
Quella del giocatore è una carriera relativamente breve che solitamente si snocciola attraverso quella serie di bivi che poi daranno un senso a tutto. Scelte giuste o sbagliate si accompagnano ad una serie infinita di variabili, comprese quelle partite che possono cambiare per sempre un cammino, o quanto meno renderlo più breve e in discesa.
Quella che il 19 marzo 1996 ha visto protagoniste Bordeaux e Milan è stata una di quelle sfide che ha contribuito in maniera decisiva a modificare il destino di molti dei protagonisti di quella serata.
La compagine transalpina ospita i rossoneri in un Parc Lescure gremito in ogni ordine di posto, per una sfida valida per il ritorno dei quarti di finale di Coppa UEFA. La gara, sulla carta, è di quelle destinate ad entrare in tempi abbastanza rapidi nel dimenticatoio e questo per almeno un paio di ottimi motivi: il Milan si è già imposto con un comodo 2-0 all’andata ed inoltre è semplicemente di un'altra categoria rispetto ad un avversario che nel suo campionato è tra l’altro impelagato nella lotta per non retrocedere.
Quella guidata da Fabio Capello è una compagine semplicemente troppo forte, tanto che quando scende in campo lo fa godendo di tutti i favori del pronostico possibili e immaginabili. In molti pensano che quella francese possa essere solo una delle ultime tappe di un percorso che la porterà poi ad alzare al cielo il trofeo. Sì, perché quella dei rossoneri è una squadra realmente composta per lo più da fuoriclasse, tanto che in molti la vedono come una sorta di ‘intrusa’ in una competizione con la quale ha poco a che fare. Il Milan, a quei tempi, aveva nella Champions League una collocazione praticamente naturale e vederla in Coppa UEFA faceva quasi strano.
Il Bordeaux, che aveva iniziato il suo percorso nel torneo quasi nove mesi prima partendo dall’Intertoto, aveva poco da opporre ma, tra quel ‘poco’, c’erano anche tre elementi dei quali si iniziava a parlare molto bene anche al di fuori dei confini nazionali: Lizarazu, Zidane e soprattutto Christophe Dugarry.
Quest’ultimo era considerato il talento di maggiori prospettive. Era una punta molto forte fisicamente, capace di calciare sia di destro che di sinistro e dotato di ottima tecnica. Non era un bomber, ma era uno di quei giocatori che fanno giocare bene la squadra e che si spendono, creano spazi. Uno, insomma, capace di fare la differenza.
In un Parc Lescure a dir poco rovente, cosa questa in contrasto con un clima non propriamente mite, bastano pochi minuti per capire che i girondini hanno tutta la volontà di giocarsi al massimo le poche possibilità che hanno a disposizione. Trascinati dal loro pubblico, mettono subito la partita sul terreno che potrebbe dargli qualche chance in più: quello fisico.
Il Milan si riscopre quasi sorpreso e ben presto in balia degli avversari nonostante possa contare in campo su campionissimi del calibro di Costacurta, Baresi, Maldini, Desailly e Donadoni, oltre a due Palloni d’Oro come Roberto Baggio e Weah.
Al 14’ il primo momento svolta della gara: apertura verso la sinistra a premiare la corsa di Lizarazu, che con una grande giocata supera di slancio Panucci e mette verso l’area piccola un pallone che Didier Tholot spinge alle spalle di Ielpo.
Zidane, che all’epoca giocava con il 7 sulle spalle, illumina con giocate da autentico fuoriclasse, mentre in attacco Dugarry si batte come un leone. Sono in serata e si vede. E nella ripresa domineranno letteralmente la scena.
Al 64’, proprio ‘Zizou’ batte un calcio di punizione dalla sinistra, il pallone viene deviato in maniera tutt’altro che impercettibile dall’arbitro Cakar assumendo una traiettoria che manda fuori tempo in molti ma non ‘Duga’ che, fatti tre passi all’indietro, di sinistro spara all’angolo opposto. È 2-0.
Il Bordeaux ormai gioca sulle ali dell’entusiasmo e trascinato da 35.000 tifosi che credono nell’impresa e, appena 6’ più tardi, arriverà il momento che farà letteralmente esplodere lo stadio: Zidane si invola verso l’area rossonera accentrandosi dalla sinistra e immagina una linea geniale per favorire l’inserimento di Tholot, la difesa respinge, ma la sfera torna ancora dalle parti di Zidane che in scivolata trova il modo per servire Dugarry che, appena entrato in area, mette il pallone sotto la traversa, lì dove Ielpo non può arrivare. È una rete bellissima che varrà più di un semplice passaggio del turno.
Getty ImagesIl giorno dopo, nel raccontare del crollo inaspettato del Milan, saranno in molti a concentrarsi anche sui gioielli svelati al mondo dal Bordeaux. Lizarazu, Zidane e Dugarry diventeranno tre tra i giocatori più desiderati dell’intero panorama calcistico europeo.
Il primo volerà mesi dopo in Spagna per unirsi all’Athletic Bilbao, mentre per gli altri due si scatenerà una vera e propria asta che vedrà protagoniste anche quel Milan che aveva avuto la possibilità di vederli da vicino come nessun altro e la Juventus.
Tanto il club rossonero quanto quello bianconero vogliono assicurarsi l’intero ‘pacchetto’. C’è l’opportunità di portare a casa due ragazzi appena ventiquattrenni e di grande talento e va sfruttata.
Con il passare delle settimane la situazione assume contorni più definiti: il Milan che aveva già in rosa Baggio e Savicevic vira con maggiore decisione verso Dugarry, mentre la Juventus, su consiglio anche di Michel Platini, decide di andare su Zidane.
“All’epoca tutti volevano Dugarry perché segnava di più, ma io ho detto alla Juve di prendere Zidane. Un giorno l’Avvocato mi chiama e mi chiede: ‘Sei sicuro che abbiamo fatto la scelta giusta?’ Gli ho risposto: ‘Sì, questa è la storia che si ripete’. Quando anni dopo l’hanno venduto per 75 milioni di euro avrebbero potuto ringraziarmi, gli ho fatto fare un ottimo affare”.
In realtà a rendere per il Milan la strada che porta a Dugarry più in discesa, c’è anche un altro particolare non da poco: l’attaccante non ha nessuna intenzione di andare alla Juve e l’ha già rifiutata.
“Sarei potuto andare alla Juventus. La loro volontà era infatti quella di pendere sia me che Zizou, ma mentre lui sarebbe rimasto, io sarei dovuto andare in prestito perché loro avevano già Boksic. Io non volevo essere prestato ed ho risposto che avrei preferito restare a Bordeaux. Loro poi avevano già anche Vieri e Padovano, un esercito di punte. Dopo è arrivato il Milan”.
Le due grandi del calcio italiano si dividono quindi la posta: Zidane va alla Juventus per 7,5 miliardi di lire, Dugarry invece al Milan per circa 6 miliardi. A detta di quasi tutti il vero affare l’hanno fatto i meneghini.
Il club rossonero è infatti riuscito a far suo un attaccante dal quale era rimasto letteralmente ammaliato in quella deludente notte del Parc Lescure e lo stesso ‘Duga’ è a dir poco attratto dalla possibilità di giocare in una delle squadre più forti al mondo.
Nelle idee del Milan Dugarry è un grande talento che avrà tempo e possibilità per crescere alle spalle di Weah, l’attaccante francese però si presenta in Italia con idee diverse.
“Voglio giocare e non ho alcuna paura della concorrenza di George Weah”.
Le prospettive sono quindi importanti, ma quella nella quale è approdato è una squadra che non potrà aiutarlo. Arriva insieme a Davids, Reiziger e Vierchowod in un Milan che, chiusa l’era Capello con la conquista di uno Scudetto, è stata affidata alle sapienti mani di Oscar Tabarez.
Dal ‘Maestro’ tutti si aspettano quel bel calcio che possa voler dire grandi risultati e l’apertura di un nuovo ciclo. Gli ingredienti sembrano esserci, ma il Milan presto si riscopre alle prese con problemi ai quali non era nemmeno lontanamente abituato.
I meneghini non sono in grado di reggere il passo con le prime della classe e in questo contesto anche Dugarry affonda. Inizialmente trova pochissimo spazio e quando gioca solitamente non lascia tracce. Per i suoi primi goal in campionato bisognerà attendere il primo dicembre 1996 e saranno fondamentalmente inutili.
Il Milan si presenta sul campo del Piacenza da nono in classifica e alla fine del primo tempo è sotto di due reti. Nella ripresa Tabarez decide quindi di gettare nella mischia Savicevic e Dugarry e saranno proprio loro a risollevare la squadra. Già al 47’, l’attaccante francese, servito dal ‘Genio’, stopperà di petto in area un pallone proveniente dalla sinistra e con una gran girata accorcerà le distanze. È un goal da centravanti vero.
Al 68’, ancora Dugarry troverà di destro il goal del momentaneo 2-2 riportando il discorso in parità. È una doppietta che potrebbe cambiare l’intero volto della stagione sua e del Milan, ma appena tre minuti più tardi Luiso gelerà il Diavolo con la rete del definitivo 3-2. Sarà questa l’ultima partita di Tabarez alla guida della compagine meneghina.
“Dopo la partita ho annunciato le dimissioni a Galliani. Sto malissimo, ho fatto una scommessa e l’ho persa. Non sono l’unica causa di tutto questo, ma non sono riuscito a sistemare le cose. Ho avuto un Milan diverso da quello ‘mitico’ e avrei dovuto accorgermi subito di questo. Non mi sento tradito da nessuno, sono stato io a fallire”.
Il Milan decide allora di ripartire dall’idea più romantica e intrigante possibile e affida quindi la panchina ad Arrigo Sacchi. La Milano rossonera torna a sognare e le cocenti delusioni lasciano il posto all’euforia, ma basterà poco per capire che di quella stagione è difficile salvare qualcosa.
Sacchi, il tecnico visionario dal quale era partita un’epopea, inizierà la sua seconda avventura all’ombra del Duomo con una sfida destinata a passare alla storia: una clamorosa sconfitta interna contro il Rosenborg che vorrà dire eliminazione dalla Champions League.
In quella che ancora oggi è ricordata come una delle serate più nere della storia recente del Milan, Dugarry segnerà la rete del momentaneo 1-1, ma l’esultanza che ne seguirà sarà uno dei pochi momenti di gioia sportiva che gli riserverà ancora quell’annata. Con Sacchi in panchina, il talento troverà maggiore spazio, ma segnerà solo altri tre goal in campionato: contro Vicenza, Cagliari e Reggiana.
Arrivato per diventare uno degli uomini più importanti di un Milan in fase di ricostruzione, Dugarry chiuderà la sua unica stagione in Serie A con 5 reti distribuite in 21 partite e 970’ complessivi. Troppo poco per meritarsi la conferma.
L’attaccante che in quella fredda serata di marzo del 1996 si abbatté contro il Milan in Italia si è visto solo a sprazzi, tanto che oggi viene ricordato semplicemente come un ‘grave errore’. Il gioiello che andava strappato al Bordeaux era evidentemente Zidane, ma oggettivamente all’epoca non erano in tanti a pensarla così.


