Era un duro con un carattere scontroso e scorbutico, incarnava alla perfezione la garra argentina e non faceva nulla per nascondere la sua nomea da cattivo. Lo sapevano i suoi avversari ma anche i compagni di squadra più giovani, con i quali metteva subito in chiaro le gerarchie e le regole dello spogliatoio.
Per le sue qualità da leader, in patria Daniel Alberto Passarella viene presto ribattezzato 'El Caudillo', perché, con un vero generale, nella sua carriera comanderà le difese delle squadra in cui giocherà. Capitano dell'Argentina campione del Mondo nel 1978, fa il bis senza mai giocare nel 1986. In Italia scrive pagine importanti con la Fiorentina, poi passa all'Inter, dove milita per due stagioni, chiudendo la sua avventura europea.
GLI ESORDI E IL PASSAGGIO AL RIVER PLATE
Nato a Chacabuco, città della Pampa che si trova nel Nord Ovest dell'Argentina, e dista 200 chilometri dalla capitale Buenos Aires, il 25 maggio 1953, Passarella, discendente di immigrati siciliani provenienti da Moliterno da parte di padre, inizia a giocare a calcio fin da bambino nei campi polverosi di periferia, in cui tempra quel carattere forte che diventerà un suo marchio di fabbrica.
A 9 anni, dopo un incidente automobilistico avuto mentre viaggia con tutta la famiglia a bordo di un camion, finito fuori strada, si frattura la gamba destra e deve tenere il gesso per 50 giorni. Tale è però la sua voglia di giocare, trasportato da una foga quasi mistica, che pur di poterlo fare, impara a usare il sinistro, che poi diventerà il suo piede forte.
"Stavo a letto e tiravo il pallone contro la parete. - racconta in una vecchia intervista trasmessa da 'Tele +' - Cercavo di alzarmi per colpire la palla di testa. Non ci riuscivo e dovevano aiutarmi. Cominciai a usare la gamba sinistra e non smisi più".
Spesso i suoi genitori fanno fatica a tenerlo a freno. Una volta lo devono persino portare in ospedale dopo una brutta botta alla testa. Ma 'Il Guerriero di Chacabuco' riparte sempre con la stessa determinazione di affermarsi.
Il sinistro sa essere al contempo magico e terrificante, a seconda delle necessità. Daniel sviluppa poi un colpo di testa fenomenale, in virtù del suo terzo tempo, che gli consente di rimediare alla non eccelsa statura.
"Mi piaceva molto saltare, io sono relativamente piccolo di statura. Un metro e 74. Ma mi esercitavo a saltare e a colpire la palla di testa. Mi sentivo come se fossi sospeso in area, sognavo di volare".
La sua prima squadra è l'Argentinos di Chacabuco, società rivale del Racing, club di cui suo padre è presidente. Successivamente approda in un club di Terza Divisione, il Sarmiento de Junin. Anche qui, tuttavia, ha subito problemi con il suo allenatore.
"Il mister non mi voleva, - racconta -non mi faceva giocare. A metà campionato lo mandarono via, sostituendolo con Raúl Hernández. È così che lo conobbi".
È grazie al nuovo allenatore che Passarella esplode.
"Tirava molto bene, anche di testa. - racconterà Hernández - Quando aveva la palla fra i piedi era un grande e non capivo come non potesse giocare titolare".
"Dopo il primo allenamento con lui, - ricorda 'El Caudillo' - lasciai il campo con gli altri per andare a fare la doccia e lui mi disse di raggiungerlo. Andai e mi disse che il sabato avrebbe giocato la stessa formazione che giocava con l'altro allenatore, ma che a partire dalla gara successiva avrei giocato io e sarei uscito dai titolari soltanto se mi fossi fatto male o fossi stato espulso".
InternetDopo due anni al Sarmiento cerca una grande squadra che punti su di lui, ma è scartato dal Boca Juniors, la squadra che sogna di rappresentare, e dall'Independiente, probabilmente vittima di pregiudizi per la sua statura. In seguito ad Hernández dicono di no anche il Chacarita e l'Estudiantes.
Nel maggio del 1973 accade però che il River Plate, guidato da Henrique Omar Sivori, giochi un'amichevole contro il Sarmiento, la squadra di Passarella. Il difensore, che dalla fascia sinistra si sposta sempre più nel ruolo di libero al centro della difesa, viene notato dall'ex bianconero e dagli altri dirigenti e riceve un'offerta importante dai Millonarios. È la svolta della sua carriera.
'Pipo' Rossi è l'allenatore del River, e, convinto dall'amico Hernández, getta Passarella nella mischia dopo appena 3 giorni dal suo arrivo nel Superclasico contro il Boca Juniors.
"Mister, mi faccia giocare nel primo tempo, segnerò un goal per lei".
Rossi decide di farlo esordire e la maglia del River diventerà presto per Daniel una seconda pelle. Anche se Labruna, il nuovo allenatore, vuole farlo giocare da terzino sinistro. Lui rifiuta e preferisce aspettare il suo turno: o libero o nulla.
CAMPIONE DEL MONDO NEL 1978 E NEL 1986 (SENZA GIOCARE)
Intanto 'El Flaco' Menotti lo convoca nell'Argentina Under 20 per disputare il Torneo giovanile di Tolone. L'Albiceleste, capitanata da Passarella, conquista la vittoria. Al River Plate, conquistata la maglia da titolare, ne diventa il leader indiscusso e il trascinatore. Vince 7 campionati in 8 anni.
Nel 1975 si verificano dei forti contrasti fra i Millonarios e il Ct. Menotti, passato alla guida della Nazionale maggiore, con i giocatori che devono scegliere se indossare la maglia del loro club oppure quella albiceleste. Passarella dice di voler giocare per l'Argentina, guadagnandosi così la fiducia incondizionata del Ct., che costruisce attorno a lui e Gallego la squadra che affronterà i Mondiali del 1978.
In un clima molto difficile, sotto la terribile dittatura militare di Videla, Passarella, con il numero 6 sulla spalle e la fascia di capitano al braccio, guida l'Albiceleste nella Coppa del Mondo.
"Eravamo tutti ansiosi di giocare, volevamo dare soddisfazione alla gente, in un periodo difficile per l'Argentina. Il governo mentiva al popolo. Prometteva cose che non poteva mantenere. E la gente viveva in uno stato di totale confusione e di paura. Le persone sfogavano la loro rabbia tifando per la Selección".
"Kempes non aveva iniziato bene i Mondiali. Era arrivato all'ultimo momento e faticava a inserirsi. Allora gli dissi: 'Lasciati i baffi, sono quelli che ti danno la forza'. E Mario iniziò a segnare...".
Grazie a un leader come Passarella (7 presenze e una rete) e ai goal del proprio numero 10, l'Argentina, che nel Girone aveva perso di misura con l'Italia di Bearzot, arriva in finale contro l'Olanda. Il 25 giugno 1978 al Monumental di Buenos Aires si tiene l'atto conclusivo del torneo. Ai tempi supplementari, dopo una lunga battaglia sportiva, è la squadra di Menotti a imporsi 3-1.
"Fui io a fine partita a sollevare la Coppa per 25 milioni di argentini, trasformando in realtà il sogno. Un uomo piuttosto robusto mi caricò sulle sue spalle con il trofeo, arrivando fin sotto la fossa del River. Fu come un orgasmo durato 4 anni, fino al Mondiale successivo".
Getty ImagesPassarella gioca anche i Mondiali 1982 in Spagna, ma stavolta, nonostante la presenza di Diego Armando Maradona, il cammino dell'Albiceleste si interrompe nella seconda fase, con 2 sconfitte contro l'Italia e il Brasile. Passarella segna a El Salvador e all'Italia il goal della bandiera per la Selección, ma quest'ultima non si qualifica.
"Avevamo perso la sete di vittoria che ci aveva contraddistinto. E questo nel calcio è fatale".
Ancora più amaro sarà, per il difensore argentino, il torneo in Messico del 1986, in cui 'El Caudillo', pur convocato dal nuovo Ct. Carlos Bilardo, non scenderà mai in campo e non riuscirà a vincere sul campo il suo secondo Mondale.
Sui motivi ci sono due ipotesi: la prima, che il difensore sia stato messo k.o. dalla 'Maledizione di Montezuma', ovvero da coliche e gravi disturbi intestinali, e, subito dopo, dalla rottura del gemello interno del polpaccio sinistro poco prima di rientrare contro la Bulgaria.La seconda è che invece alla base della sua esclusione ci siano stati dei contrasti insanabili con Diego Armando Maradona, Il 4 maggio 1986 si chiude così l'avventura nell'albiceleste con 70 presense e 22 goal, non pochi per un difensore centrale.
Resta l'unico giocatore non brasiliano o italiano ad aver vinto 2 Mondiali.
LE ESPERIENZE IN ITALIA CON FIORENTINA E INTER
Dopo i Mondiali del 1982 Real Madrid e Roma cercano Passarella, ma alla fine ad aggiudicarsi il forte difensore argentino è la Fiorentina dei conti Pontello, che paga il suo cartellino un miliardo e 600 milioni di vecchie Lire. Nella formazione toscana il capitano del 1978 ritrova il suo connazionale Daniel Bertoni.
In viola Passarella resta complessivamente 4 stagioni, totalizzando 35 goal in 139 presenze, 26 reti in 109 gare considerando soltanto la Serie A. Sguardo torvo, tackle duro e artigli sempre pronti a graffiare la preda, dopo le difficoltà dei primi mesi, legate principalmente al tatticismo del calcio italiano, con De Sisti che ne limita le avanzate offensive, 'El Caudillo' acquista sicurezza e diventa protagonista anche in maglia viola.
Governa con personalità la difesa e segna di testa, su calcio piazzato, con conclusioni potenti o precise, e anche su azione. Il 1985-86 è il suo anno d'oro a livello personale, con ben 11 reti in 29 presenze in Serie A, che gli consentono di superare il record di goal stagionali di un difensore nel massimo campionato, detenuto precedentemente da Giacinto Facchetti (10) e superato poi soltanto da Marco Materazzi, a segno 12 volte nella stagione 2000/01.
Conclusi i Mondiali del 1986, Passarella lascia la Fiorentina, con cui ha ottenuto un 3° posto nel 1983/84, per trasferirsi all'Inter di Ernesto Pellegrini per un miliardo di lire. Proprio ai nerazzurri, nel 1985, aveva segnato una doppietta.

A Milano il rapporto con il tecnico Giovanni Trapattoni è contrastato. Non mancano le incomprensioni con alcuni compagni e qualche avversario che lo accusa di eccessiva durezza. L'8 marzo 1987 al Ferraris, in Sampdoria-Inter, con gli avversari in vantaggio 2-1, si rende poi protagonista di un brutto episodio. Il pallone esce dal campo e un raccattapalle, Maurizio Piana, lo recupera e, come talvolta accade, si attarda nel restituirlo.
Passarella, molto nervoso, scatta, e si riappropria della palla dopo aver sferrato una tacchettata su un ginocchio al ragazzo. Quest'ultimo è subito visitato dai medici e, conclusa la partita, le polemiche impazzano. 'El Caudillo' finisce sul banco degli imputati, e il padre del giovane, Ivo, annuncia la querela contro il calciatore nerazzurro.
Ma martedì 10 marzo, nella casa del raccattapalle, è siglata la pace ufficiale. Passarella stringe la mano del giovane e gli regala una maglia dell'Inter. Il presidente nerazzurro Pellegrini ci aggiunge una borsa di studio da 5 milioni di Lire. Ma la Giustizia sportiva non è clemente: Passarella è infatti squalificato per ben 6 giornate e la società gli decurta lo stipendio.
Daniel il cattivo, dopo il 3° posto del 1986/87, rinnova comunque per una seconda stagione e cerca il riscatto. Ma a metà aprile del 1988 finisce anche fuori squadra perché non accetta che Trapattoni gli preferisca Andrea Mandorlini nel ruolo di libero.
"Trapattoni faccia gli esperimenti che vuole, - dichiara - io in tribuna non ci vado".
Rientra per il derby di ritorno il 24 aprile, e in campo l'Inter è travolta dallo strapotere fisico dei rossoneri, e in particolare dell'olandese Gullit, che segna l'1-0 e con cui ingaggia un duello senza esclusione di colpi.
"Passarella mi rifilò una brutta gomitata in faccia. - ha ricordato di recente Ruud - Poi mi disse: 'Benvenuto in Italia'. Di recente ci abbiamo riso e scherzato, non è che allora quel gesto mi abbia fatto piacere, ma bisogna stare al gioco, anche quando è duro".
Quel derby, perso 2-0 dai nerazzurri, sarà anche l'ultima gara in Italia del 'Caudillo'. Che amareggiato per l'epilogo della sua avventura, farà ritorno in Argentina. Mentre Trapattoni punterà su Mandorlini per le ultime gare della stagione e per l'anno seguente.
L'ULTIMO ANNO AL RIVER PLATE E IL RITIRO
Chiusa prematuramente con 15 goal in 73 gare (9 in 44 presenze in Serie A) l'esperienza nerazzurra, il due volte campione del Mondo chiude la sua carriera con un'ultima stagione al River Plate. A 36 anni abbandona il calcio giocato per intraprendere la carriera da allenatore.
Con 178 reti totali in carriera (22 in Nazionale), è il secondo difensore più prolifico di sempre della storia del calcio dietro all'olandese Ronald Koeman, che comanda con 207 goal. Pelé nel 2004 lo ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 giocatori viventi al Mondo. Duro, talvolta cattivo, ma senza dubbio un vincente e un'icona del calcio argentino.
