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Tomas Danilevicius LithuaniaGetty

Danilevicius, figlio di Livorno: dal sogno Arsenal ai nuovi ruoli post carriera

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Chi è il vero appassionato di calcio? Chi è l'esperto? Lo studioso? Il tifoso? Soggettivo, a volte oggettivo, ma nella sfera personale il più delle volte. C'è chi analizza le tattiche, chi conosce il nome di tutti i giocatori, morte e miracoli, tasso di riuscita statistica del tiro e numero di parate. C'è chi ha giocato con i nomi, in una gara di nazionalità, lunghezza del cognome, trofei vinti. E' sempre stato interessante da un certo punto di vista, notare come il pallone aiuti a livello geografico, a fare mente locale con le città e le provenienze, gli stati, di quale paese, di quale continente. Facile ricordare come Zidane sia francese e Ronaldo, il primo, sia brasiliano, semplice citare connazionali in Serie A e all'estero, grazie alla potenza storica. PIù difficile addentrarsi e nominare, a diversi livelli, un giocatore proveniente dal Bhutan, dal Madagascar, dalla Lituania. Spesso, in qualsiasi gioco, di nomi-cose-città (o fiori, frutta), nel selezionare un '''''vip''''', il nostalgico calcistico aiuta. Cognome lituano. Uno, Stankevicius. L'altro, Tomas Danilevicius. Non giriamoci attorno.

Se nella tua vita hai seguito il calcio di Serie A degli anni 2000, la Lituania ti fa venire in mente solo due cose. I cius. Uno Stank, l'altro Danil. Se il primo ha una storia particolare di Ritorno al Futuro legata alla Padania, non spoileriamo, il secondo è l'altra, ma anche stessa faccia della medaglia. Un giocatore che ha rappresentato non solo il calcio del paese di Vilnius, ma anche della stessa nazione, in giro per l'Europa tutta e il mondo. Negli USA sono diversi gli attori e i cantanti di origini lituane, ma con avi ormai passati e una storia persa nel tempo che solo i diretti interessati scoprono, con ricerche e studi (Jason Sudeikis, Anthony Kiedis, John C. Reilly, Frank Lubin). Ma nessuno di loro è nato nella nazione baltica, come lo stesso Danilevicius.

Danilevicius non è un figlio di Vilnius come Edgaras Jankauskas, altro simbolo calcistico del paese, bensì di Klaipėda, a tre ore di macchina dalla capitale. Immaginare di farsi largo nel calcio europeo, giocando a Londra, in Coppa UEFA e in Serie A più che un sogno sembra essere utopia, negli anni '90. Eppure Tomas è duro di testa, deciso, intraprendente. Fa proprio della testa la sua arma forte, in virtù del suo metro e 90 che riuscirà a portar diverse soddisfazioni, limitate per qualcuno, enormi ad un livello spropositato in considerazione della sua provenienza.

Vuole vedere il mondo, vuole calciare il pallone in giro per il globo, lontano dalla Lituania, tanto amata, ma anche tanto limitata dalle ambizioni di un 17enne. Nei primi cinque anni di carriera, gioca in cinque nazioni diverse: nella natia patria, con la maglia dell'Atlantas, in Belgio con il Bruges dove vince campionato e Supercoppa, in Russia, a Mosca, dove segna i primi goal con la maglia della Dinamo, e dunque a Losanna nel 1999/2000. La stazza, la capacità di segnare con una media incredibile e i movimenti con o senza palla stregano un signore che sta costruendo il muro del pianto avversario, dell'invincibilità. Arsene Wenger, a inizio millennio, guarda, punta, prende. Portando Danilevicius all'Arsenal.

Wenger lo segue da un biennio, in realtà. Lo osserva nella Nazionale lituana, ai tempi del Bruges. Così, quando nel 2000 posa con l'allora larghissima maglia dei Gunners, non è poi così sorpreso:

"In estate arrivò la chiamata dell'Arsenal e chiesero di portarmi a Londra, un club così non si può rifiutare" dirà in seguito a 'Calcionapoli24'.

In una squadra di fenomeni e fuoriclasse, due su tutti Bergkamp ed Henry, quest'ultimo arrivato un anno prima dalla Juventus, Danilevicius è spaesato, ma non per questo spaventato. Anche perché nessuno di loro lo vede come un ragazzone a cui fare la guerra, ma semplicemente un fratello:

"Mi accolsero come uno di loro. Ero nessuno in confronto a loro, però mi trattarono come uno di loro e questo mi colpì molto. Erano tutti ragazzi tranquilli e un maestro come Wenger riuscì a gestire tutti. Mi disse chi erano i miei concorrenti, che ero uno di loro".

Nonostante il calore umano, Danilevicius ha comunque 21 anni nella carta d'identità e dei compagni d'attacco realmente troppo avanti per esperienza, visibilità, gerarchia ben definita. Non solo Henry e Bergkamp, due che fuori dallo stadio dell'Arsenal hanno la propria statua in bella mostra, ma anche Wiltord e Kanu. Per ovvi motivi il suo spazio è limitato e le presenze con i Gunners saranno solamente tre, di cui due in Premier League. Una stagione senza gloria per i londinesi e a metà per il ragazzo lituano, ceduto in Scozia a farsi le ossa per l'ennesimo campionato della sua carriera. Non tornerà più in Premier, ma raccoglierà consigli e segreti dei campioni per il futuro. Dall'altra parte britannica, al Dunfermline, durerà pochi mesi, prima del ritorno in quella nazione con cui ha avuto sempre un gran rapporto, dove è stato scoperto, lanciato, fatto il botto. Al Beveren, in Belgio, arriva infatti la vera prima occasione da titolare: ripagata in maniera istantanea, con 12 goal. C'è un dopo Jankauskas per la Lituania, ma nessun volo nella stratosfera. Viene infatti scelto da un altro grande campionato continentale, quello italiano. Seppur, va detto, in Serie B. Il Livorno coglie l'occasione.

Danilevicius LivornoGetty

E' una torre più che un centravanti da goal assicurato, Danilevicius, ma l'aver giocato a Londra, sotto Wenger, e l'aver girovagato così tanto nonostante la giovine età, convincono il presidente Spinelli che può far caso al suo Livorno. Lui accetta, incuriosito, dalle somiglianze con la sua Klaipeda. Città di porto:

"Qui da voi non mi sono mai sentito straniero, ed è una sensazione che ho avvertito fin dai primi giorni. La gente mi ha trattato sempre con grande affetto, con semplicità, e negli anni ho conosciuto anche degli amici veri. Pochi ma buoni. Mi trovo bene, con loro".

Klaipeda è l'unica città portuale della Lituania, Livorno uno dei porti più importanti del Mar Mediterraneo. Danilevicius sbarca in città nel 2003 e in tre diverse esperienze, passerà ben sette anni a rincorrere il pallone al Picchi, coi piedi e con il ritmo della testa. Appena 31 reti in 170 gare, ma una particolarità. L'amore per la maglia amaranto, l'adorazione totale per i livornesi (tanto da indire una raccolta fondi dopo l'alluvione del 2017), il tifo per la stessa una volta appesi gli scarpini al chiodo e sì, ingresso nella storia. Tomas, infatti, firmerà 17 goal in una sola annata con l'Avellino nel 2005/2006, dopo le prime gare in Serie A, con tre centri, a Livorno.

L'Italia popopo vince il Mondiale, lui torna 'a casa' dopo la sbornia di realizzazioni campane. Si ritrova in Europa League, viste le cadute in B e le penalizzazioni delle grandi. Spinelli ha paura dell'Europa, di quello che potrebbe causare alla squadra un triplo impegno. I giocatori però sono entusiasti, i tifosi indiavolati. A settembre, in casa, si parte dai preliminari contro l'Austria Kärnten: al minuto 43 la prima storica rete del Livorno in Europa porta la sua firma. L'unico goal nella sua carriera continentale. Destino.

Il sogno del Livorno in Europa League continuerà fino ai sedicesimi di finale, a febbraio. Mese in cui Danilevicius, in città, non c'è. E' stato infatti ceduto al Bologna e solo nel 2008, per un nuovo sali e scendi tra Serie e B, tornerà a vestire il granata, sempre con il compito di far segnare, ma anche di contribuire alla vittoria con una manciata di goal. Tutti lo ricordano per tali colori sulla pelle, eppure ha segnato di più con la Juve Stabia, il Grosseto, ha vissuto dove militavano Bulgarelli e Baggio, ha avuto a che fare con Parma (senza mai giocare) e la sorpresa Latina, nonchè con il Gorica, vicinissimo all'amata Italia, per un 2013/2014 per aggiungere un'altra nazione nel suo curriculum. Proprio in Slovenia appenderà in pratica le scarpette al chiodo: di proprietà gialloblù, deciderà comunque di ritirarsi, senza mai disputare un match ufficiale al Tardini.

E' il 2014 e da lì Danilevicius, cambia completamente vita. Si reinventa:

"Seguo progetti immobiliari dalla Svizzera, con una società che lavora soprattutto nel mio paese, in Lituania. Ora mi diverto a tirare nei cantoni, a livello amatoriale".

Essere simbolo della propria nazione, e non solo della Nazionale (di cui è massimo capocannoniere con 19 reti segnate in 14 anni di carriera), aprono a Danilevicius altre porte, oltre al 'lavoro normale' iniziato dopo l'addio al calcio. A quello giocato a ben vedere, travestito da arriverderci: ad appena 39 anni, nel 2017, viene scelto come presidente della Federcalcio del suo paese.

Idee chiare, per un presidente giovane che vuole far uscire la Lituania dai margini del calcio europeo:

"Ho sempre avuto ottimi rapporti con la Federazione che da quattro mesi era senza un presidente viste le dimissioni di Edvinas Eimontas. Qualche mese fa mi hanno proposto di candidarmi e non ho avuto esitazioni ad accettare. Ho un programma ben chiaro in testa. La Lituania è una piccola e giovane nazione, visto che siamo tornati ad essere uno stato indipendente solo nel 1990. Nonostante questo, però, c’è tanta voglia di crescere e fare sempre meglio.

Inizierò subito a lavorare per migliorare l’immagine e le strutture dei nostri club. In questo mi aiuterà la mia esperienza maturata in tanti anni di calcio nei vari paesi in cui ho giocato, Italia compresa. Poi sarà necessario investire molto e bene sui settori giovanili. Per farlo occorrerà svecchiare il sistema delle scuole calcio in modo da permetterci di far crescere giocatori importanti che in futuro renderanno più forte e competitiva la nostra nazionale”.

Il piano di Danilevicius continua da anni, con fortuna alterna: il ranking FIFA vede infatti la Lituania al 134 posto (ma con una decina di posizioni guadagnate dal suo arrivo come presidente della federcalcio), con poche possibilità nel breve periodo di sfondare. In Nations League la Lega B è stata un sogno accarezzato ma non raggiunto, anche per la mancata esplosione di giovani come lo stesso Tomas, Stankevicius o Jankauskas. La visione dell'ex Livorno, però, non si ferma, frutto di anni giovanili passati in diverse nazioni, amorevoli rapporti in una città come Livorno e una voglia di guardare oltre un ruolo da sparring partner saldo e definito nell'economia calcistica. Una sicurezza per le grandi e ricche nazioni che Tomas ha contribuito, in parte, a scardinare. Nella speranza di buttarlo giù, definitivamente, in futuro. Altra veste, stesso obiettivo.

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