
Da enfant prodige ribelle e difficile da gestire a giocatore importante e a affidabile su cui i grandi allenatori, da Capello a Zoff, potevano sempre contare, Diego Fuser nei suoi 18 anni nel calcio professionistico ha lasciato il segno, vincendo praticamente tutto a livello giovanile e di Prima squadra.
Alto e longilineo (un metro e 83 centimetri per 77 chilogrammi), era un'ala destra naturale ma sapeva fare anche la mezzala, e palla al piede era capace di progressioni inarrestabili e di conclusioni dalla distanza al fulmicotone, con le quali sorprendeva spesso i portieri. Per le sue caratteristiche si guadagnerà il soprannome di 'Cavallo Pazzo', assegnatogli dai suoi stessi compagni di squadra.
Vestirà ben 6 diverse maglie di club: Torino, Milan, Fiorentina, Lazio, Parma e Roma, per poi chiudere la carriera con l'amico Gianluigi Lentini fra i Dilettanti, e indosserà diverse volte la maglia azzurra, prima della Nazionale italiana Under 21, poi quella della Nazionale maggiore con cui partecipa ad Euro '96.
Il suo palmarès è particolarmente ricco: il centrocampista piemontese ha infatti vinto, nel suo peregrinare calcistico, unoScudetto Primavera, unTorneo di Viareggio, uno Scudetto, due Coppe Italia, due Supercoppe Italiane, una Coppa UEFA, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa Europea e una Coppa Intercontinentale.
ENFANT PRODIGE AL TORINO E I SUCCESSI GIOVANILI
Nato a Venaria Reale, Comune della città metropolitana di Torino, l'11 novembre 1968, Diego Fuser cresce in una famiglia di juventini e per questo da bambino tifa Juventus, anche se inizia fin da piccolo a giocare a calcio nelle Giovanili del Torino.
"Ai miei tempi la squadra che vinceva di più era la Juve - spiegherà a 'Il Posticipo' - quindi da bambino era normale che fossi un tifoso bianconero, ma giocavo nelle giovanili del Torino ed ero sempre un po' combattuto. Per me il Toro è stata una seconda famiglia, ho iniziato a giocare lì fin da piccolo e ho fatto tutta la trafila fino alla Serie A. È stata una seconda casa, la società che mi ha insegnato i veri valori e penso che questa sia la cosa più importante".
Con la sua generazione, è uno degli 'Ultimi ragazzi del Filadelfia', il mitico Stadio dove giocava il Grande Torino, a partire dagli anni Sessanta divenuto la casa dei giovani talenti del vivaio, che crescevano ed erano formati calcisticamente nel mito di quella squadra unica tragicamente scomparsa a Superga.
Fuser fa tutta la trafila dai Pulcini alla Primavera, e con Sergio Vatta come allenatore e maestro in campo e fuori, si afferma come uno dei talenti più luminosi del vivaio granata. Nel 1986/87 vive il suo anno d'oro. Con Fuser e Lentini sulle fasce, infatti, il Torino 'vola' vincendo lo Scudetto Primavera e il Torneo di Viareggio.
Nella finale della Coppa Carnevale, che si gioca a Viareggio il 2 marzo 1987, la Fiorentina è travolta 4-1. Diego, che gioca con il numero 6 sulle spalle (il 7 lo porta Lentini) è decisivo con una doppietta che spezza le velleità dei viola. Al 44' in scivolata devia in rete un cross dalla sinistra, poi al 78' chiude i giochi con la bellissima rete del poker su assolo personale: ruba palla nella propria metà campo e con le sue lunghe leve si invola a grandi falcate verso la porta avversaria. Nessuno dei giocatori avversari riesce a fermare la sua discesa, e sull'uscita del portiere avversario, il giovane granata lo beffa con un preciso pallonetto.
"Un'azione incredibile, eccezionale. - commenta Oscar Damiani nella telecronaca diretta della partita sulla Rai - Un goal favoloso. Ha grande forza, grande agonismo e anche tecnica, lo ha dimostrato con quest'azione perché arrivato vicino al portiere con un tocco preciso lo ha superato, se avesse calciato forte sicuramente il portiere lo avrebbe parato".
È l'apoteosi personale e il trionfo di una squadra stellare, che oltre a lui e Lentini, ha in rosa giocatori come i portieri Boccafogli e Di Sarno, il difensore Cuicchi, il regista Giorgio Venturin e gli attaccanti Giorgio Bresciani e Frederic Massara.
Le squadre vanno a riposo sullo 0-0 ma il brasiliano Junior, uno dei punti di forza della formazione di Radice, esce dal campo toccandosi l'inguine: si è stirato e non può proseguire. Il tecnico di Cesano Maderno non ha esitazioni e dice a Fuser di scaldarsi: sarà lui a prenderne il posto.Il diciottenne, al cospetto di un campionissimo come Platini, lungi dall'accusare timore reverenziale, disputa una grande partita.
I bianconeri passano a condurre con un colpo di testa di Brio al 56', ma i granata, che perdono anche il portiere Copparoni per uno scontro con Serena, non mollano. All'86' sono premiati: su azione Fuser-Lentini, Cravero con un colpo di testa in tuffo batte Tacconi. Il Derby finisce 1-1 e il giovane centrocampista è utilizzato anche nelle partite successive contro Fiorentina e Udinese.
La carriera di Diego è così delineata: nel 1987/88 il ragazzo, considerato ormai un predestinato, milita in pianta stabile in Prima squadra e colleziona in tutto 26 presenze, di cui 16 in campionato e 10 nella Coppa Italia persa in finale con la Sampdoria di Vialli e Mancini. Non tutto ovviamente è rosa e fiori: arriva anche qualche critica. Qualcuno, nel vedere il suo stile di gioco anarchico, gli appiccica addosso l'etichetta del centrocampista arruffone, muscolare ma con poca testa.
Fuori dal campo ama seguire nell'abbigliamento la moda di quegli anni: indossa spesso giubbotti in pelle, ha un carattere introverso e timido ma è anche un ribelle, non semplice da gestire. Negli anni della sua esplosione calcistica, dal 1987 al 1990, indossa spesso anche la maglia dell'Italia Under 21 di Cesare Maldini.
Intanto il 1988/89 è un anno disgraziato per il Torino: i granata vanno subito in difficoltà in campionato, scivolano nelle posizioni di coda della classifica e non riescono a rialzarsi nemmeno con il cambio di allenatore e l'arrivo di Claudio Sala prima, e Sergio Vatta poi, al posto di Radice.
Fuser fa il suo (30 presenze e 4 goal in campionato, più 8 in Coppa Italia) ed è uno dei pochi a salvarsi, ma nemmeno il suo rendimento basterà a far mantenere al Torino la Serie A.
Il 27 novembre 1988 nella vittoria allo Stadio Olimpico di Roma contro i giallorossi per 3-1, uno dei rari momenti felici della stagione, arrivano i primi goal del centrocampista nel massimo torneo: subentrato a gara in corso, il numero 14 granata sigla una doppietta e a 20 anni inizia prepotentemente a far parlare di sé.
Fuser 'purga' ancora la Lupa nella sfida di ritorno al Comunale, vinta anch'essa dal Toro per 3-1, ed è protagonista della gara più tesa della stagione: quella del Via del Mare contro il Lecce di Carlo Mazzone, che si gioca il 25 giugno 1989 ed è decisiva per le sorti delle due squadre.
La tensione in casa granata è altissima. I salentini passano in vantaggio con un goal di testa di Paolo Benedetti, così Vatta leva Skoro per dare solidità al centrocampo con Comi. La mossa dà maggiore equilibrio, ma fa perdere ai granata mordente offensivo. Barbas, poco dopo l'ora di gioca, pesca il jolly con il raddoppio che sembra spezzare le gambe ai piemontesi. Con un sussulto d'orgoglio, però, la squadra granata torna in partita grazie al ragazzo del Filadelfia: Fuser indovina la traiettoria vincente su punizione e riapre i giochi.
Il Torino preme alla ricerca del pareggio, ma presta il fianco alle ripartenze giallorosse, e l'ennesimo pasticcio difensivo della stagione sull'asse Sabato-Marchegiani propizia il definitivo 3-1 di Paciocco che condanna i granata alla Serie B. Qui le strade del glorioso club e di Fuser si separano, dopo 69 presenze totali e 4 goal: sul centrocampista ha infatti messo gli occhi il Milan di Berlusconi, che decide di investire sul ragazzo e portarlo in rossonero.
IL GRANDE MILAN E LA PARENTESI IN VIOLA
Il Diavolo, campione d'Europa in carica, investe ben 7 miliardi di Lire per Fuser, che approda così alla corte di Arrigo Sacchi nell'estate del 1989. L'esperienza con una big come il Milan fa maturare molto Fuser, che oltre a mettersi a disposizione con l'umiltà e lo spirito di sacrificio che l'hanno sempre contraddistinto, imparerà ad accettare con filosofia le scelte tecniche dell'allenatore, ritagliandosi uno spazio importante in una squadra stellare.
"Quel Milan era una macchina quasi perfetta. - dirà a 'Il Corriere dello Sport' - Se leggiamo i nomi di quella squadre ci vengono ancora oggi i brividi. Sono stato allenato da due tecnici straordinari. Sacchi era avanti rispetto agli altri. Ci diceva sempre che il singolo era importante, ma mai come la squadra. Capello aveva grande mentalità e sfruttava al massimo i suoi giocatori. Era una squadra, un club, che aveva la mentalità vincente e che ti preparava a vincere".
L'esordio in rossonero arriva il 23 agosto 1989 nella sfida di Coppa Italia con il Parma, vinta 7-6 ai rigori dai rossoneri. Sacchi lo utilizza da vice-Donadoni o vice-Colombo sulla destra ma anche da interno di centrocampo quando occorre. La duttilità tattica gli permette di collezionare 20 presenze e 2 goal in campionato, di cui uno rifilato a Zenga nel Derby di andata del 19 novembre, vinto 3-0 dal Milan, e uno contro la Lazio, sua futura squadra, il 14 gennaio 1990 nel successo per 3-1 dei lombardi allo Stadio Flaminio.
Il 27 settembre debutta in Coppa dei Campioni in Finlandia contro l'HJK Helsinki (1-0 per i rossoneri), e il 1° novembre subentra a Colombo giocando mezz'ora al Bernabeu nel k.o. di misura per 1-0 contro i Blancos. Per il resto va in campo in entrambe le gare della Supercoppa Europea disputata e vinta contro il Barcellona (1-1 al Camp Nou e 1-0 per il Milan al Meazza) e nell'Intercontinentale contro il Nacional de Medellin, gara vinta 1-0 ai supplementari con un goal su punizione di Evani.
Complessivamente le presenze sono 30 con 2 reti, e in un solo anno Fuser arricchisce il suo palmarès con tre titoli (Supercoppa Europea, Coppa Intercontinentale e Coppa dei Campioni) mentre lo Scudetto sfuma per la seconda 'Fatal Verona' e la Coppa Italia è persa in finale contro la Juventus di Zoff.
Nel 1990 per permettergli di giocare di più viene mandato in prestito alla Fiorentina di Sebastião Lazaroni, e anche quest'esperienza gli sarà molto utile nel suo percorso di crescita. Colleziona complessivamente 38 presenze e 9 reti, di cui 32 con 8 goal in Serie A. Delle 8 marcature in campionato, ben 5 arrivano su calcio piazzato.
"Lazaroni mi ha insegnato a calciare le punizioni, - rivelerà a 'Mediaset Premium' - dopo l’allenamento si fermava con me mezz'ora, trequarti d'ora per spiegarmi come calciare e i movimenti dei portieri".
Fra le reti in viola una è ricordata da Fuser con particolare piacere.
"Quello con la Juve, su calcio di punizione, forse è stato il più bello. - dirà - C’era in porta Tacconi. Palo-goal. Segnare, vincere la partita 1-0 alla fine mi ha permesso di entrare nella storia di Firenze e questa è una cosa che mi fa veramente piacere".
Diego ricorda con particolare piacere il suo rapporto speciale con Stefano Borgonovo, che amava fargli degli scherzi:
"Di solito, finiti gli allenamenti del mattino, andavamo a mangiare sempre in un ristorante dove c’era un georgiano. - racconterà a 'Sky Sport' - Sembrava davvero uno sceicco. Così una sera andammo da un amico mio e di Stefano e loro mi dissero: 'Guarda, c’è una squadra araba che vuole ingaggiarti, ti danno un ingaggio altissimo'. Arriva questo sceicco, vestito tutto di bianco, con l’interprete. La trattativa andò avanti e alla fine mi diedero un foglio dove c’era scritto: 'Ci sei cascato come un pesce!'. Allora ci facemmo una grossa risata".
Conclusa la stagione in prestito a Firenze, Fuser nel 1991 torna al Milan, dove è approdato Fabio Capello. Totalizza 22 presenze totali, di cui 15 in campionato (soprattutto spezzoni di partita) e 7 in Coppa Italia, con 4 goal,realizzati tutti in Serie A, e 3 assist. Un buon bottino che consente al piemontese di dare il suo apporto allo Scudetto rossonero.
Ma Diego è ambizioso e vuole giocare: così nell'estate del 1992 si concretizza il suo trasferimento in forza alla Lazio, dopo 54 presenze e 6 reti in maglia rossonera.
IL PASSAGGIO ALLA LAZIO E IL BOOM CON ZOFF E ZEMAN
Per lo stesso prezzo per cui il Milan l'aveva comprato dal Torino, 7 miliardi di vecchie Lire, Fuser passa alla Lazio del nuovo patron Sergio Cragnotti, desideroso di portare il club ai vertici del calcio italiano, nel 1992. Per il centrocampista iniziano gli anni più belli della sua carriera.
"Al Milan stavo bene, - racconterà Diego a 'Il Corriere dello Sport' - anche se non ero un titolare fisso venivo preso in considerazione. In rossonero non ho giocato solo la finale di Coppa Campioni, altrimenti le avevo fatte quasi tutte. Ma avevo voglia di migliorare. Ero giovane e volevo giocare con continuità. Solo giocando puoi crescere e capire come migliorarti. La Lazio fu una grande opportunità, che presi al volo".
Con Fuser arrivano alla corte di Dino Zoff anche Paul Gascoigne,il suo ex compagno di squadra Roberto Cravero, Beppe Signori, Aron Winter, Giuseppe Favalli, Mauro Bonomi e Dario Marcolin. È l'inizio di un ciclo che porterà la squadra capitolina a vivere stagioni da protagonista in Serie A.
"Era una Lazio che stava crescendo. - dirà Fuser - Si capiva che c’era voglia di riportarla ai massimi livelli. C’era un progetto ed è stato rispettato. Con me sono arrivati tanti campioni, con i quali abbiamo iniziato a costruire un ciclo".
La prima stagione a Roma di Fuser è subito da urlo: il centrocampista segna 11 reti in 38 presenze, 10 in 33 gare nel solo campionato, dando un contributo fondamentale alla squadra per il piazzamento finale al 5° posto e il ritorno in Europa (Coppa UEFA) dopo 16 anni. In Coppa Italia, invece, i biancocelesti si fermano ai quarti di finale.
"Il più bello lo segnai contro il Cagliari dopo un assist di Paul Gascoigne (Lazio-Cagliari 1-2 del 14 febbraio 1993, ndr). - ricorda Fuser - Una mezza rovesciata bellissima. Che giocatore Gazza, e che persona! Ci ha fatto divertire tanto. Una volta si presentò al campo di allenamento con una moto da cross. Un giorno lasciò gli spogliatoi dopo l’allenamento della mattina ed era quasi rasato, arrivò per la seduta pomeridiana con la coda e i capelli lunghi. Indimenticabile quella volta che a Seefeld, in ritiro, rubò la macchina da golf e cominciò a girare come un pazzo. Persona incredibile e giocatore eccezionale".
Con il tecnico Dino Zoff nasce un feeling speciale, che durerà nel tempo, anche quando l'ex portiere diventerà Ct. della Nazionale italiana.
"Dino Zoff era un uomo eccezionale e un grande tecnico - sottolinea Fuser - che mi ha insegnato tante cose. Ho saputo a distanza di tempo che ha fatto di tutto per portarmi a Roma. Iniziare un’avventura del genere sentendo la fiducia del proprio allenatore è importante e credo di averlo ripagato sul campo. Arrivavo da anni al Milan in cui giocavo con lo stesso modulo e quindi sono stato favorito. Certi movimenti mi venivano naturali".
Meno positivo è il secondo anno, che a causa di alcuni problemi fisici vede ridursi a 28 le presenze in campionato, con 2 goal, cui si aggiungono2 presenze in Coppa UEFA e una in Coppa Italia. La Lazio, sempre guidata da Zoff, migliora il piazzamento in Serie A, arrivando al 4° posto,mentre in Coppa Italia e in Coppa UEFA il cammino è breve.
Il 1994 è invece l'anno della rivoluzione, perché in panchina, direttamente dal Foggia, approda Zdenek Zeman. Il boemo imposta la squadra con il suo 4-3-3 molto offensivo, e trasforma in pianta stabile Fuser da ala destra a mezzala, con Roberto Rambaudi impiegato invece da esterno offensivo.
L'Aquila spicca letteralmente il volo: è 2ª in campionato dietro alla Juventus, mentre in Coppa UEFA si ferma ai quarti di finale, eliminata dal Borussia Dortmund, e in Coppa Italia raggiunge le semifinali, eliminata dai bianconeri di Lippi. Il rendimento di Diego è molto elevato: 32 presenze e 5 reti in campionato, cui si aggiungono 6 presenze e un goal in Coppa Italia e 7 presenze e una rete in Coppa UEFA.
Nel 1995/96 la Lazio si conferma fra le big del campionato: i capitolini giungono terzi e Fuser mette insieme in tutto 39 presenze e 6 goal, tutti realizzati in Serie A. Il centrocampista piemontese è ormai un beniamino dei suoi tifosi, e anche nel 1996/97, stagione che vede concludersi l'avventura di Zeman in biancoceleste a gennaio, dopo una prima parte di campionato deludente, con la squadra all'11° posto, e tornare nei panni di allenatore il presidente Dino Zoff, è uno dei protagonisti della risalita che porta la squadra a chiudere in 4ª posizione. Fuser totalizza 38 presenze e 6 goal, di cui 4 in campionato e 2 in Coppa UEFA.
"Ma chi è? Ma chi è? Diego Fuser! Diego Fuser! Si trasforma in un razzo missile...", cantano i tifosi sulle note di Goldrake dopo ogni sua rete.
Negli anni biancocelesti gioca a supporto di grandi attaccanti come Beppe Signori e Alen Boksic.
"Giocare al fianco di Beppe è stata la mia fortuna. - dirà - Ragazzo eccezionale e attaccante incredibile. Quello che ha fatto alla Lazio è sotto gli occhi di tutti. E a Roma è esploso in maniera incredibile. Racconto un aneddoto. Noi siamo arrivati insieme e sia io che lui giocavamo sulla fascia. Io a destra e lui a sinistra. Non era ancora un bomber micidiale. I primi giorni, dopo qualche allenamento lui venne da me e mi disse: Diego, vediamo quest’anno chi fa più goal tra me e te. Letto oggi, sembra una quanto lui sia cresciuto in quella Lazio, diventandone il simbolo".
"Alen noi lo chiamavano la Transiberiana perché era talmente forte fisicamente che non lo potevi fermare. Impressionante. Una forza della natura e una persona con la quale andavo molto d’accordo. Peccato che sotto porta non fosse freddo. Non ha mai segnato troppi goal, altrimenti sarebbe stato un attaccante completo".
Il 1997/98 è l'ultimo anno di Fuser alla Lazio, masicuramente il più esaltante per i risultati ottenuti.In panchina approda infatti Sven Goran Eriksson, con cui i biancocelesti conquistano ben 4 derby, sconfiggendo la Roma 2 volte in campionato e 2 volte in Coppa Italia. Nel quarto di andata di Coppa Italia, il 7 gennaio 1998, Fuser realizza anche l'ultimo dei 4 goal con cui l'Aquila umilia i cugini giallorossi, battendo Konsel su calcio di punizione.
Complessivamente il centrocampista torna in doppia cifra, totalizzando 10 goal in 53 preseze totali, 8 in 32 gare in Serie A. In campionato, comunque, la squadra non va oltre il 7° posto finale, mentre raggiunge le finali di Coppa Italia e Coppa UEFA, dove si trova a sfidare rispettivamente Milan e Inter.
Con i rossoneri, dopo la sconfitta per 1-0 al Meazza nel match di andata, il ritorno all'Olimpico porta alla grande rimonta. Il 3-1 finale permette alla squadra capitolina di vincere un trofeo dopo 24 anni di digiuno e la seconda Coppa Italia della sua storia 40 anni dopo la prima. Fuser, che indossa quella sera la fascia da capitano, ha l'onore di alzare al cielo il trofeo nella cerimonia post gara.
In Europa, invece, non c'è niente da fare: con un Ronaldo versione 'Fenomeno', l'Inter passa al Parco dei Principi per 3-0 e spegne i sogni biancocelesti. Fuser sogna di proseguire con la maglia divenuta per lui una seconda pelle, ma, suo malgrado, dovrà lasciare la capitale in estate dopo 42 goal in 242 partite.
La presenza in spogliatoio di un giocatore di classe e personalità come Roberto Mancini, finisce per spaccare lo spogliatoio biancoceleste. Dopo Signori, a farne le spese è proprio Fuser, che dopo averci litigato in più occasioni, sarà venduto nell'estate 1998.
“Quell’anno lì io andai a vedere una casa, perché avrei voluto finire la mia carriera alla Lazio. C’era qualcuno però che non mi voleva, qualcuno che faceva l’allenatore, ma non era l’allenatore. Ci furono dei problemi e io andai via a 29 anni”, rivelerà a 'Mediaset Premium' molto tempo dopo.
LE VITTORIE CON IL PARMA E L'ESPERIENZA ALLA ROMA
La Lazio vende Fuser al Parma di Callisto Tanzi per 12 miliardi, mentre Juán Sebastian Verón fa il percorso inverso e approda ai biancocelesti. Nonostante l'addio amaro alla squadra con cui aveva giocato per 6 anni, la stagione 1998/99, la prima in gialloblù, sarà esaltante per il centrocampista.
Sia a livello personale, visto che totalizza 32 presenze e 7 goal in campionato, 9 presenze in Coppa UEFA e 7 in Coppa Italia, sia soprattutto a livello di risultati, la prima stagione in gialloblù è da incorniciare: i ducali, allenati da Alberto Malesani, conquistano uno storico double,vincendo la Coppa Italia (avendo la meglio nella doppia finale sulla Fiorentina) e la Coppa UEFA (3-0 in finale a Mosca contro l'Olympique Marsiglia), mentre in campionato si piazzano quarti e si qualificano ai playoff di Champions League.
"Sono arrivato in Emilia a trent’anni, nel pieno della mia maturazione calcistica. - dichiarerà il giocatore piemontese a 'SuperNews' - Il Parma era una squadra fortissima e abbiamo raggiunto risultati straordinari".
Il 1999/00 comincia molto bene con la conquista della Supercoppa Italiana, grazie ad un 2-1 sul Milan. Il Parma, eliminato ai playoff di Champions dai Rangers di Glasgow, si piazza ancora 4°, ma stavolta a pari merito con l'Inter e per accedere alla massima competizione europea deve affrontare uno spareggio, che perde 3-1. Per Fuser in tutto 36 partite e 3 goal.
La terza e ultima stagione vissuta in Emilia dal centrocampista è turbolenta, con tre allenatori che si susseguono in panchina: a Malesani subentra infatti Sacchi, e a quest'ultimo Ulivieri. Fra il tecnico toscano e Diego non si crea un buon rapporto, e il giocatore, che colleziona altre 36 presenze senza mai andare a segno, decide di andar via nell'estate successiva nonostante il 4° posto e la qualificazione alla Champions League.
"Quando andammo a giocare a Roma l’ultima partita del campionato 2000/01 e la Roma vinse lo Scudetto, - rivelerà - Capello mi chiese se volevo andare alla Roma perché loro facevano la Coppa dei Campioni e sulla destra avevano solo Cafu. Fu una buona occasione di lavoro che decisi di cogliere al volo".
GettyNonostante qualche polemica da parte del tifo biancoceleste, Fuser arriva così alla Roma nel 2001/02. Difenderà i colori giallorossi per due stagioni, nelle quali vedrà il campo poche volte.
"Capisco i tifosi della Lazio, - dirà - so che tanti lo hanno considerato un tradimento. Il lavoro è il lavoro, ma l’amore per la Lazio resta per sempre".
Nel 2001/02 colleziona 19 presenze complessive e aggiunge una seconda Supercoppa Italiana (3-0 giallorosso alla Fiorentina) al suo palmarès, nel 2002/03 le sue apparizioni in campo si riducono a 7 in tutto e sembrano delineare l'inesorabile declino.
"Il primo anno alla Roma è stato molto positivo, - dichiarerà - il secondo anno, invece, è stato particolarmente travagliato e non ho trovato grande continuità. Avrei potuto dare di più calcisticamente, ma la reputo comunque un’esperienza positiva".
LA NAZIONALE: EURO '96 E TANTA SFORTUNA
Diego Fuser ha avuto anche la possibilità nella sua carriera calcistica di rappresentare in più occasioni la Nazionale italiana. Fin dai tempi del Torino il centrocampista di Venaria Reale è stato chiamato per l'Under 21. Esordisce il 23 settembre 1987 a Potsdam contro la Germania Est (0-0) e colleziona 18 presenze e 2 goal sotto la gestione tecnica di Cesare Maldini.
Il 24 febbraio 1993, il Ct. Arrigo Sacchi, che lo aveva già guidato nel Milan, lo fa debuttare da titolare nella Nazionale maggiore a Oporto nelle qualificazioni ai Mondiali di USA '94. Gli Azzurri superano 3-1 il Portogallo e ipotecano la fase finale.
Fuser resta nel giro azzurro fino alla Primavera 1993, poi il centrocampista si fa male e Sacchinon lo porterà negli Stati Uniti. Il 'Profeta di Fusignano' si ricorda di lui per Euro '96, quando Diego è inserito fra i 22 convocati per la fase finale. Il centrocampista della Lazio gioca tutte e tre le gare del girone, ma gli Azzurri, dopo aver battuto all'esordio la Russia, perdono la seconda partita a sorpresa con la Repubblica Ceca e non vanno oltre lo 0-0 nella sfida decisiva con la Germania, e sono così eliminati.
L'anno seguente, anche con Cesare Maldini Commissario tecnico, Fuser continua a far parte del gruppo degli Azzurri e partecipa alle Qualificazioni per Francia '98. Al momento delle scelte definitive, tuttavia, il Ct. non lo convoca per la fase finale.
"Ero stato convocato in tutte le partite delle qualificazioni, poi all'ultimo momento mi hanno chiamato per comunicarmi che ero fuori. - ricorderà a 'Il Posticipo' - Cesare Maldini mi ha detto: 'Guarda Diego, mi dispiace'. Ma sono tutte parole che lasciano il tempo che trovano...".
Con l'approdo in azzurro come Commissario tecnico del suo mentore Dino Zoff, Fuser torna al centro del progetto. Segna anche 3 reti: una contro il Galles nello 0-2 in trasferta contro i Dragoni, gara valevole per le Qualificazioni ad Euro 2000, un secondo alle World Stars nell'amichevole romana del dicembre 1998, la terza nella sconfitta di Napoli per 2-3 con la Danimarca, partita anche questa valevole per le Qualificazioni al torneo in Belgio e Olanda.
Zoff lo convocherebbe senza dubbio per la fase finale, ma ancora una volta ci si mette di mezzo la sfortuna: un'infiammazione alla coscia destra determina l'esclusione all'ultimo momento e una nuova delusione. L'avventura di Fuser in azzurro si chiude così con 25 presenze e 3 goal.
"Ho avuto tanta sfortuna, - dichiarerà a 'Il Posticipo' - perché nei momenti in cui avrei dovuto giocare le competizioni più importanti mi sono sempre fatto male: parlo del Mondiale '94 e dell'Europeo del 2000. Essere costretto a saltare quelle due manifestazioni per infortunio è stato difficile, è un'amarezza che mi è rimasta dentro perché la Nazionale ti dà una visibilità che nemmeno la Champions ti sa dare".
IL RITORNO AL TORO E GLI ULTIMI ANNI FRA I DILETTANTI
Concluso il biennio alla Roma, Fuser sceglie di chiudere la sua carriera da calciatore professionista dove tutto era iniziato: torna così al Torino, che milita in Serie B e cerca di risalire nel massimo campionato. Il giocatore di Venaria Reale indossa nuovamente la maglia granata per 29 volte, e segna 2 reti, portando le sue statistische con il club dove era cresciuto a 98 presenze e 6 reti.
A 35 anni termina la carriera daprofessionista, ma Diego continua a giocare fra i Dilettanti insieme all'amico di una vita, Gianluigi Lentini. Tre stagioni con il Canelli, fra Eccellenza e Serie D, vincendo il campionato di Eccellenza nel 2005/06 e risultando un giocatore chiave, poi Saviglianese in Promozione, di nuovo Canelli (Eccellenza), Nicese (facendo per un periodo anche l'allenatore) e tre mesi al Colline Alfieri, squadra di San Damiano d'Asti militante in Promozione piemontese,da ottobre a dicembre 2012, per appendere definitivamente gli scarpini al chiodo all'età di 44 anni.
IL DRAMMA E LA NUOVA VITA FRA MACCHININE E FOOTGOLF
Se la carriera di Fuser è stata lunga e ricca di soddisfazioni, la vita ha dato al centrocampista di Venaria Reale anche un profondo dolore. Sposato con sua moglie Orietta, ha avuto da quest'ultima due figli. Il primogenito Matteo, dopo una lunga malattia, è morto nel 2012 all'età di 15 anni.
Diego e la sua famiglia hanno ricevuto nell'occasione la solidarietà del mondo del calcio, e anche Francesco Totti ha speso profonde parole di solidarietà per l'ex compagno di squadra.
"Dopo la morte di mio figlio il calcio dei dilettanti mi ha aiutato molto. - ha dichiarato Fuser a 'Il Corriere della Sera' - Pensare a chi stava peggio di noi ha permesso a me e a mia moglie di andare avanti".
Diego e Orietta sono anche genitori di Vittoria, la secondogenita, che è una cavallerizza e partecipa alle gare nazionali di salto a ostacoli. L'ex calciatore è un amante degli animali e possiede un cane e diversi gatti.
Ma cosa fa oggi? Conclusa la lunga avventura nel mondo del calcio, l'ex centrocampista ha scelto di dedicarsi ai suoi hobby.
"Fin da bambino ho avuto questa grande passione per le macchinine telecomandate, - ha spiegato a 'Sky Sport' - poi quando è arrivato il calcio ho dovuto abbandonarla. Una volta appesi gli scarpini mi è ritornata la voglia di fare il bambino e ho deciso di costruire un miniautodromo dove sorgeva un campo di calcio abbandonato vicino ad Asti. È un'attività molto grossa, mi ha impegnato parecchio e così non ho più pensato al calcio. Sono stato un po' tranquillo".
Nella sua pista per macchinine telecomandate, dei piccoli bolidi che possono raggiungere anche gli 80 chilometri orari di velocità,Diego ha ospitato anche diverse competizioni internazionali.
In tempi più recenti l'ex centrocampista si è appassionato al FootGolf, disciplina nata di recente dall'unione fra il calcio e il golf, che consiste nel fare 'buca' su un campo da golf opportunamente modificato con un pallone da calcio regolamentare.
Dapprima ha creato una società e successivamente, a dicembre 2020, è stato eletto come presidente della Lega italiana di FootGolf. La disciplina è praticata da diversi ex calciatori, fra cui Ivano Bonetti, Paolo Di Canio, Dino Baggio, Giovanni Pasquale, Vincent Candela, Demetrio Albertini, Gigi Di Biagio, Luca Antonini, Cristian Zaccardo, Sergio Pellissier e Sebastian Frey, ed è in forte crescita.
"Sono presidente della Lega Nazionale FootGolf - ha spiegato a 'Gazzetta TV' - e sto portando avanti un progetto che è quello di cercare di far conoscere di più questo sport e di farlo diventare una disciplina nazionale".
Volgendo lo sguardo al passato calcistico, restano i tanti ricordi di una carriera importante. Su tutti, gli anni trascorsi alla Lazio.
"Quella con la Lazio è stata l'esperienza più bella della mia vita. - ha dichiarato a 'Il Corriere dello Sport' - In biancoceleste ho vissuto sei anni bellissimi chiusi con quella Coppa Italia alzata al cielo".
