Bisogna proprio essere matti per immaginare una partita tra una squadra di Serie C e una delle più importanti formazioni della storia del calcio mondiale: a Catania, evidentemente, lo sono stati a tal punto da alzare la cornetta e organizzarla, una gara del genere. Trascendendo ogni genere di confine, sia quello geografico, sia quello categorico-calcistico: annullando le differenze, trasformando uno stadio nel più alto teatro dei sogni, giusto per qualche ora.
Scavando nei ricordi di un catanese, gli anni appena precedenti al 1993 non sono altro che un cumulo di macerie scagliate violentemente su altre macerie, preludio ai campi polverosi e al pericolo della scomparsa dai radar del calcio italiano: nel post “Italia ‘90”, con un movimento che si stava velocemente rinnovando al sopravanzare, in lontananza, delle concessioni TV e del pay per view, e con l’inizio della nuova era, fedele al passato almeno quanto pronta a strizzare l’occhio a uno sport legato sempre più a miti e merchandising, Catania stava lì, sospesa, tra un proclamo e l’altro, ad aspettare il suo turno, invano.
Dall’ '87, il Calcio Catania non si discosta molto dalle vicende sociali che riguardano la sua città: appena retrocessi dalla Serie B, i tifosi animano con vigore sempre più intenso la polemica attorno alla figura di Angelo Massimino, tanto da costringerlo metaforicamente e concretamente a cedere la società. Dietro la storica decisione di ritirarsi, formalizzata il 30 ottobre, c’è molto di più: il sentimento di stanchezza di un intero popolo che da “Milano del Sud” aveva più volte provato a presentarsi al ballo “delle più grandi”, persino calcisticamente, salvo poi ricredersi “ospite” di una sera, e poco più.
Il ritorno alla dimensione terrena è il contraltare peggiore dei sogni: e questi, per essere alimentati, hanno bisogno di promesse. A Massimino succede una cordata di imprenditori con a capo Angelo Attaguile, allora presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania, e che comprendeva, tra gli altri, Franco Proto, Mario De Luca e Vincenzo Grasso. Pur con la benedizione di Pippo Baudo, che si disse “molto contento” dell’addio di Massimino, e con i proclami di un “grande Catania” all’orizzonte, nulla poté salvare la squadra rossazzurra dal torpore calcistico.
Quattro stagioni più tardi, nel ‘91, il club è ancora in Serie C1, senza aver mai superato il sesto posto in classifica: e, soprattutto, di quel “grande Catania” promesso è rimasto solo il “grande”, rapportato al rischio di liquidazione della società. Non fallirà: anzi. Vivrà diverse notti da sogno, tra il 31 gennaio e il 18 febbraio del 1992. L’allora dirigenza rossazzurra decide, un po’ per dare una scossa, un po’ per rivitalizzare un ambiente assopito dalle recenti esperienze calcistiche, di ripristinare il torneo amichevole “Trofeo Sant’Agata” (intitolato alla santa patrona della città): a partecipare, oltre al Catania, sono chiamate Stoccarda, PSV Eindhoven e Ajax. In altre parole: quelli che a fine stagione sarebbero stati, rispettivamente, i campioni di Germania e Olanda e una colonna portante del calcio europeo, nel segno di Johan Cruijff. Niente male.
La squadra di Giuseppe Caramanno (dimessosi dopo due turni di Coppa Italia e dopo aver definito la società “debole”, salvo poi tornare alla sesta giornata di campionato) pareggia 0-0 contro lo Stoccarda, quindi perde contro il PSV per 0-1 con la rete di Juul Ellerman. Il 18 febbraio ’92 è un martedì piuttosto rigido, ma non importa: all’allora Cibali c’è l’Ajax, ma non certo il gran pienone (saranno 4mila i tifosi presenti). Corre voce che tra quei giovani in maglia biancorossa ce ne sia qualcuno destinato a fare le fortune di club più grandi: nel Catania c’è chi ha giocato in Serie A, vero, ma la sensazione è quella di trovarsi al cospetto di giocatori inarrivabili.

La formazione iniziale dell’Ajax di Louis van Gaal lascia poco spazio ai sogni: van der Sar, Blind, van As, Groenendijk, Jonk, Alflen, Davids, van Loen, Willems, van 't Schip e Bergkamp. Non tutti ancora titolarissimi, ma presto, comunque, sulle pagine delle più importanti riviste internazionali. “Sembravano giganti. Io avevo giocato in Serie A, quindi sapevo come potevano essere fisicamente, ma l’Ajax era impressionante: erano tutti asciutti, altissimi. Per qualcuno di noi erano degli extraterrestri, diciamo: li avevamo visti e sentiti alla TV, e basta. Trovarseli davanti è stata tutta un’altra cosa”, spiega a Goal.com ItaliaLoriano Cipriani, attaccante del Catania tra il 1989 e il 1993.
In un tempo il risultato è già deciso. Al vantaggio etneo conquistato al 28’ segue il raddoppio al 39’: 2-0, tra lo stupore generale. Entrambi i goal portano la firma proprio di Cipriani, uno dei giocatori più rappresentativi del Catania di quegli anni, protagonista di quella notte. Edwin van der Sar, nella sua carriera, di rigori ne ha parati parecchi, alcuni decisivi: nel 2008 respinse il destro di Nicolas Anelka, ad esempio, portando la Champions League a Manchester, sponda United. Sedici anni prima, però, dovette arrendersi a un ragazzo trentenne con la maglia rossazzurra addosso: “Fare due goal a van der Sar, per una squadra di Serie C… insomma, eh”, racconta l’attaccante ex Lecce ed Empoli tra le altre. “Copriva tutta la porta. Quando apriva le mani lasciava trenta centimetri per lato: fu una soddisfazione immensa”: rincorsa dagli undici metri e palla in rete. Uno schiaffo alla storia.
Per il Catania quello fu uno degli ultimi sussulti di un periodo assai difficile, che però non aveva ancora vissuto il momento più buio: il ritorno di Angelo Massimino (benedetto, anche in questo caso, ma in totale controtendenza rispetto al passato, da Pippo Baudo) non bastò a frenare il vortice degli eventi culminato nel 1993, anno in cui il club rossazzurro venne spedito in Eccellenza.

Per l’Ajax, invece, e per la nuova generazione di talenti Orange, il ‘92 fu l’inizio di una serie di successi che portarono il gruppo di van Gaal alla vittoria della Champions League nel ’95, contro il Milan: alla fine di quella stagione, conclusa al secondo posto dietro al PSV, i lancieri sfidarono il Torino in finale di Coppa UEFA, riuscendo a conquistare il trofeo con un doppio pari (2-2 all’andata e 0-0 al ritorno) segnato dalla protesta di Emiliano Mondonico e dalla sua sedia levata al cielo di Amsterdam.
“Vedendo che poi qualche mese dopo andarono a vincere la Coppa UEFA e noi li battemmo, ci siamo detti: siamo riusciti a battere una squadra del genere e non si riesce a far meglio in campionato?”: ma il calcio non è fatto solo di momenti estemporanei. È fatto di tanto altro: sostanza che va a sbattere contro il muro dei problemi societari, a volte, superando, però, quello dei pronostici, nettamente. “Prima di scendere in campo ci siamo detti: ‘Andiamo a divertirci, vediamo il massimo che possiamo fare e cerchiamo di beccarne il meno possibile’”, racconta Cipriani. “E invece quel Catania-Ajax fu tutta un’altra partita”: e una lucida follia, una delle più strane della storia del Catania, da raccontare ai figli e ai nipoti. A generazioni intere.
IL TABELLINO
2 febbraio 1992
CATANIA-AJAX 2-0
MARCATORI: 28' Cipriani (C), 39' Cipriani (C) su rigore
Catania: Grilli (46′ Rizzo), Colasante (46′ Salvadori), Caini (70′ Ferrara), Caliari, Dondoni, Del Vecchio (46′ Sciuto), Marchetti (77′ Russo), Vanzetto (38′ Mattei), Romano (46′ Pelosi), Palmisano (46′ Rigano), Cipriani (46′ Gianguzzo). Allenatore: Caramanno.
Ajax: Van Der Sar, Blind (46′ Silooy), Alelen (75′ Petterson), Jonk, Van As, Willems, Van’t Schip (46′ Petersen), Graenendyk, Van Loen, Bergkamp (46′ Winter), Davids. Allenatore: Van Gaal.




