione di nascita e quindi non sorprende più di tanto se c’è chi ha chiamato il suo primogenito Ciro Dries - (“Senza virgola eh, proprio così”) - così come non sorprende il fatto che lo stesso Dries di quel bambino sia poi diventato il padrino.

Sette anni e 121 goal dopo il suo approdo all’ombra del Vesuvio, Mertens si è guadagnato sul campo e non solo tutto ciò che ogni giocatore sogna: divertare un idolo. Al di là di quello che il futuro gli riserverà, con Napoli si è venuto a creare un cordone ombelicale che è tutt’altro che invisibile e che nessuno potrà mai tagliare.

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