GOALIl calcio è lo sport di squadra più semplice di tutti. Può essere giocato ovunque, ad ogni latitudine e temperatura, con le più moderne scarpette o con un pallone fatto di paglia. Una porta creata con due scarpe, una base cosparsa di neve, da Antigua al Sudan, dal Turkmenistan ad Andorra. Dalla singola gara si passa al campionato, dall'organizzazione tra qualche amico ad una federazione che deve controllare ogni singolo, minimo, dettaglio. Il pallone ha frequentatori insospettabili, amanti proibiti, protagonisti inusuali. Viene creato e plasmato ad ogni altitudine. Richiesto da musulmani, ebrei, ortodossi, atei e naturalmente ferventi cristiani che vivono della loro vocazione. Di una chiamata sentita all'improvviso. Anche i sacerdoti si cimentano con il pallone ed alcuni, nella Clericus Cup, ci sanno davvero fare.
I ragazzi della Clericus Cup sono dei giocatori perfetti dal punto di vista dell'età. Come i colleghi professionisti nei vari campionati mondiali, più o meno importanti, hanno dai 18 ai 30 anni, ma a differenza loro non hanno la possibilità di lasciarsi andare in campo a imprecazioni, esultanze sfrenate e storie da copertina. Studiano, infatti, per diventare preti della chiesa cattolica. Vivono a Roma, nella speranza di ottenere un incarico da sacerdote in Vaticano, in Italia o in giro per il mondo. Nelle squadre che partecipano al torneo, considerato il Mondiale della Chiesa - nonostante il torneo non si svolga tra le mura del più piccolo stato del pianeta terra - sono presenti atleti delle più svariate nazionalità, proprio perché all'interno dei seminari, di fatto, studiano nella speranza di diventare ecclesiasti, giovani provenienti da ogni dove. Che spesso sono già divenuti sacerdoti.
L'idea della Clericus Cup nasce nel 2006 dalla mente dell'arcivescovo Tarcisio Bertone, divenuto cardinale tre anni prima sotto il papato di Giovanni Paolo II. Grande tifoso calcistico, tanto da giocare come terzino durante gli anni giovanili e lasciarsi andare a spassionate telecronache durante l'era da arciverscovo di Genova, pensa che un torneo tra i seminaristi possa funzionare. Il suo sogno, neanche troppo nascosto, è quello di creare una squadra capace di arrivare fino in Serie A. Anche le più alte cariche della Chiesa Romana Cattolica sognano la notte: chissà cosa.
Nel 2007, il Centro Sportivo Italiano, la più antica polisportiva del paese, decide di provare ad organizzare una competizione con regole leggermente modificate rispetto al regolamento FIGC e dare via ad un torneo che possa unire fede e sport: educare sul piano culturale, umano e sociale. Pregare insieme. Diventerà realtà con buoni sentimenti e grandi ambizioni, entrando però nel corso del tempo nella più grande della verità: la competizione non ha colore, fede o freni. Quando si vuole vincere, si vuole vincere. Anche tra seminaristi che il mondo vede come perfetti ragazzi senza macchia, peccato e pietra scagliata.
IL REGOLAMENTO DELLA CLERICUS CUP
Si diceva, il regolamento. Di base, il torneo prevede le stesse basiche operazione di ogni partita a calcio a undici. Si gioca con quattro bandierine, due porte, un cerchio del centrocampo, due aree, un arbitro. Un pallone, certo. Un arbitro, ovviamente. La composizione della partita però spunti da diverse altre discipline. Innanzitutto i due tempi non sono composti da 45 minuti l'uno, ma bensì 30. Non essendo calciatori professionisti, e con tempo limitato per l'allenamento, occupato dalle preghiere, le due frazioni sono ridotte. Una specie di torneo estivo, insomma. Nell'articolo 2 del regolamento, l'organizzazione della Clericus Cup ci tiene a precisare, tra l'altro, che oltre ai due tempi da 30', gli atleti sono chiamati ad indossare obbligatoriamente i parastinchi.
Nel primo punto, invece, la Clericus Cup è stata a suo modo avanti nei tempi. Solamente dal 2020, infatti, causa pandemia, le sostituzioni in Serie A, Champions e via discorrendo (non stiamo qui ad annoiarvi) possono arrivare ad un numero di cinque, rispetto alle consuete tre a cui le generazioni si erano ormai abituate. Dal principio, nel campionato dei seminaristi, è possibile effettuare cinque cambi. Vista tale possibilità è possibile portare al campo di gioco, tra titolari e riserve, venti giocatori. Accompagnati da un massimo di quattro dirigenti.
Il pareggio, nella Clericus Cup, non esiste. Altro che tutti felici e contenti e l'importante è partecipare: nel torneo o si vince, o si perde. Davanti ad uno 0-0 o ad un 12-12 al termine dei sessanta minuti previsti, si tirano i calci di rigore per eleggere il vincitore. Chi ottiene la vittoria nei tempi regolamentari torna in seminario con tre punti, chi invece esulta ai rigori ne ottiene solo due. Nel torneo, si perde, ma non per questo si torna a casa sempre a mani vuote: un k.o ai rigori porta comunque un punto in classifica. A differenza di una sconfitta nei 60'.
Punto importante, caso particolare nel mondo del calcio, è quello di poter richiedere un time-out: in ogni tempo i due allenatori ne possono chiedere uno solo, da due minuti. Non è però possibile non avanzare una richiesta di time-out in un tempo per poi averne due a disposizione nell'altro. Per il resto, si viene squalificati dopo tre ammonizioni: solita storia.
IL CARTELLINO AZZURRO
Un capitolo a parte merita il terzo cartellino. Se nel calcio mondiale viene utilizzato quello rosso in caso di espulsione e quello giallo per l'ammonizione, nella Clericus Cup è stato creato quello azzurro per sospendere temporaneamente uno dei ventidue giocatori in campo. L'espulsione dura cinque minuti e viene comminata dal direttore di gara in caso di fallo di mano volontario, da parte dei giocatori di movimento o per opera del portiere fuori dall'area, o in caso di fallo da ultimo uomo. Niente rosso, solo azzurro in questo caso.
COME FUNZIONA LA CLERICUS CUP
La Basilica di San Pietro è un capolavoro architettonico, ma essendo uno dei più grandi edifici al mondo occupa uno spazio considerevole nello stato più piccolo al mondo. Lo spazio per uno stadio, o un campo da calcio, semplicemente non c'è. Per questo motivo il campionato, la Clericus Cup, viene disputata al Campo Pio XI, raggiungibile con una camminata di venti minuti della chiesa probabilmente più famosa del pianeta.
Sgambettano in quel di Roma seminaristi e sacerdoti iscritti a collegi, università, convitti e seminari pontifici: il torneo è composto da sedici squadre, che sono divise in quattro gironi: due di seminaristi, due di sacerdoti. Le vincenti di ogni raggruppamento sono qualificate ai quarti, in campo per qualificarsi alle semifinali e dunque alla finalissima, disputata al Pio XI o allo Stadio dei Marmi, che elegge il campione della Clericus Cup.
La Clericus Cup ha avuto luogo dal 2007 al 2019, prima che la pandemia cancellasse le edizioni 2020 e 2021. Ad ottenere più titoli in questo lasso di tempo è stato il Collegio Urbano, squadra della Pontificia università urbaniana presente al Gianicolo. La più vincente (vittorie nel 2014, 2015, 2017 e 2019) e due sconfitte. Seguono nell'albo d'oro il Redemptoris Mater, che prende il nome dallo stesso seminario, con tre trofei al pari della Pontifical North American College. I nomi scelti per le compagini sembrano uscite da un programma di un festival heavy metal, ma quasi sempre arrivano dal seminario di cui i ragazzi fanno parte.
Nel corso del tempo la Clericus Cup ha ottenuto diversi volti nomi nella sua galassia, tra cui il commissario tecnico Campione del Mondo, Vicente Del Bosque, che nel corso del 2013 registrò un messaggio per schierare la squadra spagnola partecipante al torneo. Prima e dopo ogni match, si svolge la preghiera di gruppo. Ovviamente con le maglie del proprio team indosso: sul campo, fuori dagli edifici religiosi o all'interno delle chiese.
LE POLEMICHE: RISSE E TIFO INDIAVOLATO
Preghiere, abbracci e sorrisi. Sì, come no. Forse inizialmente. Quando c'è di mezzo una contesa, la situazione sfugge di mano. E' umano. Quando nel 2010 il sindacato internazionale dei calciatori accusò l'Italia di limitare la libertà d'espressione, vista la decisione di introdurre la squalifica per blasfemia e bestemmie, il mondo ecclesiastico insorse. La regola voluta dall'allora presidente del CONI Petrucci era sacrosanta. Cit.
Il presidente della Clericus Cup e cappellano del Brescia, Claudio Paganini, avanzò la proposta:
"I nostri giocatori potrebbero fare da tutor a quelli professionisti che bestemmiano: potrebbero insegnargli 99 modi per non farlo".
Alla Clericus Cup non si bestemmia. Ma la rabbia monta in altri modi. Basti pensare a quando, due mesi dopo le parole di Paganini e dalla rivoluzione anti-blasfemia, fece scalpore il match tra i campioni in carica della Redemptoris Mater e l'Università Gregoriana. Un goal fantasma fece scaldare gli animi, prima dell'inferno sul campo.
Kugler, sacerdote tedesco, si rese protagonista di un fallo (simile al famoso calcio di Totti a Balotelli in Coppa Italia) in seguito ad una punizione contestata, battuta all'improvviso e trasformata da Tisato. Una rete convalidata dall'arbitro che mandò su tutte le furie il capitano dei gregoriani Crnjak e lo stesso Kugler, pronto a vendicarsi alla prima occasione utile.
La Clericus Cup, alla sua quarta edizione, si era già trasformata nel calcio che appassiona un paio di miliardi di persone. Sugli spalti i pochi tifosi presenti (amici, famigliari o appartenenti alle varie scuole) avevano ormai cominciato a scandire cori contro gli avversari e i colleghi, mostrando striscioni che probabilmente scandalizzerebbero parecchi appartenenti alla confessione cattolica. Ma che in uno stadio del grande calcio sarebbero probabilmente tra le mani di un bambino.
Il Vaticano decide così di eliminare il proprio patrocinio, preferendo distaccarsi da un torneo oramai 'normale'. Due anni dopo il famoso duello, la Segreteria di Stato della Santa Sede distacca la Clericus dall'ente Chiesa e Sport del Pontificio Consiglio dei Laici. La Clericus viene così considerata diseducativa per i partecipanti e i suoi spettatori (spesso suore). Non per il Cei, la Conferenza Episcopale Italiana, che decide comunque di autorizzare il proprio logo per il manifesto ufficiale della competizione. E così, a voi signori e signori, polemiche. Ovunque, anche in un tale contesto.
La Clericus Cup continua ad essere per molti, un momento di ulteriore aggregazione, anche se nel corso del tempo non è stata rispettato l'iniziale progetto che prevedeva una serie di incontri formativi per i seminaristi sui temi educativi e pastorali inerenti lo sport. E' rimasto un torneo di calcio che attende di rinascere dopo lo stop biennale causa Covid. Riportando i giocatori al cospetto di Papa Francesco, che nelle passate edizioni si è intrattenuto alcuni rappresentanti delle squadre, firmando palloni e casacche degli atleti a mo' di Messi e Maradona. Indossando persino la fascia da capitano, divertito come non mai. Complice anche il suo amore per il San Lorenzo.
Serve aggiungere altro? Il calcio senza confini.
