Al Real Madrid non ci passi per caso: poi va come deve andare, e su questo non puoi farci nulla. Non è il caso di Danilo, che due Champions League con i Blancos le ha vinte, prima di trasferirsi al Manchester City. Altro "luogo calcistico" per nulla casuale.
Danilo non ha lo strappo classico di chi, nei Top Club, butta giù gli avversari trasformando l'azione da difensiva a offensiva come, d'altronde, stilisticamente non è un giocatore che ruba l'occhio, pur essendo un brasiliano. Meno Joga Bonito, in azione, più classe. Non è Dani Alves, non è neanche Maicon: è un ragazzo estremamente intelligente, però. E no, ritornando al caso: non capita per chissà quale coincidenza che Zinedine Zidane e Pep Guardiola costruiscano su di te parte del loro progetto tecnico vincente. Lo guadagni con lavoro e sacrificio.
E' differente. Semplicemente differente: nato in un comune di meno di 20mila anime, Bicas, forgiato calcisticamente a Belo Horizonte, nell'America Mineiro: gioca a destra e sinistra. Il viso apparentemente truce dice tutto: a lui non importa più di tanto.
Una fetta importante della sua storia è raccontata dal destino, riassunto nel colpo di testa che ha permesso alla Juventus di conquistare un punto fondamentale contro l'Atalanta al Gewiss Stadium, in extremis. Che, poi, potrebbe anche essere una delle tante definizioni perfette per la sua carriera: "in extremis", schierato a sinistra. "In extremis", schierato centrale. "In extremis", schierato regista o mediano: semplici, ma distinte interpretazioni dello stesso ruolo.
"Danilo mediano è stata una piacevole sorpresa: è un punto di riferimento, tiene palle e copre", ha spiegato Massimiliano Allegri a DAZN, analizzando la scelta di schierarlo a centrocampo contro la Salernitana.
Il primo a pensarci seriamente è stato Andrea Pirlo, nella scorsa stagione, contro la Lazio. Sì, insomma: mica uno qualunque. Uno che in quella porzione di campo ha disegnato linee impensabili e invisibili all'occhio umano.
"Non ho avuto dubbi, lui ha le qualità per fare questo ruolo. Ho pensato a Danilo, giocatore intelligente che sa giocare a due tocchi, si posiziona bene con il corpo e soprattutto che conosce il calcio", raccontava l'allora allenatore bianconero.
E così "fu", rispolverato dal cassetto dei ricordi da Allegri nel momento cruciale di una stagione che Danilo ha condotto da leader vero della Juventus, anche nelle difficoltà. Perché dietro ai sorrisi si nota la serietà di un uomo, ancor prima che calciatore, che alla maglia bianconera è legato da un'indissolubile e reciproca fiducia.
"Come ho detto l'altro giorno, dovevamo solo chiedere scusa e migliorare".
Ribadendo un concetto già espresso dopo l'eliminazione dalla Champions League contro il Villarreal, Danilo ha toccato in pochi istanti le corde dell'animo bianconero e di tutto ciò che rappresenta quella casacca. Lavoro, sacrificio, storia.
L'ultimo sguardo, quello disinvolto, è metaforico: volge al passato, a quando è stato scambiato con Joao Cancelo, sollevando i dubbi di molti. Li ha risolti, mettendosi a disposizione ovunque, non solo calcisticamente, quanto umanamente. "Alla Juve non sono mai fuori ruolo": ha ragione, ma in tutti i sensi.


