"Se è stato difficile lasciare il Catania per andare al Palermo? In realtà è stata una scelta presa in maniera convinta, soprattutto per l'entusiasmo e la fiducia che ha dimostrato il Palermo, e perché credo che questa squadra sia in una dimensione più giusta per me": la Sicilia si spacca in due, per l'ennesima volta, calcisticamente, l'11 agosto del 2011. Matias Silvestre capovolge i ruoli: da acerrimo rivale a beniamino. Da beniamino, e capitano, ad acerrimo rivale. Tutto in poche ore.
Del suo trasferimento dal Catania al Palermo rimane traccia tangibile nei gradoni del Massimino, cassa di risonanza perfetta per i fischi dei tifosi rossazzurri (a cui resta pure una fascia indossata al braccio fino a poco tempo prima e gettata via come se nulla fosse) al primo derby disputato in quella stagione, tra l'altro vinto dagli etnei di Montella per 2-0. Non riuscirà a replicare quanto fatto all'ombra dell'Etna, con una società che lo ha prelevato dal Boca Juniors (con cui ha vinto anche un'Intercontinentale) portandolo in Italia: quella in rosanero, però, fu comunque un'esperienza positiva.
Giocava centrocampista, in Argentina: Carlos Bianchi non poteva proprio sopportare l'idea di avere a disposizione un calciatore così forte con la testa in mediana, e magari qualcuno in difesa che non fosse al suo livello. Soluzione: Silvestre davanti al portiere. Intuizione che non piacque molto al giocatore.
"Lui disse che col gioco aereo che avevo, mi vedeva meglio in difesa. Io non volevo accettare, non mi ci vedevo là dietro. Per fortuna mi convinsi. Mi sono adattato subito, quel consiglio è stato determinante per la mia carriera".
Terminata la prima stagione al Palermo, a muoversi è Massimo Moratti, in cerca di un difensore per la sua Inter. Sì: l'Inter, in piena ricostruzione. Un'occasione così capita raramente: prestito oneroso con diritto di riscatto. Per lui vuol dire anche avere la possibilità di giocare in Europa League, dopo averla sfiorata in rosanero (nell'anno del suo trasferimento dall'altra parte della Sicilia, la squadra allora allenata da Pioli venne eliminata ai preliminari).
L'Inter, in quel periodo, non se la passava benissimo. In panchina c'era Andrea Stramaccioni, forte della riconferma della stagione precedente, ma il cambio generazionale in squadra portò più grane che altro. Il campionato, terminato al nono posto, peggior risultato dei nerazzurri in un torneo a 20 squadre, rappresenta solo la punta di un iceberg destinato a far sprofondare il club in un vortice di stagioni non all'altezza del suo blasone.
In questo contesto hai più possibilità: o ti esalti, distinguendoti dagli altri, o ti uniformi al livello. Oppure fai come Matias Silvestre: né bene, né male, aggiungendo al curriculum esperienza importanti (9 presenze in Europa League tra preliminari e sedicesimi) e qualche prestazioni sufficiente. Ironia della sorte, la sua ultima in nerazzurro la gioca al Barbera, di fronte ai suoi ex tifosi: 70 minuti faticosi contro un Palermo che a fine stagione retrocederà in Serie B, in una gara che, però, verrà ricordata per il grave infortunio subito da Javier Zanetti. Non una gran giornata, insomma.
Ad inizio agosto decide di capovolgere i ruoli anche a Milano, spaccando la città in due, calcisticamente: si rimbocca le maniche (molto si può dire di lui, ma non che non abbia carattere), dopo non essere stato convocato per il ritiro da Walter Mazzarri, e si trasferisce al Milan, in prestito, da Massimiliano Allegri. Non gioca praticamente mai (4 partite in campionato), siglando una rete contro il Parma. Poche emozioni, pochissimi ricordi, caratterizzati soprattutto da infortuni.
GettyCambia ancora maglia, questa volta va alla Sampdoria: ritrova Sinisa Mihajlovic, che lo ha già allenato al Catania, e lui rinasce. E' l'inizio di un'esperienza bellissima, quella in blucerchiato: con ogni probabilità la migliore della sua carriera, soprattutto perché "vissuta". Gli screzi con Vincenzo Montella, la risalita con Marco Giampaolo, la fascia da capitano, indossata il 21 maggio 2017.
Da quel momento in poi, però, un continuo peregrinare: prima all'Empoli, con cui retrocede, quindi al Livorno, in Serie B. Nella passata stagione ha giocato in Belgio, al Mouscron, e adesso è tornato in Italia, alla Virtus Entella, in Serie C. Ha sfiorato la Nazionale italiana, proprio nel suo periodo tra Catania e Palermo.
"Ho tanta passione per questo sport e mi metto in gioco in una categoria dove non ho mai giocato", ammette dopo il suo ritorno in Liguria. Compirà 37 anni a fine settembre: in carriera ha vinto anche una Libertadores, un trofeo non comune. Ne va fiero, come del resto di ciascuna esperienza vissuta in carriera: quelle positive e quelle negative. E due derby, quello di Sicilia e quello di Milano, giocati sul campo e vissuti visceralmente da protagonista. Non un tipo qualunque.
