“Ceeeesar Prateeees!”
In fondo, volenti o nolenti, nella percezione generale tutto parte da qui. Da un pallone sparato al volo verso Saturno divenuto ben presto meme, video su YouTube, gif. Juventus-Livorno, 6 novembre 2005: 3-0 per i bianconeri il risultato finale, ma chi è che non si ricorda soprattutto di quel tiraccio? Un gesto tecnico così perfetto nella propria imperfezione da rappresentare in pieno, probabilmente, l'autore: un personaggio – Cesar Prates, appunto – talmente variegato e pieno di sorprese da rasentare il surreale.
Livorno nel 2005/06 e nella prima parte del 2006/07, con successivo trasferimento al Chievo a gennaio. Due stagioni in Serie A, dignitosa la prima e conclusa con un'amara retrocessione la seconda. Con quell'episodio, quella conclusione alle stelle, rimasto nella memoria di tutti e reso celebre dall'inserimento nella rubrica “Vai col liscio” di Mai dire Gol. Una sorte ingrata per il povero Cesar Prates, che qui da noi ricordiamo solo per il pomeriggio del Delle Alpi ma che, nel corso della propria carriera, ha ben altro da raccontare.
YoutubePer dire: lo sapevate che è proprio lui il mentore di un giovanissimo Cristiano Ronaldo, colui che allo Sporting funse da ispirazione per il futuro Pallone d'Oro? Sui calci di punizione, in particolare. Gambe divaricate, respiro profondo, eccetera. Anche se lui giura che di suo, nel successo di CR7, c'è davvero poco.
“Mia moglie mi ha detto che siamo esattamente uguali prima di tirare i calci di punizione, ma non sono stato io a insegnarglielo – ha raccontato Cesar Prates in una vecchia intervista rilasciata nel luglio del 2018 a GOAL - Gli ho soltanto mostrato come lo facevo io... e il suo calcio è migliore del mio. Chi mi ha insegnato a tirare i calci di punizione è stato Dorinho, all'Internacional: 'Metti i piedi qui, fai tre passi, aspetta il momento giusto e fai venire l'ansia al portiere...'. Ho ricevuto tutti questi consigli gratis, quindi li sto trasmettendo gratis. È la mia eredità”.
“Durante le nostre conversazioni, sempre legate al calcio, Cristiano mi ha detto una cosa che non potrò mai dimenticare. Mi ha detto: 'Sarò il migliore del mondo, amico'. Da ragazzo era ossessionato dagli esercizi fisici allo stesso modo mio. E il destino ci ha riunito. Quaresma non ha mai prestato attenzione ai nostri insegnamenti come fece Cristiano”.
Cesar Prates allo Sporting gioca per tre stagioni, dal 2000 al 2003. Esordisce pure in Champions League e in Coppa UEFA, sfidando Milan e Inter. Si tratta dell'avventura più lunga di una carriera da girovago. Con un treno solo sfiorato, senza riuscire a salirci su: il Real Madrid, addirittura. Che nel 1996 lo nota nell'Internacional e decide di puntare su di lui. Cesar però non va oltre il Castilla, la formazione B, e dopo un anno riempie nuovamente le valigie per tornare in patria.
“All'Internacional arrivai a 17 anni grazie alla vendita di una televisione a 14 pollici bianca e nera – ricorda a 'UOL' – Mio padre la vendette per pagarmi il biglietto e mi disse che avrebbe raccolto il resto nel caso fossi dovuto tornare indietro. Ma ero determinato, non sarei tornato. Anche se non avessi passato il provino. Feci il test di lunedì e il martedì ero già approvato”.
“Il Real Madrid ha sempre avuto questa mentalità di comprare giovani calciatori da formare, da prestare, per creare una mentalità europea. Lo 'spirito Real Madrid'. Per cui non è semplice, non è che uno arriva e subito gioca”.
Nonostante la delusione e la repentina fine del sogno Real, Cesar Prates si prende pure il lusso di esordire in Nazionale. Un paio di partite a metà anni Novanta, quando pare promettere più di quanto effettivamente mostrerà, e poi torna nel dimenticatoio. Si fa per dire, perché il suo palmares non è da buttare: vince un paio di campionati in Brasile, con il Vasco da Gama nel 1997 e con il Corinthians nel 1999, e un altro paio con lo Sporting, nel 2000 e nel 2002, in una rosa che in occasione del primo titolo può contare anche sull'italiano Ivone De Franceschi.
Getty ImagesÈ un coringa, Cesar Prates. Ovvero, per spiegarla dal gergo calcistico portoghese, uno che dove lo metti sta. Fa soprattutto il terzino destro, ma lo puoi trovare qualche metro più avanti, in mezzo al campo e pure a sinistra. Per questo piace agli allenatori. E anche per questo il Livorno, che nel 2005 è reduce dalla salvezza conquistata al ritorno in Serie A, decide di puntellare la rosa con il suo arrivo dal Botafogo. Solo un paio d'anni prima militava nel Galatasaray, lottava per il campionato in Turchia. Insomma, un nome ce l'ha.
L'approccio alla Serie A è positivo: Cesar Prates scende in campo 29 volte e, nonostante qualche cross sparacchiato che gli vale gli sbeffeggiamenti della Gialappa's Band, contribuisce al raggiungimento dello storico sesto posto del Livorno – complice la retrocessione in Serie B della Juventus – con conseguente qualificazione alla Coppa UEFA dell'anno successivo. Nel 2006/07 il brasiliano non si ripete: esce dal progetto amaranto, a gennaio si trasferisce il Chievo ma naufraga assieme alla squadra, che all'ultima giornata perde contro il Catania e scende in B.
Più che le esperienze finali di Cesar Prates, condotte in formazioni brasiliane di medio-basso livello, è interessante andare a scovare che cosa sia diventato oggi quel laterale: il pastore evangelico. Un approdo probabilmente naturale per un calciatore che ha sempre avuto la religione come punto fermo della propria vita e che – è accaduto anche nel 1999 dopo un goal a tempo scaduto in un Flamengo-Botafogo – sotto la maglia ne portava un altra con la scritta “Jesus”.
“Pastore non si diventa, lo si è – ha raccontato ancora a 'UOL' – Dio mi ha preparato per diventarlo. Io mi sono attrezzato. Lo sei da quando un uomo, il pastore di una chiesa con la massima autorità, mette dell'olio sulla tua testa e ti dice: 'Ora sei un pastore'. Ma i miei comportamenti erano già quelli di un pastore, anche prima di essere riconosciuto ufficialmente. Lo sono già da sette anni”.
Cesar Prates ha anche un profilo Instagram (Pr. Cesar Prates, dove pr, appunto, sta per pastore) e uno personale di YouTube, attraverso i quali divulga il proprio credo evangelico. Una nuova vita dopo l'altra vita, quella trascorsa a correre dietro a un pallone, tra gioie e sogni infranti. E un tiro al volo divenuto leggenda.
