Costanza. Uno dei tanti punti di forza del dominio del Bayern Monaco nello scorso decennio, da un treble (2013) all’altro (2020), è stata la presenza di un nucleo di giocatori chiave, protagonisti assoluti sia del successo targato Jupp Heynckes che dell’apoteosi dello scorso anno con Hansi Flick. Manuel Neuer, Thomas Müller, Jérôme Boateng, Javi Martìnez. E poi, David Alaba. Il tuttocampista. Nella prossima stagione soltanto i primi due saranno ancora protagonisti all’Allianz Arena. Boateng e Martìnez dicono addio in estate, alla naturale scadenza del loro contratto. Non saranno i soli. Perché anche lo stesso Alaba se ne va. Il suo ‘auf Wiedersehen’, però, ha un sapore diverso rispetto agli altri.
Boateng e Martínez sono stati salutati per una questione anagrafica, mentre la questione legata al calciatore austriaco è ben più profonda ed è stato uno dei grandi temi della scorsa stagione in casa Bayern Monaco. Una stagione in cui è tornato in voga il famoso ‘FC Hollywood’ di fine anni novanta, quando i giocatori del club più vincente di Germania finivano più per far parlare di ciò che succedeva intorno a loro piuttosto che in campo. Quella tra l’entourage del classe 1992 e il club è stata davvero una piccola guerra, combattuta con dichiarazioni avvelenate e attacchi frontali, sia da uno schieramento che dall’altro.
Il contratto in scadenza 30 giugno 2021 era un tema di discussione nelle stanze di Säbener Straße già da tempo, anche prima che il Covid-19 devastasse i conti di tutti i club della Bundesliga e non solo. In piena pandemia, il Bayern aveva formalizzato i rinnovi di Neuer e Müller fino al 2023, oltre a quello di Alphonso Davies fino al 2025. I tifosi attendevano anche l’annuncio relativo ad Alaba. Non è mai arrivato.
Con il passare dei mesi, i rapporti tra il club e i rappresentanti dell’austriaco si sono fatti sempre più aspri. ‘Colpa’ di offerte ritenute inadeguate lato Alaba - la stampa tedesca ha sempre parlato di una proposta di 11 milioni di euro lordi l’anno più 6 di bonus, contro una richiesta superiore ai 10 milioni di euro netti garantiti - e lato Bayern dei continui rifiuti arrivati dal giocatore. La ‘Bild’ ha spesso parlato di un sentimento di “poca riconoscenza nell’importanza del giocatore nei successi”.
In più, l’armonia non è sicuramente stata favorita dalle dichiarazioni pubbliche. Come quelle di Uli Hoeneß a ‘Sport 1’ a settembre. L’ex presidente ha criticato la posizione del procuratore di Alaba e del padre George, ex rapper e DJ, principe nigeriano trasferitosi in Austria sin da piccolo, che cura gli interessi di David dall’inizio della sua carriera.
“Il suo agente Pini Zahavi è un avido piranha, uno che vuole solo soldi, e il padre di Alaba è molto influenzato da lui. Capisco che Salihamidzic sia andato fuori di testa durante le trattative. È solo una questione di soldi. Non dovrebbe farsi influenzare. Spero che lui e suo papà realizzino che il Bayern è il top per lui”.
Getty ImagesAlla provocazione dell’ex presidente, ma ancora membro del Consiglio di Sorveglianza, sono arrivate le risposte piccate del padre e dello stesso Zahavi, che ha pubblicamente smentito anche l’indiscrezione di ‘Sky Sport’ secondo cui volesse 20 milioni di euro come commissione alla firma.
In mezzo a questa guerra, Alaba. Che voleva pensare a giocare a calcio, a vincere nuovamente tutto con il Bayern per la terza volta. Che auspicava di “trovare presto una soluzione” e che “le dichiarazioni del contratto non fossero rese pubbliche”. A fine ottobre, il presidente del Bayern Herbert Hainer ha pubblicamente annunciato di aver ritirato l’offerta di rinnovo ad Alaba, di fatto chiudendo il capitolo e la sua storia al Bayern Monaco.
Si diceva che l’austriaco - di origini anche filippine da parte di mamma, ma nato a Vienna - volesse tornare a giocare a centrocampo, in quello che sembrava essere il suo ruolo originario all’inizio della sua carriera.
Al Real Madrid dovrà affrontare una discreta concorrenza per un ruolo in mediana. In più, l’addio di Sergio Ramos porta a pensare che anche ai Merengues Alaba farà il difensore centrale di sinistra. Come negli ultimi due anni al Bayern Monaco. Terminati ufficialmente con la festa per il decimo Meisterschale vinto in carriera: record assoluto di campionati tedeschi, per ora condiviso con Thomas Müller.
Nei 13 anni trascorsi all’Allianz Arena, si è costruito la fama di tuttocampista. Nelle giovanili dell’Austria Vienna - club di cui detiene anche una percentuale di quote da maggio 2021 - si era imposto come centrocampista e anche nelle giovanili del Bayern, dove è arrivato nel 2008, l’idea sembrava la stessa. Tra l’altro ha vissuto un primo anno particolarmente impegnato, visto che alternava partite con l’Under-19 (sotto età di due anni) e allenamenti dell’Under-11, da vice tecnico. Arrivato agli esordi con Louis van Gaal, è stato reinventato terzino sinistro, anche per una questione di necessità tecnica nel ruolo.
Alaba si è perfettamente calato nella parte. A 17 anni aveva già fatto il suo esordio con il Bayern ed era già membro della prima squadra a tutti gli effetti. Anche in Champions League, contro la Fiorentina. Sorprendendo tutti per le sue spaventose doti tecniche e atletiche, oltre che per una conoscenza del calcio fuori dal comune. Dal 2011, dopo un periodo di prestito all’Hoffenheim, è stato spostato sulla corsia mancina. E per una decina d’anni non l’ha quasi mai abbandonata, se non in alcune fasi con Pep Guardiola in cui è stato spostato al centro della difesa. Esperimento ripetuto da Hansi Flick per necessità tecniche nel novembre 2019. Mossa che gli ha cambiato la carriera. Probabilmente gliel’ha allungata.
Per ‘divertirsi’ in un ruolo più offensivo, Alaba ha sempre avuto la nazionale. Nell’Austria è stato spesso utilizzato come centrocampista offensivo, oppure come mediano di impostazione, raramente con compiti difensivi. L’intenzione dei suoi CT è stata quella di sfruttare la sua superiorità tecnica rispetto ai compagni.
GettyAnche a Euro 2020 sta succedendo la stessa cosa, anche se in modo diverso. Alaba gioca in una sorta di ruolo da ‘libero’, protetto da due difensori centrali più fisici. Ha libertà di svariare per il campo, di alzare la posizione o di andare a occupare la fascia. Si cerca la posizione che preferisce. Contro la Macedonia del Nord una sua incursione a sinistra è stata decisiva per il goal di Gregoritsch. Poi ci ha anche messo l’assist per Baumgartner contro l’Ungheria, in questo caso direttamente da calcio piazzato.
Contro l’Italia sarà ovviamente il pericolo numero uno, l’uomo da tenere d’occhio più di tutti gli altri. Perché ha un palmares che parla per lui: una decina di campionati, due Champions League, due Supercoppe UEFA, due mondiali per club, 6 Coppe di Germania, 6 Supercoppe. Più 7 titoli di calciatore austriaco dell’anno. Numeri che lo pongono nell’Olimpo del calcio europeo e mondiale. Nel suo futuro al Real Madrid potrà incrementare il suo bottino, ma il suo nome rimarrà sempre legato a quello del Bayern Monaco. E questo filo non potrà essere spezzato da agenti, rinnovi, discussioni o presunte commissioni e richieste che lo hanno allontanato da quella che, per sua stessa ammissione “è casa mia”. E lo sarà sempre.


