Pubblicità
Pubblicità
Diaz Guardiola HD\GOAL

La notte di Brahim Diaz: il Manchester City, i Guardiola e le occasioni mancate

Pubblicità
Archivio Storie

Tornando indietro, di qualche anno, viene in mente quando ha iniziato la stagione 2021/22 portando sulle spalle la gloriosa maglia numero 10 del Milan, succedendo ad Hakan Calhanoglu. Una soluzione, quella del prestito dal Real Madrid per due anni, dopo aver offerto ottime prestazioni l'annata precedente. Ha vinto uno Scudetto in rossonero, poi è cresciuto ulteriormente.

Ed è tornato a Madrid, per chiudere il cerchio. Brahim Diaz sta vivendo la sua consacrazione, con un curriculum che vanta anche il Manchester City, sotto Pep Guardiola, come esperienza. Anche se tra le tre avventure è stata sicuramente quella meno memorabile e più complicata della sua giovane, ma movimentata carriera.

Sangue andaluso, nato e cresciuto a Málaga. Lo chiamavano ‘Messi di Málaga’ per le sue caratteristiche e anche per la sua ispirazione, che era proprio Leo. Non aveva il suo poster in camera, c’era posto solo per quello di Oliver Hutton, un cartone animato. Di madre iberica e padre marocchino, Brahim è cresciuto nella periferia della città e si è trasferito in Inghilterra a 15 anni per entrare nell’academy degli Sky Blues, sempre attentissimi allo scouting a livello europeo e non solo. Talenti da crescere in casa e portare gradualmente fino alla prima squadra. Gli osservatori ci avevano visto bene, visto che a 16 anni lo spagnolo già giocava e segnava in Youth League. E a proposito di precocità, ha anche un campo che porta il suo nome nel centro sportivo della sua prima squadra, il Tiro Pichon.

Nemmeno diciottenne è arrivato nell’Under 23, nella Premier League 2, giocando una stagione da protagonista, chiusa al secondo posto dietro soltanto all’Everton. Tra i suoi compagni c’era anche Jadon Sancho, che a fine anno se ne sarebbe poi andato al Borussia Dortmund per iniziare un percorso che oggi lo ha portato ad essere una superstar affermata, con un anno in meno di Brahim.

Lo spagnolo ha fatto una scelta diversa, è rimasto al Manchester City per giocarsi le sue carte. Sembrava arrivato quel momento, quello del salto di qualità, della prima squadra. Aveva già esordito a settembre 2016 in Coppa di Lega, poi nel novembre 2017 in Champions League. Si divideva ancora tra prima e seconda squadra, sognando una promozione definitiva che, nei fatti, non sarebbe mai arrivata.

Brahim Diaz Manchester City 2018-19Getty Images

Ad allenare la prima squadra, ovviamente, Pep Guardiola. Uno che il suo percorso lo conosceva bene. Lo aveva seguito sin dai primi passi. Qualche anno prima, lo aveva consigliato al Barcellona. Il club lo ascoltò, ma non riuscì a portarlo in pianta stabile nella Masìa, nonostante un precontratto firmato da papà Abdelkader - che per inciso è anche il secondo nome di Brahim - che il Málaga è riuscito a invalidare per metterlo sotto contratto.Gli avevano promesso un esordio nella Liga a 16 anni, ma nella città andalusa è rimasto poco a giocare. Era in età da Under-14, ma giocava i tornei con l’Under-19 e spesso si allenava anche con la prima squadra. Precocità. doveva volare a Manchester. Dove lo ha portato Manuel Pellegrini, ma dove ha poi trovato Guardiola.

“I club non vengono da noi - spiegava il direttore dell’academy del Málaga Casanova a Goal - ma vanno dai genitori, per comodità loro. Abbiamo provato a offrirgli obiettivi sportivi, economici, titolarità, crescita, ma non potevamo competere con il City”.

E a proposito di nomi grossi: per le sue caratteristiche si era guadagnato anche paragoni con David Silva. Impossibile che Pep non se ne innamorasse. Eppure, lo spazio in prima squadra è sempre stato poco. E in più c’era la questione contratto in scadenza, un rinnovo sempre più lontano e uno spazio che non si apriva.

Per Brahim non era facile competere con i vari Sané, Sterling, Bernardo Silva, De Bruyne, Mahrez e via dicendo. Un affollamento di qualità nel quale Guardiola aveva già deciso di inserire gradualmente Phil Foden, definito da lui stesso “il miglior talento che abbia mai allenato”, in barba a un certo Messi. Non aveva mollato Diaz, che da due anni intanto era entrato a far parte del ciclo dell’Under 21 della Spagna che avrebbe poi vinto Euro 2019 in Italia (lui non ci sarà per un infortunio).

“Il caso è semplice: vogliamo che resti, vogliamo farlo rinnovare per altri quattro o cinque anni e faremo tutto il possibile per farlo rimanere, ma è tutto nelle sue mani. O resta, o va via”.

Le dichiarazioni di Guardiola hanno messo Brahim di fronte a una scelta. La sua speranza era quella di poter giocare sempre di più. Dall’altra parte spingeva un altro Guardiola, Pere. Che di Pep è nientemeno che il fratello. Direttore della Media Base Sports, agenzia che cura gli interessi del classe 1999. E che voleva portare Brahim Diaz al Real Madrid, tanto da aver già iniziato le negoziazioni nell’autunno del 2018, visto il contratto in scadenza a giugno 2019. Brahim si è trovato preso tra due fuochi, anzi, tra due fratelli. Con Pere che aveva ottimi rapporti con la Casa Blanca.

L’1 novembre 2018 il ‘Messi di Málaga’ vissuto la sua miglior notte da giocatore del Manchester City, in Coppa di Lega Inglese contro il Fulham. Ha giocato titolare e si è preso la scena. In mezzo a Gabriel Jesus, Foden, Sané e De Bruyne, è stato lui a realizzare la doppietta che ha portato il City a passare il quarto turno.

Gli abbracci con Guardiola - Pep, s’intende - lasciavano presagire un futuro diverso, qualche occasione in più. Invece in Premier League non ha visto nemmeno la panchina, in Champions League invece ci è finito un paio di volte senza però riuscire ad accumulare altri minuti. Al contrario della stagione precedente, dove si era ritagliato tre spezzoni (uno dei quali agli ottavi di finale).

A gennaio, così, la partenza. Nonostante pochi mesi prima avesse dichiarato di voler rimanere e imparare dai migliori. Alla fine se n’è andato al Real Madrid, a gennaio 2019, per 17 milioni di euro. Voltando le spalle a Pep, seguendo Pere. Peraltro con una clausola anti Manchester United: in caso di cessione ai Red Devils, il 40% del prezzo del cartellino finirebbe nelle tasche del City. Il Real Madrid era rimasto particolarmente colpito da un goal segnato in un’amichevole pre stagionale nel 2017, oltre che dalle sue prestazioni nelle giovanili della Spagna e del City.

"Come ho detto molte volte, non voglio gente che non vuole stare qui - ha messo in chiaro il tecnico - Abbiamo fatto con Brahim tutto quello che abbiamo fatto con Foden e Sancho ma l'unico che ha deciso di rimanere è Foden. Gli auguro tutto il meglio, il Real Madrid non e' un brutto passo per la sua carriera e spero che abbia i minuti che vuole”.

Dopo la sua cessione, Pep aveva anche spinto per la creazione di una Premier League 2 più competitiva, che non riguardasse solo i giovani, con seconde squadre più forti e con giocatori più pronti.

Oggi è tornato al Real Madrid. Lo stesso Real che, in Champions League, incontra i "campioni di tutto" del Manchester City. Un ritorno al passato e la perfetta chiusura del cerchio, affrontando Pep. Colui che lo ha cresciuto, ma che non ha mai avuto l’occasione per lanciarlo.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0