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Dragan Stojkovic GFX

Dragan Stojkovic, il Maradona dell'Est che fece tremare il Milan

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Quando in ambito calcistico si pensa alla più grande fucina di talenti in assoluto, la mente di molti corre probabilmente veloce in Brasile , senza fare altre fermate intermedie. La cosa non è casuale, visto che proprio il Brasile, nel corso dei decenni ha sfornato alcuni dei più grandi fuoriclasse di ogni tempo. Giocatori che hanno portato in campo non solo un senso di qualità sopraffina, ma che si sono spinti oltre, innalzando il calcio al livello dell’arte.

Giocate da funamboli, dribbling a velocità impensabili, prodezze balistiche difficili solo da immaginare, sono alcuni degli ingredienti del ‘futebol’ , ovvero di quel qualcosa di così speciale da trasformare quello che spesso è un mezzo per riscattarsi in pura maestria. Il calcio brasiliano è molto diverso da quello europeo, è meno pratico e più divertente, ma non per questo viene preso meno sul serio. Anzi. E’ meno fisico e più elegante, ‘bailado’ dicono in molti, è meno schematico e più geniale, ma proprio perché tale spesso più fragile ed emotivo.

Riuscire a riprodurre nel ‘Vecchio Continente’ ciò che ai brasiliani viene naturale è praticamente impossibile, eppure per decenni anche l’Europa ha avuto il suo Brasile o meglio, quello che era chiamato il ‘Brasile d’Europa’ ed è stato un Paese che nell’immaginario comune non può essere più lontano da quello che ha regalato al mondo Pelé, Garrincha, Zico, Ronaldo e Ronaldinho (solo per citare alcuni tra i tantissimi): la Jugoslavia .

Il calcio jugoslavo, nel corso di tutta la sua storia, ha prodotto giocatori che, come quelli brasiliani, erano dotati di una genialità che si traduceva in qualità tecniche straordinarie e anche profonde fragilità che poi spesso portavano a clamorosi scivoloni ad un passo dal traguardo. Ancora oggi sono in molti coloro che si chiedono cosa avrebbe potuto vincere una Nazionale composta da gente come Savicevic , Mijatovic , Prosinecki , Boban , Mihajlovic , Pancev , Suker , Boksic , Jugovic e molti altri ancora, se su quella squadra non si fosse abbattuto un qualcosa di molto più grande del calcio. Non lo sapremo e questa è una certezza, ma c’è anche un altro dato di fatto: poche compagini al mondo hanno potuto contare su una dose così massiccia di talento.

Tra le tante stelle cresciute in Jugoslavia, ce ne è stata una in particolare che più di tutte si è avvicinata al ‘prototipo del fuoriclasse brasiliano’ . Un giocatore che in campo era semplicemente poesia in movimento, un ragazzo che danzava con la palla tra i piedi e che quasi in maniera beffarda, non è stato paragonato ad alcun fuoriclasse brasiliano, bensì al più grande campione argentino di tutti i tempi: Diego Armando Maradona .

Il suo nome è Dragan Stojkovic , ma per molti è semplicemente 'Piksi' . Gli affibbiarono questo soprannome da bambino perché amava la serie ‘Pixie, Dixie e Mr. Jinks’ , al punto che era l’unica cosa che, tassativamente alle sette di sera, lo trascinava letteralmente a salutare gli amici e a mettere da parte il pallone, per correre a casa davanti alla Tv.

Quel soprannome non gli ha mai dato fastidio, anzi, ma mentre molti prima nella sua Nis e poi a Belgrado continuavano a chiamarlo così, per il reso del mondo lui era semplicemente il ‘Maradona dell’Est’ .

Dragan Stojkovic YugoslaviaGetty

Nel corso degli anni in decine di occasioni si è parlato, spesso a sproposito, di ‘ nuovi Maradona ’, ma con Stojkovic la cosa è stata diversa. Sì perché lui realmente con il pallone faceva cose che al mondo riuscivano a pochissimi altri eletti e il tutto tra l’altro con un eleganza tale da lasciare quasi senza fiato. Tanto per tornare al concetto di calcio elevato ad arte.

Come successo a molti campioni jugoslavi, ha dovuto attendere molto di più rispetto ai colleghi occidentali prima di vedersi riconosciuta a livello internazionale quella bravura che poi tutti hanno esaltato, ma appena ha avuto l’occasione di attirare su di sé le luci della ribalta, l’ha fatto nel modo migliore che conosceva: incantando.

In un periodo storico nel quale il calcio arrivava nelle case della gente in modo molto più sporadico, ha avuto bisogno delle vetrine più importanti per mettersi realmente in mostra. La prima è stata la Coppa Campioni , la seconda i Campionati del Mondo .

La massima competizione europea per club l’ha disputata per la prima volta con quella Stella Rossa che rappresentò il punto di partenza della squadra che da lì a due anni avrebbe poi sollevato al cielo la ‘Coppa dalle grandi orecchie’ e in Italia, in particolare, a capire che quel ragazzo fosse diverso da tutti gli altri, in molti se ne accorsero il 26 ottobre 1988 . Si giocava al Giuseppe Meazza una sfida valida per l’andata degli ottavi di finale di Coppa Campioni ed il Milan di Arrigo Sacchi era opposto proprio ai campioni di Jugoslavia.

Stojkovic , allora ventitreenne con il 10 sulle spalle e la fascia di capitano al braccio, nell’arco dei novanta minuti mise in mostra il meglio del suo repertorio. Dominò a centrocampo mettendo in difficoltà Rijkaard ed Ancelotti come in pochi avevano fatto prima di lui e illuminò la scena con giocate da fuoriclasse assoluto.

Al 47’ la perla più preziosa: ‘Piksi’ si avventa su un pallone vagante, lascia sul posto Paolo Maldini , ipnotizza Baresi con due finte di corpo e, una volta penetrato in area, fulmina Giovanni Galli di destro. E’ una giocata fenomenale, quella che vale il momentaneo 0-1. La gara poi si chiuderà sull’1-1, ma intanto i dirigenti del Milan, che con i fuoriclasse avevano una certa confidenza, prendono nota.

Nella gara di ritorno solo la nebbia salverà un Milan in svantaggio (goal di Savicevic) e con un uomo in meno . Per l’arbitro Pauly non ci sono le condizioni per portare a termine la sfida e quindi si torna in campo il giorno dopo ripartendo dallo 0-0. Stojkovic regala magie anche nel match di ripetizione e pareggia la rete iniziale di Van Basten, ma alla fine saranno i rossoneri, che poi si laureeranno campioni d’Europa, a passare ai rigori.

Il talento jugoslavo esce sconfitto, ma ormai è sulla bocca di tutti e ad attenderlo c’è la definitiva consacrazione. Stojkovic sarà infatti un anno e mezzo dopo una delle stelle più luminose di Italia ’90 , tanto che si guadagnerà un posto nel miglior undici del torneo, vendendo inserito in un centrocampo che prevedeva, insieme a lui, Gascoigne , Matthaus e Maradona .

Il momento più alto del suo Mondiale coinciderà con la sfida giocata negli ottavi di finale contro la Spagna in quella che di lì a pochi anni sarebbe diventata casa sua: il Bentegodi . Segna una doppietta lanciando la Jugoslavia nei quarti, dove ad attenderla ci sarà l’ Argentina del suo alter ego Maradona .

La gara questa volta non è emozionante e dopo lo 0-0 dei 120’ si va ai rigori, lotteria che vedrà proprio i  due protagonisti più attesi sbagliare. A passare alla fine sarà l’ Albiceleste .

“Al momento di tirare ho fatto una finta di corpo. Quando ho visto da che parte era andato Goycochea, ho cambiato la direzione del tiro. Ero certo al 200% che avrei segnato, ma la palla ha colpito la traversa. Non so dire perché. Subito dopo ha calciato Maradona ed ha sbagliato e quindi mi sono detto che era andata bene. Loro sono poi stati più precisi e sono passati. Mi è dispiaciuto molto perché quella squadra poteva andare più avanti, ma sapevamo di aver ben rappresentato il calcio jugoslavo. Alla fine, non c’è un grande 10 che non abbia sbagliato un rigore: Platini, Baggio, Zico, Maradona… e tra loro ci sono anche io”.

Crvena Zvezda Roter Stern Belgrad 1991getty Images

I destini di Maradona e Stojkovic torneranno ad incrociarsi, ma questa volta non su un campo da gioco. In Francia infatti c’è in quegli anni un imprenditore che ha deciso di intraprendere un progetto quanto meno ambizioso: costruire la squadra più forte del mondo.

Si chiama Bernard Tapie e per raggiungere il suo obiettivo è pronto ad assicurarsi i migliori giocatori del pianeta. Nel 1989, ha deciso di puntare direttamente sul più forte di tutti assicurandosi Diego Armando Maradona ma, quando ormai è tutto fatto e l’argentino si è già guadagnato la promessa di essere liberato dal Napoli - “Mi dissero che se avessimo vinto la Coppa UEFA mi avrebbero lasciato andare” - il presidente del club partenopeo, Corrado Ferlaino, impedisce all’argentino di lasciare Napoli.

Tapie è convinto che per arrivare dove lui ha in mente di arrivare, sia necessario prendere un grande numero 10 e quindi un anno dopo, va direttamente su Stojkovic.

“Mi chiama il direttore sportivo della Stella Rossa verso le cinque di pomeriggio e mi dice di raggiungerlo immediatamente in ufficio. Gli chiedo cosa fosse successo e lui mi risponde che forse era arrivato Tapie direttamente in sede per me. Tapie era lì, giunto a Belgrado con un volo privato, e disse ‘Per diventare campioni d’Europa abbiamo bisogno di lui, del mio 10 preferito, dell’ultimo tassello del puzzle’. Firmammo un pre-contratto ed ero contento perché stavo per andare nella squadra più forte d’Europa. Incredibilmente, un’ora dopo mi chiamò Adriano Galliani che mi chiese ‘Hai firmato per l’OM?’”.

Quello sottoscritto da Stojkovic non è un contratto ufficiale e non c’è nulla di vincolante, ma il giocatore ha dato la sua parola e intende rispettarla. Il Milan si deve arrendere.

Il fuoriclasse jugoslavo va ad aggiungersi ad una collezione di campioni affidata al tecnico campione del mondo Franz Beckenbauer, che già comprende Papin, Cantona, Waddle, Amoros, Tigana e Abedi Pelé. C’è insomma abbastanza ‘materiale’ per stravincere.

A 25 anni Stojkovic ha finalmente tutto ciò che serve per imporsi a livello mondiale ma, proprio nel momento più importante della sua carriera, il ‘Dio del calcio’ decide di voltargli le spalle. Ad inizio stagione riporta infatti un grave infortunio che lo costringe ad un delicato intervento in Germania, oltre che a lunghi mesi di stop. Quando finalmente il lungo percorso di riabilitazione sarà alle spalle, un’altra serie di problemi fisici lo fermeranno ai box. Il suo OM intanto vola in campionato senza di lui e si qualifica per la finale di Coppa Campioni.

La sfida che vale un posto sul tetto d’Europa si gioca al San Nicola di Bari il 29 maggio 1991 e l’avversario da superare è la ‘sua’ Stella Rossa. Stojkovic è abile e arruolabile, ma il tecnico Raymond Goethals, che intanto è subentrato a Beckenbauer (diventato dirigente del club) decide di relegarlo in panchina. Il risultato non si schioda dallo 0-0 iniziale e al 112’ arriva anche il momento di ‘Piksi’. Entra al posto di Di Meco per cercare una giocata vincente che non arriva. Si va quindi ai rigori e proprio Stojkovic fin da subito chiarisce che nella lista dei tiratori in suo nome non va inserito.

“Se segno mi odieranno in Jugoslavia. Se sbaglio invece mi odieranno in Francia”.

A vincere sarà la Stella Rossa e a lui non resterà altro da fare che applaudire i suoi ex compagni.

“Goethals fece un errore nel non farmi giocare. Stavo bene, una settimana prima ero stato perfetto contro il Nizza e inoltre quelli della Stella Rossa avevano paura di me. Ero esattamente il giocatore che serviva per vincere quella finale. Rispettammo troppo l’avversario e perdemmo ai rigori. Dal punto di vista tattico fu un errore”.

La sua prima stagione francese si chiude in maniera amara e con appena 900’ giocati in campionato. Troppo poco per considerarlo il faro di una squadra le cui ambizioni restano altissime. All’OM decidono quindi che per Stojkovic è già arrivato il momento di preparale le valigie: sarà altrove che continuerà il suo recupero.

Sono tanti i club ad interessarsi a lui, ma a spuntarla a sorpresa è il Verona che, reduce da una promozione in Serie A, ha obiettivi importanti e punta ad imporsi come una delle sorprese della stagione. Il club scaligero ha già in rosa uno straniero, ovvero Robert Prytz, ed in trattativa con il Bari per Florin Raducioiu, può quindi aggiungerne un altro in rosa. In realtà ha da tempo individuato in Argentina un giovane attaccante che milita nel Boca che vorrebbe far suo anticipando la concorrenza, tale Gabriel Omar Batistuta, ma quando si presenta la chance di portare a casa una stella di caratura mondiale, la proprietà non ci pensa su: sarà un’operazione molto più costosa, ma è un’occasione irrinunciabile.

Stojkovic verrà accolto a Verona da oltre tremila tifosi e l’Hellas si scoprirà una delle società più corteggiate nel corso dell’estate. Sono tante le amichevoli proposte, tutti vogliono vedere ‘Piksi’ in azione in una compagine nella quale gli verrà garantita la possibilità di esprimere tutta la sua fantasia in piena libertà.

In realtà Eugenio Fascetti e gli uomini dello staff tecnico si rendono conto fin da subito che le condizioni del ragazzo non sono ottimali e che una delle due gambe è, dal punto di vista muscolare, praticamente la metà dell’altra. Servirebbero mesi per rimetterlo in sesto, ma il tempo non c’è e una stella di tale caratura deve giocare.

Stojkovic viene schierato regolarmente già nelle prime amichevoli e in una contro la Reggiana accade l’incredibile: evidentemente innervosito da una serie di falli subiti, reagisce male dopo un contrasto perso e, vistosi ammonito, urla contro l’arbitro Guidi le poche parole non propriamente gentili che già conosce in italiano. Il direttore di gara lo espelle e lui a questo punto perde letteralmente la testa, lo strattona e si merita due mesi di squalifica da scontare in campionato.

La sua esperienza in Serie A inizia quindi in ritardo, ma non sarà questo episodio a condizionare la sua stagione. Il campione jugoslavo si riscopre infatti ancora costretto a fare i conti con una lunga serie di problemi fisici che lo limiteranno moltissimo. Alla fine solo un paio delle appena diciannove presenze collezionate nel torneo saranno veramente all’altezza delle aspettative. Senza il suo contributo, che doveva essere decisivo, il Verona retrocede e, non potendosi permettere di trattenere un giocatore del genere in Serie B, Stojkovic farà ritorno a Marsiglia.

All’OM resterà per altre due annate che culmineranno con uno storico trionfo in Champions League, ma le sue non saranno stagioni da protagonista. A soli ventinove anni, colui che era stato uno dei più grandi talenti della sua generazione, decide di lasciare l’Europa per trasferirsi in Giappone al Nagoya Grampus, dove verrà allenato anche da un giovane Arsene Wenger.

In un campionato dai ritmi più bassi e dal livello qualitativo inferiore, le sue qualità emergono al punto che a Nagoya molto di più di un semplice idolo. Gli dedicano una tribuna dello stadio, una strada (Pixy Street) e perfino la Toyota darà ad uno dei suoi modelli il suo nome: la ‘Pixis’.

In Giappone rinasce al punto di riprendersi un posto con quella Nazionale con la quale giocherà, da buon protagonista i Mondiali del 1998 e gli Europei del 2000 e, quando giocherà la sua ultima partita in assoluto, il 4 luglio 2001, lo farà vestendo proprio la maglia della Jugoslavia in un’amichevole contro il Giappone.

Con il suo Nagoya Grampus inizierà anche la carriera da allenatore nel 2008 e nel 2010 tornerà a a guadagnarsi le attenzioni degli appassionati di tutto il mondo, anche di coloro che mai l’avevano visto all’opera da calciatore, con un gesto tecnico che di fatto mai si era visto prima.

Il gioco è fermo quando il pallone viene calciato dal portiere verso la sua panchina: Stojkovic, senza pensarci un secondo, colpisce la sfera al volo mandandola direttamente in porta. Il tutto come se fosse la cosa più normale che ci sia. Giocatori in campo e spettatori sugli spalti restano sbalorditi da quella traiettoria incredibile e le immagini di quella piccola ‘impresa’ diventano subito virali a livello planetario.

Tra tutti, l’unico a non gradire la cosa è l’arbitro, che decide di espellerlo poiché ritiene che Stojkovic con quella prodezza balistica abbia rallentato la ripresa del gioco. Una scelta inconcepibile, di chi forse non è abituato al calcio elevato ad arte.

Il 3 marzo 2021 il cerchio della vita sportiva di Dragan Stojkovic si chiude: 'Piksi' viene nominato Ct della Nazionale serba. Non un giorno casuale, è la sua data di nascita: "Sono felicissimo e allo stesso tempo estremamente orgoglioso. Non c'è onore più grande dell'essere il selezionatore del tuo Paese. Non avrei potuto desiderare un regalo di compleanno migliore. Sono consapevole della responsabilità che mi assumo, ma credo anche nella mia qualità, nella qualità dei miei collaboratori e nell'enorme potenziale che ha la nostra Nazionale".

Come primo traguardo personale, ha eliminato il Portogallo di Cristiano Ronaldo, prendendosi un posto diretto in Qatar e costringendo i lusitani agli spareggi. Il tocco di Mida di Piksi è rimasto. Anche in panchina.

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