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DonsahGetty/GOAL/Youtube

La storia di Donsah: dallo sbarco a Lampedusa del padre alla Serie A

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Sfumato dal tempo, per fortuna non è più così comune udirlo nell'aria. Lo slogan 'Ma che ne sanno', apparentemente utile a ricordare come i 2000 si siano persi, per forza di cose, anni '80 e '90. Come se i tempi reaganiani e delle tv private fossero veramente degni di seria nostalgia. Canaglia: ingannevole. Uno slogan del genere, così potente, renderebbe decisamente di più se utilizzato per altri fini. Che ne sanno, ad esempio, gli ululanti degli stadi di ciò che i parenti di quelli a cui fanno il verso (dimostrando carenze passate e chissà, fisicamente attuali) hanno dovuto subire per arrivare in Italia. Camminate a piedi nel deserto, animali selvatici istintivamente in fase difensiva (non calcistica), caporalato, lager a Tripoli. Che ne sanno delle giornate a piedi nel deserto di Twaku Tachi, che nel 2007 lasciava il figlio undicenne ad Accra, Ghana. Un figlio capace di arrivare fino alla Serie A dopo il viaggio della speranza del padre, nello stato liquido tra la Libia e Lampedusa. Godfred Donsah: lacrime, pensieri, corsa.

Il signor Tachi lavora nelle piantagioni di cacao. Ha una moglie, tre figlie femmine e il piccolo di casa, Godfred. Dio e pace, in tedesco. Papà Donsah e mamma Comfort Anane riescono a malapena a sopravvivere. La storia di tanti. Ma che ne sanno. Troppe difficoltà finanziare con quattro figli piccoli. E così, porta chiusa, parlano i grandi. I genitori di Donsah conoscono i rischi, ma anche le possibilità. Zaino in spalla, latte in polvere, acqua: verso la Libia.

Twaku Tachi dovrà lottare contro fame, sete e fatica per un mese: arriverà a Tripoli dopo sette giorni a camminare nel deserto, prima di informare Madame Anane che sì, è ancora vivo. Lacrime da una parte all'altra. Anche Donsah, 11enne, può finalmente sentire il papà. E' sano e salvo, ma non è ancora finita: la Libia è la fine del continente e per decine di persone anche la conclusione della propria vita. Non solo del viaggio. Da lì una barca, un barcone, una direzione a nord per raggiungere Lampedusa e da lì il Continente europeo.

"Non ho sentito papà per le prime due settimane, doveva camminare sette giorni nel deserto - rivelerà Donsah nel 2015 alla Gazzetta dello Sport - Se hai i soldi, dopo tre o quattro puoi prendere una macchina, altrimenti devi andare avanti da solo. Un giorno ha chiamato dalla Libia: stava bene".

Onde, colpi di sole, vento. Non tutti, nella barca del signor Tachi, arrivano a Lampedusa salvi. Ancora Donsah:

"Sul gommone per Lampedusa un compagno di viaggio di mio padre era impazzito. L'hanno buttato in mare per non mettere in pericolo gli altri"

Da Lampedusa a Foggia, dove il signor Donsah lavora nei campi di pomodori. Nel frattempo la moglie mette su un banchetto per la vendita dei prodotti dell'orto creato nei dintorni della piantagione. Non basta. Per fortuna il marito spedisce regolarmente del denaro dall'Italia. Deve sottostare al caporalato: turni massacranti sotto il sole pugliese prima e campano poi. Per il bene dei suoi figli. Quelli che non sente per anni, nonostante le chiamate ad Accra, quando può. Ogni volta che digita il numero di casa con il +233 del prefisso, chiede alle sue ragazze giornata e settimana. Di Godfred, però, nemmeno l'ombra. E' a giocare a calcio.

"Mia mamma mi portava a scuola e io le ripetevo che volevo diventare un giocatore di calcio. Ho pure lavorato nelle piantagioni di cacao, ma è pericoloso: rischi di trovare i serpenti. Credetemi, è tosta. Si sta ore sotto il sole, e il cacao deve crescere bene. Quando è andato via erano in trenta nella barca, non il barcone. Sono stato 4-5 anni senza sentirlo. Magari a volte chiamava e io ero da un’altra parte, a giocare.  L’Italia era un miraggio, l’idea di un lavoro, lui voleva far studiare le mie sorelle. Era stufo di lavorare nelle piantagioni di cacao".

In serata, dopo la scuola, gioca. Scalzo, perché scarpe e attrezzatura sono merci rare ad Accra. La mattina, invece, corsa: alle quattro del mattino, all'alba. Ma che ne sanno gli ululatori, i minus del non ci sono ne*** italiani. Donsah è ghanese, fiero di esserlo, ma la sua storia è simile a quella di tanti coloured della Nazionale azzurra: genitori e nonni, piedi scalzi, piantagioni, dodici ore sotto il sole. Piegati, raccogli. Ripeti.

Donsah PSGOAL

Gli anni di papà Donsah apriranno la strada al futuro del figlio. Senza il suo sacrificio, di anni, nessuna carriera sportiva, reale, ricca e professionistica da parte di Godfred. A 15 anni è uno dei tanti che se la cava coi piedi. Gli amici, ad Accra, vogliono giocare con lui, gli assicurano che può essere come Michael, Essien. Anche cercando di mantenere i piedi, scalzi, nella terra di Accra, la mente vola. Sbarca però realmente in Italia, a Palermo, dopo che mister Oliver Arthur, procuratore ed organizzatore di due tornei all'anno in città, è stato avvicinato dagli osservatori rosanero. Pagano il viaggio per la Sicilia, la stessa regione da cui Tachi ha cominciato il suo viaggio in un altro continente.

Il Palermo lo inserisce nelle sue giovanili: il sogno va avanti. Il mancato permesso di soggiorno, però, spezza il sogno di Donsah. Deve tornare a casa. Facce appese, tristezza, ma la consapevolezza di essere comunque entrato nel giro di un calcio importante come quello italiano. Insomma, non è finita. Il destino della famiglia diventa fato favorevole a Como: il padre diventa magazziniere per una ditta di trasporti. Una nuova regione, un nuovo lavoro, una nuova città. La stabilità che serve per il futuro di Donsah. Il Verona di Sogliano, lo stesso osservatore del Palermo di due anni prima, può finalmente acquistarlo senza incappare in problemi legali e di speranze finite.

"Sono arrivato al Palermo a 15 anni, mi allenavo con la prima squadra e Miccoli chiedeva quanti anni avevo. Ma non avevo il permesso di soggiorno, quindi più di sei mesi non potevo stare. La fortuna la devo a Sean Sogliano. Non smetterò mai di ringraziarlo. Mi vide e quando ebbi i documenti in regola mi portò a Verona. Ma devo tanto anche ad Acquah. È il mio più caro amico, mi è stato tanto vicino. A Palermo mi aiutava, mi dava qualche soldo e mi ha regalato le prime scarpe. Ero abituato a giocare scalzo. Da noi le hanno in pochi, quando si gioca al massimo le hanno in 4".

Aggregato alla Primavera del Verona, Donsah è emozionato come non mai. Guadagna i primi soldi propri, quelli reali, europei, che fanno la fortuna della famiglia rimasta a casa. Non tutta, perché finalmente, dopo sette anni, può finalmente riabbracciare il signor Tachi, suo padre:

"La prima notte non abbiamo dormito per tutte le cose che avevamo da raccontarci. Gli ho detto: come sei invecchiato" ricordava Donsah a 'Che tempo che fa' nel 2017. Per l'occasione veniva presentato il documentario di venti minuti ad opera di Claudio Cioffi, ancora disponibile su Youtube, #GODFred.Al suo interno le testimonianze di Godfred, del procuratore Arthur, della famiglia. Di Tachi.

"Quando mi hanno detto che era in Italia ero felicissimo, piangevo dalla felicità. Piangevano tutti".

Regista arretrato, centoventi polmoni e fiato creatosi negli anni di Accra, Donsah, appena pochi mesi dopo la riunione con il padre e l'inserimento tra le fila del Verona, scende in campo tra i professionisti della Serie A. E' il 19 aprile 2014 in quel di Bergamo. Un'opportunità che per Godfred arriva dopo quattro goal tra Viareggio e Primavera. Chi è quel ragazzo? Comincia il racconto, tra vero commosso interesse e semplice opportunità di investimento.

Gioca venti minuti, nel 2-1 con cui il Verona espugna il campo dell'Atalanta. In gergo calcistico, si tratta di un successo. L'ennesimo, di un anno irripetibile per Donsah. La prima delle oltre cento gare nel campionato italiano, la maggior parte in Serie A: con il Cagliari di Zeman ("che ci fa correre come treni") nella penultima retrocessione sarda, con il quadriennio di Bologna ("a parità di condizioni sarei forse andato in B, ma loro mi hanno voluto di più"). La cadetteria arriverò nel 2021, quando vivrà a Crotone una prima parte di annata divenuta terrificante nella primavera 2022. Solo i compagni vivranno la caduta in terza serie. Lui, nel frattempo, ha giocato in Turchia per lo Yeni Malatyaspor, la sua seconda esperienza ad est dopo il Caykur Rizespor. Non l'unica avventura lontana dall'Italia e dal Ghana: nel 2019/2020 ha militato a Bruges, nel Cercle.

A 25 anni, Donsah ha una vita che poteva essere utopistica. Sognata, desiderata, ma sempre distante anni luce finché, realmente, non si palesa. L'opportunità di una grandissima squadra, fin qui, non è arrivata. Sembrava fatta con la Juventus di Marotta, nel 2017. Mezzo milione all'anno per un quadriennio: un contratto per superare le ambizioni di Tottenham, Manchester City, Roma, PSV e Inter. Voci di calciomercato, volate con Bologna, infortuni, scelte tecniche. Risolto il contratto con il Crotone nel 2022, cerca una nuova avventura post Yeni, da luglio.

Nessuna preoccupazione, nessuna paura. Opposta, rispetto a quella vera, aspettando una parola del padre per anni. Un ritorno a casa per consegnare scarpe, banconote e magliette ad Accra. Atto di generosità, di chi è divenuto uno tra tanti. Non ha dimenticato cosa ha dovuto passare lui, Tachi, le sorelle, la madre. Ma che ne sapete voi?

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