
Il pallone non cade mai a terra. Rimane incollato a un piede, all'altro piede, alla testa. Senza assumere mai traiettorie impazzite, come se prendesse vita. Dmitro Chygrynskiy, 23 anni, cerca di non darlo troppo a vedere, ma appena finisce di palleggiare è soddisfatto. E sollevato. Perché non è da tutti fare quello che ha appena fatto lui: evitare di impappinarsi sul sacro suolo del Camp Nou, davanti a una schiera di fotografi che scrutano ogni tuo movimento. Dembélé, ad esempio, anni dopo si farà tradire dall'emozione e i suoi palleggi sghembi diventeranno presto virali. Dmitro no. Lui ce l'ha fatta. E in quel preciso momento pensa che nulla possa davvero essergli precluso.
“Bisogna essere preparati per una pressione del genere – dice Chygrynskiy quel giorno, 31 agosto 2009 – Adesso l'unica cosa che voglio è essere all'altezza e non deludere nessuno”.
Il Barcellona lo ha appena prelevato dallo Shakhtar Donetsk. Ieri era un avversario, oggi un alleato. Letteralmente, o quasi. Perché i catalani lo hanno sfidato nella Supercoppa Europea solo poche ore prima di completare il suo acquisto: a Montecarlo ha deciso una rete di Pedro ai tempi supplementari, ma Chygrynskiy è stato tra i migliori in campo. In quei giorni il sito della UEFA va a scandagliarne la vita privata, rivelando che Dmitro è un fan dei Pink Floyd, dei Nirvana e dei Red Hot Chili Peppers, uno a cui “piace suonare la chitarra nel tempo libero e i tifosi della sua nuova squadra, il Barcellona, sperano di esultare al ritmo del suo rock”.
Allo Shakhtar, Chygrynskiy si è messo in luce in tenera età. Ha esordito in Champions League ad appena 17 anni, proprio contro il Barcellona. A 20 faceva già il capitano in assenza di Srna, a nemmeno 23 ha alzato la Coppa UEFA contro il Werder Brema, l'ultima edizione prima della nascita dell'Europa League. Chygrynskiy è unanimemente considerato uno dei centrali difensivi più promettenti d'Europa. E si è già guadagnato anche la chiamata dell'Ucraina. Prima l'Under 21, con cui è stato inserito nella top 11 degli Europei di categoria del 2006. E poi anche con quella maggiore, con cui ha vissuto l'ebbrezza – pur senza scendere in campo – della convocazione per i Mondiali in Germania.
Per averlo dallo Shakhtar, il Barcellona ha speso 25 milioni di euro. Nell'era pre Neymar, è una cifra considerevole. Lo ha voluto Pep Guardiola in persona. E il motivo è semplice: lo considera ideale per il proprio stile di gioco. Perché Chygrynskiy è un difensore moderno, elegante, uno di quelli che sanno trattare il pallone e giocarlo verso il compagno più vicino. Quei palleggi andati per il verso giusto non sono che una conferma di quanto il Barça già sa. Qualche giorno prima dell'accordo con lo Shakhtar, il Pep dice di lui che “è un giocatore che sa cosa fare con la palla tra i piedi”.
Se qualcuno storce il naso al momento del suo arrivo, le prime apparizioni di Chygrynskiy sembrano dare ragione a Guardiola. L'ucraino gioca 90 minuti contro il Getafe e l'Atletico Madrid, alla seconda e terza giornata di Liga. E il Barça le vince entrambe in scioltezza. Ma ben presto iniziano a sorgere i problemi. Dmitro appare lento, spaesato, spesso fuori posizione. A novembre i catalani pareggiano per 1-1 sul campo dell'Athletic e il pari di Toquero nasce da un suo mancato intervento aereo.
Qualcuno comincia già a mangiare la foglia. E punta il dito contro Guardiola e la decisione della dirigenza di assecondarne le volontà. Fino a quando la pazienza della gente si esaurisce completamente. Il 5 gennaio del 2010 è la serata della svolta. Il Barcellona ospita il Siviglia negli ottavi d'andata della Copa del Rey. Segna Diego Capel, pareggia Ibrahimovic. Ma un minuto dopo l'1-1 dello svedese, Chygrynskiy si lascia scappare in area lo stesso Capel e lo trattiene: è rigore, che Negredo trasforma. Finisce 1-2, il Barça vincerà 1-0 il ritorno fuori casa, ma verrà eliminato dalla competizione.
L'episodio del rigore è la classica goccia che fa traboccare il vaso. Il pubblico del Camp Nou inizia a fischiare Chygrynskiy a ogni tocco di palla. Dopo la partita, l'ucraino minimizza: “È normale che mi fischino, lo capisco. Il livello è questo, al Barcellona è molto alto. Devo essere preparato anche per questo tipo di cose”.Ma forse pure le sue convinzioni iniziano a scricchiolare. Il giorno della presentazione al Camp Nou, quello in cui tutti i palleggi erano andati per il verso giusto, a un certo punto inizia ad apparire lontanissimo. Un falso ricordo, probabilmente.
Getty ImagesChi non perde la speranza in Chygrynskiy, almeno pubblicamente, è Guardiola. Il suo mentore. L'argomento viene tirato fuori abbastanza spesso dai giornalisti, che proprio non riescono a capire per quale motivo il Barcellona abbia deciso di spendere 25 milioni in quel modo. Pep rimane calmo, studia le risposte a tavolino ed evita di mandare alla gogna il proprio capriccio di mercato.
“Dima è un giocatore fantastico. Più lo fischiano e più avrà il mio sostegno. Giocherà tanti altri anni qui. Ha solo bisogno di più tempo degli altri per ambientarsi, sia perché è arrivato da un paese completamente diverso, sia per la cifra che abbiamo speso per averlo. Ma se qualcuno è responsabile, quello sono io”.
La previsione di Guardiola cade nel vuoto. Dopo la nottataccia contro il Siviglia, Chygrynskiy viene fatto sedere in panchina per due mesi di fila. Da fine gennaio a fine marzo 2010, il campo non lo vede mai. Pep va da lui e lo rassicura: “Devo trovare il momento giusto per schierarti nuovamente. Non voglio distruggerti”. Ma da lì al termine della stagione il suo (ex) pupillo viene schierato solo due volte, entrambe in Liga. E quella flebile sensazione è ormai una certezza: la sua avventura nella Disneyland della Catalogna si è già conclusa. Nell'estate del 2010 si fa sotto lo Shakhtar, la sua ex squadra, e il Barça accetta. Intasca appena 15 milioni, 10 in meno rispetto a quanto lo ha pagato un anno prima, ma intanto il pacco è rispedito a destinazione.
“Non credo che mi abbiano ceduto per una questione economica – dirà qualche mese dopo Chygrynskiy, alla vigilia della doppia sfida di Champions League che pone di fronte proprio il Barcellona e il suo Shakhtar – Se me ne sono andato è perché ho commesso molti errori nelle partite che ho giocato. Ecco l'unica ragione del mio addio. E se non potevo giocare, dovevo andarmene”.
“Il Barcellona non è una squadra semplice in cui giocare – ha detto Carles Puyol a 'Take the Ball Pass the Ball, il documentario sul Barça di Guardiola – Se commetti subito un paio di errori, i tifosi iniziano a prenderti di mira e la pressione cresce sempre più. Ma le qualità di Chygrynskiy erano perfette per quella squadra”.
Chygrynskiy rimane in contatto con Guardiola, che nel 2015, quando da allenatore del Bayern sta per acquistare Douglas Costa dallo Shakhtar, lo chiama per avere informazioni sul brasiliano. Ma la seconda parte della sua carriera non è lontanamente paragonabile alla prima. Anche a causa di infortuni vari, tra cui la rottura dei legamenti di una caviglia, che non gli permettono di trovare continuità. Rimane altri cinque anni allo Shakhtar, senza più attirare le attenzioni del grande calcio e nemmeno quelle della nazionale ucraina. La sua ultima presenza è datata 11 ottobre 2011, a 24 anni. Poi, il buio.
Dopo una fugace annata al Dnipro, che ha deciso di dargli un'opportunità da svincolato, nel 2016 Chygrynskiy decide così di cambiare. Va in Grecia, all'AEK Atene. E rinasce. Diventa un perno della difesa, nel 2017/18 vince il campionato. In panchina ritrova Manolo Jimenez: ironia della sorte, era lui l'allenatore del Siviglia nella serata della svolta. “Ha avuto un livello altissimo, la sua esperienza è stata molto importante”, dice di lui lo spagnolo dopo la conquista del titolo. “Quando sono arrivato all'AEK, non sapevo quanto tempo sarei rimasto qui – si esalta Chygrynski nel 2018, al momento di firmare il prolungamento del contratto – ma in questa squadra sono riuscito a tornare al mio livello”.
Sono stagioni che, se non altro, gli permettono di lasciarsi da parte quanto accaduto al Barcellona. Ma in Spagna il suo ricordo non svanisce. Quando un portale stila la lista dei 20 (o 10, o 50) acquisti peggiori della storia del club, il suo nome compare ogni volta. Accompagnato da quella cifra, 25 milioni, che rappresenta quasi una sentenza.
“La grande differenza al Barcellona era la filosofia, le idee, i principi – ha ammesso qualche anno dopo al quotidiano catalano 'La Vanguardia' – Avrei avuto bisogno di un po' più di tempo. Sono arrivato il 29 agosto e la Liga prendeva il via il 31. Non ho avuto una buona preparazione per conoscere le idee, i concetti, sia in attacco che in difesa. I 25 milioni? Ho sentito la pressione di quella cifra, che era molto alta. Sarebbe stato molto più facile se mi avessero pagato meno. Sarei arrivato con meno aspettative, sarei stato visto come un acquisto con potenziale. Oggi penso che il mercato sia impazzito, si pagano 100 milioni per un giocatore. Ma anche quella fu una grossa cifra per un difensore. Le aspettative della gente crescono”.
Il resto è storia recente. Recentissima. Chygrynskiy, che oggi compie 36 anni, gioca ancora in Grecia, non più con l'AEK ma con lo Ionikos. Una delle novità del massimo campionato greco grazie alla promozione ottenuta due stagioni fa. Ha cambiato squadra a settembre 202, una volta rimasto svincolato. All'esordio ha affrontato proprio l'AEK, perdendo per 3-0 e venendo ammonito. Vecchi fantasmi.


