GOALLa pagina Wikipedia di Francesco Caputo lo descrive come una “prima punta con uno spiccato senso del goal. Si sacrifica per la squadra muovendosi su tutto il fronte offensivo”.Non basta. Da Caputo, negli anni, soprattutto gli ultimi, abbiamo ricevuto alcune tra le più iconiche fotografie dei momenti del nostro tempo, scandite da esultanze e capigliature strane, ma orientate alla ricerca della rottura del sistema dell’attaccante di provincia: di un particolare per essere ricordato nella lista quasi infinita dei marcatori sfuggiti all’affermazione.
Nella realtà, e non in una breve descrizione, corretta nella sostanza, ma non sufficiente a definire il cambiamento radicale portato dal suo ritorno in Serie A alla figura della punta relegata per anni nelle categorie inferiori, “Ciccio” Caputo è un giocatore più completo di quanto si possa pensare. Anzi: è proprio uno dei più completi della massima serie. Forse è davvero per questo e immediato motivo che siamo portati a pensare quale peccato sia stato non averlo visto nel suo “prime moment” in una squadra capace di regalargli una comfort zone e una buona dose di ambizione. Prima o poi riusciremo a farcene una ragione: per lui e per tutti gli altri, “arrivati tardi”.
È pur vero che la sua esultanza tradisce i segni marcati dell’età che avanza, nascosti dalle prestazioni, ma ben visibili nella smorfia associata al gesto della bevuta. Lo osservi e ripensi che una punta come lui in altri campionati esiste, ma sicuramente ha avuto più fortuna del ragazzo con i capelli lunghi e senza barba che ha contribuito con 10 goal alla promozione in Serie A del Bari, nella stagione 2008/09, con Antonio Conte in panchina. “Gli sarò grato a vita”, dirà Caputo, riferendosi all’allenatore. Pugliese, come lui. Perché a volte basta semplicemente sapersi intendere: le radici aiutano sempre.
GettyDi Caputo, 35 anni, abbiamo imparato ad apprezzare le reti di spiccata furbizia e quelle di spontaneo ragionamento, maturato nella sua carriera in forme assai diverse, ma costantemente caratterizzate dalla grande capacità di smarcarsi e farsi trovare libero dai compagni, contribuendo alla costruzione della manovra e concludendola nel migliore dei modi.
In tutto questo un sostanziale contributo va dato a due filosofie calcistiche diverse, ma alla base comuni: quella di Aurelio Andreazzoli, che ha mostrato la grande intelligenza di rispolverare il 4-3-1-2 impostato anni prima da Maurizio Sarri e seguito dai suoi successori (ad eccezione di Vivarini) e quella di Roberto De Zerbi, che ha evoluto la predisposizione al sacrificio di Caputo elevandola a punto di riferimento del 4-3-3, per una perfetta finalizzazione della manovra. Il risultato è presto detto: 48 reti in 99 partite, in 3 stagioni dal 2018, tra Empoli e Sassuolo. Sempre in doppia cifra (rispettivamente 16 nella prima, 21 nella seconda e 11 nella terza).
Più filosoficamente, ma senza scomodare professori tedeschi, potremmo dire di esserci trovati di fronte a un viandante che nella lunga strada verso il riconoscimento di sé e del suo stare nel mondo ha finalmente trovato la sua meta e il suo posto, ma non è ancora sufficiente per differire dai tanti che ci hanno provato e sembravano esserci riusciti, salvo cadere nel dimenticatoio delle figure amarcord rispolverate in occasione degli anniversari di uno o più goal da ricordare. Caputo negli ultimi anni non ha solo provato ad elevarsi alla massa degli attaccanti: ha cercato di diventare indimenticabile.
GettyForse è anche per questo che la sua esclusione dagli Europei vinti nel 2021 dall’Italia continua sembra produrre l’assordante rumore di un’occasione mancata per scrivere il proprio nome nella storia, e che potrebbe non ritornare più. “Ciccio” lo sa bene.
“Non dirò bugie, ho pensato più di una volta che potevo essere lì: c’ero fino a marzo. Ci ho pensato ancora di più l’11 luglio, perché vincere un titolo europeo non mi capiterà più", ha raccontato a “La Gazzetta dello Sport”, ricostruendo quel periodo.
L’ultima stagione e mezza è stata la più difficile, ma al tempo stesso l'ennesima conferma della visione generale relativa a Caputo: dopo il trasferimento alla Sampdoria, ha messo a segno 12 reti tra lo scorso campionato (11) e quello attuale, nonostante i tantissimi problemi dei blucerchiati. Il pensiero degli Europei, comunque, non lo abbandonoa.
"Non è stato facile assorbire questa cosa. Mi ero pure vaccinato con gli altri. Non so quale sia stato il pensiero di Mancini per non convocarmi", ha spiegato.
GettyCaputo conosce il valore di un treno non preso al momento giusto, scivolato via per l’ennesimo cenno della sfortuna che ha fatto capolino nel periodo calcistico più importante della sua carriera, ma negli anni ha compreso il senso di un percorso che lo ha visto rinascere dalle ceneri per prendersi la scena, in maniera del tutto inaspettata. In un certo senso, quello senza dubbio migliore, è stato la rottura di una certa routine alla quale ci eravamo abituati. La conquista della maglia della Nazionale, con 1 goal in 2 partite, invece, l’ultima dimostrazione che nel il calcio riesce sempre a ripagarti.
“A Mancini devo comunque dire grazie: la Nazionale me l’ha regalata lui. È sempre stato il primo a crederci. Negli ultimi due mesi non ho potuto giocare abbastanza e questo ha pesato tanto. Però non smetto di sognare i Mondiali. Sarò più motivato e cattivo di prima, pure per riprendermi quel posto".
GettyIl cartello “Andrà tutto bene”, esposto alla vigilia del primo Lockdown, come i capelli biondo platino al ritorno in campo dopo uno dei momenti più difficili vissuti dalla nostra società e l’eredità che lascerà a chi verrà dopo rimarranno immagini indelebili. La sua esperienza all'Empoli, invece, iconica: ci è appena tornato, dopo tre anni e mezzo dalle lacrime per la retrocessione, dopo la sfida contro l'Inter a San Siro. I toscani più maturi, lui più grande: in mezzo nuove promesse di rinascita e reti da segnare.


