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Diego Latorre, la meteora viola che ha lasciato in eredità Batistuta

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Può un calciatore che è sceso in campo per appena diciotto minuti guadagnarsi un posto nella storia di un club? Evidentemente sì, se quel giocatore si chiama Diego Latorre ed il suo nome è legato con un doppio nodo a quello di un’autentica leggenda come Gabriel Omar Batistuta.

Quando si pensa al ‘ Re Leone ’ la mente di molti corre veloce alle sue magie e ai tantissimi goal segnati con la maglia della Fiorentina , ma probabilmente il calcio non avrebbe mai raccontato quella che è stata una grande storia d’amore se non fosse stato per un fantasista argentino, dotato di una classe sopraffina, che in patria alcuni, certo non privi di coraggio, paragonavano addirittura a Diego Armando Maradona.

Per capire come andarono esattamente le cose bisogna fare un salto indietro di molti anni e tornare al 1991 . Il Boca Juniors decide di affidare la sua panchina ad un tecnico che alla guida della Nazionale uruguaiana ha fatto vedere cose importanti e che ha iniziato ad attrarre su di sé l’attenzione di alcuni tra i più importanti club sudamericani ed europei: Oscar Washington Tabarez.

Il tecnico, che per via della sua bravura (ma anche per un passato da insegnante) si guadagnerà in carriera il soprannome di ‘Maestro’, appena approdato nel club degli Xeneizes ha un’intuizione importante, ovvero quella di spostare un ragazzone dotato di grandissima potenza, ma di una tecnica ancora da affinare, dall’esterno al centro del suo attacco. Quel ragazzo, che da giovanissimo era noto come ‘ El Gordo ’, era proprio Gabriel Omar Batistuta e quello che non poteva sapere è che Tabarez, nel cambiargli ruolo, avrebbe cambiato per sempre anche la sua vita.

L’intuizione si rivelerà quanto mai felice, visto che Batistuta ricambierà la fiducia segnando undici goal in diciannove partite di un torneo di Clausura che il Boca vincerà dominando, ma in molte delle sue reti c’è lo zampino di un giocatore che con le sue invenzioni mandava in tilt le difese avversarie: Diego Latorre.

Si trattava di un '10' dalla classe innata e dal destro felpato che fin da giovanissimo aveva dimostrato di essere uno di quelli capaci di disegnare calcio, tanto che si guadagnò il debutto con il Boca ad appena 18 anni. Idolo della tifoseria Xeneize era semplicemente considerato uno dei più grandi talenti espressi in quel momento dal calcio argentino e gli echi della sue gesta avevano già varcato l’oceano quando la Fiorentina decise di acquistarlo.

Firenze è sempre stata città dal palato fine e da un occhio di riguardo per i calciatori dotati di un qualcosa di magico. All’epoca era ancora enorme la delusione mista a rabbia per il trasferimento di Baggio all’’odiata’ Juventus, ma Latorre aveva nel suo calcio quella qualità che magari gli avrebbe potuto consentire di entrare nei cuori dei tifosi gigliati e di far dimenticare quel gioiello destinato a fare cose sublimi.

Al termine di quel torneo di Clausura dominato dal Boca, la Fiorentina decide di opzionarlo ed è in questo momento che la storia inizia ad intrecciarsi con il mito. Si racconta infatti che Vittorio Cecchi Gori, all’epoca vicepresidente del club viola, nel visionare le partite del suo nuovo gioiello si sia follemente innamorato di quell suo compagno di squadra che tramutava in oro (ovvero in goal) ogni suo passaggio.

“Latorre non mi interessa, portatemi quel Batistuta” . Sarebbe stata questa la frase che avrebbe dato il via alla leggenda del Re Leone in viola, il tutto mentre l’esaltazione per il colpo Latorre pian piano si affievoliva.

Gabriel Batistuta Diego Latorre Diego Simeone Argentina Venezuela Copa America 1991

Portare Batistuta a Firenze richiese un sacrificio enorme. Nel corso dell’estate si era infatti laureato capocannoniere della Coppa America e la cosa lo catapultò nel mirino delle grandi d’Europa. Vittorio Cecchi Gori, pur di avere la meglio sulla nutrita concorrenza, non solo lascerà Latorre in prestito al Boca per un anno , ma siccome gli argentini non hanno nessuna voglia di cedere subito il loro centravanti, acquisterà anche la punta che avrebbe dovuto sostituire Batistuta a Buenos Aires: Antonio Mohamed . Costo totale dell’operazione, circa 18 miliardi di lire.

La storia è stata raccontata in diverse versioni e ce ne è una che parla di un Batistuta raccomandato a Cecchi Gori proprio da Latorre . Quello che è certo è che quando il fantasista argentino, con dodici mesi di ritardo, sbarcò in riva all’Arno, in molti gli predissero un futuro da grande protagonista della Serie A.

“Sono un numero dieci che segna e che fa segnare. Che voto darei alla mia tecnica? Un dieci. Non vedo l’ora di giocare con Batistuta, con lui mi esalto: ci intendiamo ad occhi chiusi”.

Firenze aveva finalmente il suo nuovo Baggio, ma in realtà ‘ El Gambetita ’ (la finta) in viola non riuscirà a lasciare traccia. Chiuso da Maiellaro e Massimo Orlando , farà più fatica del previsto ad adattarsi ai ritmi del calcio italiano tanto che, dal primo luglio del 1992 al 31 gennaio del 1993, ovvero l’arco temporale nel quale vestì la maglia viola, si alzerà dalla panchina in due sole occasioni, per giocare diciassette minuti contro il Foggia ed un solo minuto contro il Genoa. Diciotto in tutto.

Diego Latorre-

Quella Fiorentina , dopo un grande avvio di campionato, crollerà dopo la decisione di Vittorio Cecchi Gori esonerare Gigi Radice per affidare la squadra prima ad Aldo Agroppi e poi alla coppia Chiarugi-Antognoni, e la stagione alla fine si concluderà della più clamorosa delle retrocessioni.

Diego Latorre intanto era ripartito dal Tenerife, in Spagna, e la sua carriera proseguirà tra Argentina (tornerà anche al Boca Juniors), Messico e Guatemala, prima del ritiro datato 2006. Solo a sprazzi riuscirà a far intravedere di nuovo quei numeri che convinsero il club viola a puntare su di lui, ma nessuno ha mai dubitato della sua classe.

Mentre il suo percorso da giocatore scivolava via tra un trasferimento e l’altro, Batistuta si consacrava a Firenze come uno dei più grandi attaccanti di tutti i tempi. La sua resterà la classica storia di ciò che poteva essere e non è stato, eppure, quando entrambi furono acquistati dalla Fiorentina, a detta di molti era lui ‘ quello buono ’.

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