Nazionale tedesco, cittadino del mondo. Nato in Polonia, cresciuto in Germania, diventato un globetrotter. A tutti gli effetti. Forse è la definizione meglio calzante per lui. Addirittura prima di calciatore. Anche se in campo Lukas Podolski ci sa ancora fare. All’Antalyaspor non è stato più un protagonista assoluto in termini di rendimennto: gli infortuni patiti negli ultimi anni al Vissel Kobe, in Giappone, e all'Antalayaspor, in Turchiasi sono fatti sentire. Il chilometraggio è alto: 37 anni, metà dei quali trascorsi in campo.
Comunque, per il post carriera, i dubbi sono pochi: Podolski è già un imprenditore e si divide tra vestiti, gelati e kebab. Tutto, ovviamente, nella ‘sua’ Colonia. La città per la quale batte il suo cuore tedesco. Perché Lukas - nato Lukasz a Gliwice, prima che la ‘z’ scomparisse a due anni col trasloco sull’alto Reno - di cuori ne ha due, per sua stessa ammissione: l’altro è quello polacco.
La storia lo ha portato a diventare il terzo miglior marcatore della Mannschaft e sul gradino più basso del podio anche per presenze - dietro soltanto a Matthäus e Klose. Ha anche segnato il goal più veloce nella storia della Nazionale. Soprattutto ha partecipato a 7 grandi tornei, diventando Campione del Mondo nel 2014. Il punto più alto di una carriera che ha visto proprio nella Germania la sua massima espressione: 130 presenze, l’ultima delle quali a marzo 2017 a Dortmund contro l’Inghilterra. Segnando, da capitano. E sventolando la bandiera di Colonia.

Non male per uno che nel 2003, dopo gli esordi con l'effzeh, era stato snobbato dall’allora Ct polacco Pawel Janas, adirato dai media che spingevano per una chiamata.
“Oggi abbiamo degli attaccanti molto migliori di lui, non vedo motivo di convocare uno che è ha giocato una o due partite buone in Bundesliga. Non è neanche un titolare nel suo club”.
La storia la cambiò Rudi Völler: lo ha fatto esordire il 6 giugno 2004 e se l’è portato anche all’Europeo una settimana dopo, a 19 anni. Al Mondiale 2006 era già titolare, segnando anche una doppietta alla Svezia agli ottavi. Titolare anche a Euro2008, quando all’esordio incrociò il cammino con la Polonia: altra doppietta. Questa volta senza esultare, arrivando quasi alle lacrime. Per poi andare a fine partita sotto la curva polacca, buttandosi in tribuna, abbracciando papà e famiglia.
“Il mio sangue non si cambia. Io ho due nazionalità: quella del cuore è dove sono nato, quella calcistica è tedesca”.
Proseguirà con la Nazionale fino a 32 anni, fino a prima di lasciare il calcio europeo. Da fedelissimo di Löw, da veterano, quasi da assistente. Con statistiche da record. Numeri da qualcuno ritenuti eccessivi per la carriera che Podolski ha avuto a livello di club. Ha iniziato a 18 anni nel Colonia, retrocedendo due volte in tre anni, poi dal 2006 al 2009 è stato al Bayern. Arrivato da ‘Prinz Poldi’, se n’è andato da flop. Tornando a casa, all’effzeh.
Al suo acquisto in quell'occasione contribuì anche Michael Schumacher. Il club creò un mosaico con il volto di Podolski: ogni tifoso poteva acquistare una o più tessere a 25 euro l’una. L’obiettivo era guadagnare un milione di euro. Mosaico completato anche grazie all’apporto del campione di Formula 1, che ne comprò 35.

Lukas tornò a segnare e a brillare, si guadagnò la chiamata dell’Arsenal. Dove ha lasciato il segno. Ancora oggi molti compagni nelle interviste ricordano il suo tiro potentissimo. Oltre al suo sorriso e alla sua allegria che lo hanno sempre accompagnato. Almeno per i primi due anni, perché poi a metà del terzo - la stagione dopo aver vinto il Mondiale - il sorriso iniziò a spegnersi. Lasciò Londra per l’Inter a gennaio. Prestito secco. Esordio in Juve-Inter e un’occasione mancata. In generale, non andò come sperava: solo 8 gare da titolare, un goal. Un errore, lo ha definito in seguito.
“È stato un errore andare all'Inter senza obbligo di riscatto. Nel calcio esistono periodi in cui non tutto va in maniera ottimale. Non si gioca spesso da titolare e bisogna imparare ad accettare le decisioni e lavorare su sé stessi”.
Il giugno seguente è volato in Turchia, dove in due anni è diventato un idolo del Galatasaray: merito di 34 goal in 75 partite, 5 dei quali in una partita di coppa e uno, sempre in coppa, in finale contro il Fenerbahce per decidere un derby di Istanbul con un trofeo in palio. In Turchia ci è tornato nel 2020, dividendosi tra Antalya e Colonia: nella prima ha il pallone, nell’altra il cuore, la famiglia. E il post-carriera.
Da ogni esperienza, Podolski ha tratto qualcosa. Ha sempre riconosciuto di essersi arricchito a livello culturale, ha stretto amicizie. Quando giocava nel Vissel Kobe in Giappone, ad esempio, ha conosciuto il sumo, grazie ad Hakuho Sho, considerato il migliore nella sua specialità. Ha anche ‘combattuto’ con lui. Si è calato nella realtà giapponese, come aveva fatto in Inghilterra, in Italia, in Turchia. Conosce culture, le fa proprie. E le trasforma in attività, da vero imprenditore.
SocialA Londra, ad esempio, ha conosciuto la moda: da giovane collaborava con Adidas alla linea di vestiti LP10, poi nel 2015 ne ha iniziata una sua. Si chiama ‘Strassenkicker’, letteralmente calciatore di strada, è attiva in tutto il mondo. La sede però è a Colonia, in una delle piazze principali della città: una piccola porta tra i bar e le birrerie, un negozio piccolo, poche mensole e pochi capi esposti, con appesi palloni firmati, maglie, fotografie.
Dall’esperienza italiana, invece, la passione per il gelato. Quella che è diventata ‘Ice Cream United’, la gelateria: ha due sedi in città, la prima aperta nel 2017. All’interno i menù ricalcano il layout della ‘Gazzetta dello Sport’, che diventa ‘Gazzetta del Gelato’. E con un po’ di fortuna si può trovare anche lo stesso Podolski dietro al bancone.
Il passaggio in Turchia invece gli ha lasciato la passione per il kebab. Nel gennaio 2018 ha così aperto 'Mangal Döner', il suo chiosco di doner kebab. Un’istituzione in città, visto che la coda è una costante, nonostante si trovi fuori dalla zona principale e più trafficata del centro.
La vera istituzione, però, è lo stesso Podolski. Uno che per Colonia ha anche prodotto una canzone, ‘Liebe deine Stadt’, letteralmente ‘Ama la tua città’. Che ci sta aprendo un centro sportivo, che fa beneficienza tramite la sua fondazione aiutando i bambini in difficoltà. Uno che al RheinEnergieStadion, lo stadio di Colonia, ha un tour dedicato, che si chiama ‘sulle orme di Podolski’. Orme che vanno dalla Turchia all’Italia, dal Giappone alla Polonia. Sempre con Colonia nel cuore.
E, 'dulcis in fundo', uno che ha deciso di darsi anche all'hockey per salvare il suo club preferito: il Kölner Haie. 'Poldi' ha mantenuto una promessa fatta per salvare la squadra dal fallimento, ovvero quella di darsi alla nuova disciplina nel caso in cui l'Haie fosse riuscita a vendere 100mila biglietti virtuali.
"Sono molto felice, grazie a tutte le persone e alle aziende che ci hanno aiutato. Non vedo l'ora di diventare un loro giocatore".
Per ora, comunque, si considera ancora un calciatore: dalla scorsa estate è tornato in Polonia, al Gornik Zabrze. Qualunque sia il suo futuro: non è ancora finita. A 37 anni Poldi ha voglia di stupire ancora.
