Dal 1965 ad oggi, l’albo d’oro dell’Eredivisie è stato dominato soprattutto da Ajax e PSV Eindhoven, con qualche inserimento del Feyenoord. Soltanto in tre circostanze nessuna delle top 3 è riuscita ad alzare lo Schaal a fine stagione: l’ultima ad interrompere il tripolio sull’asse Amsterdam-Eindhoven-Rotterdam è stato il Twente nel 2010, mentre l’AZ Alkmaar era riuscito nel miracolo per la prima volta nel 1981 e per la seconda volta nel 2009. Quest’ultimo trionfo, in particolare, viene ricordato come una delle più grandi sorprese del calcio europeo in tempi recenti. Anche se forse, una volta svelato il nome del deus ex machina dietro quel successo, la sorpresa scemerebbe un po’.
LA COSTRUZIONE DEL SUCCESSO
Louis van Gaal aveva vinto tutto. Champions League, campionati nazionali, altre coppe internazionali. Sia con l’Ajax che con il Barcellona. Aveva già consolidato il suo status di allenatore di livello mondiale, insomma. Eppure, il richiamo della sfida dell’AZ, nel 2005, era forte. Vuoi perché era stata l’ultima squadra della sua carriera da giocatore, vuoi perché il suo percorso da allenatore era iniziato proprio lì. Vuoi perché il progetto della proprietà era ambizioso. Aveva deciso di provare a rimettere sulla mappa del grande calcio quella cittadina di neanche centomila abitanti in cui era stato più che altro di passaggio.
Al suo arrivo, van Gaal ha trovato una squadra in rilancio dopo gli anni bui trascorsi a cavallo della fine degli anni ’80 e i ’90. Veniva da un terzo posto e da una semifinale di Coppa UEFA. Ambiva ad avvicinarsi al top, ma doveva fare i conti con una delle migliori versioni di sempre del PSV Eindhoven. Non aveva ancora consolidato il proprio status di ‘big’, ma lottava seriamente per il titolo. Nel 2007 lo avrebbe perso solo all’ultima giornata in una lotta a distanza con PSV e Ajax.
Le prospettive di crescita c’erano. Complice la pressione di van Gaal, la dirigenza aveva iniziato ad effettuare investimenti importanti, acquistando i migliori giovani in circolazione sul panorama dell’Eredivisie e anche andando a pescare in mercati meno esplorati, dall’Argentina al Messico, fino addirittura all’Italia.
GettyNonostante gli ingenti costi dovuti alla costruzione del nuovo stadio, inaugurato nel 2006, la campagna acquisti estiva del 2007 costò al presidente Dirk Scheringa oltre 30 milioni di euro, solo parzialmente finanziati da alcune cessioni importanti come quelle di Koevermans e Steinsson. L’AZ si rifece il look all’attacco spendendo 15 milioni per Mounir El Hamdaoui dal Willem II, Graziano Pellè dal Lecce e Ari dal Kalmar. Nella stagione 2006/07 in tre avevano totalizzato appena 14 goal.
La stagione, comunque, fu una grossissima delusione. Vuoi per l’inesperienza, vuoi per le troppe novità, l’AZ chiuse all’11° posto, con un misero bottino di 43 punti in 34 partite e un -5 di differenza reti, con più sconfitte (13) che vittorie (11). Non fu nemmeno in grado di entrare nel playoff per l’Europa. Nella stagione precedente era arrivato a 3 punti dal PSV campione. A maggio 2007, invece, i punti di distacco furono 29. Eppure, nonostante ciò, la campagna estiva stavolta non fu nulla di faraonico. Anzi. Solo alcuni aggiustamenti. Sarebbero stati più che sufficienti.
LA CAVALCATA TRIONFALE
Forse neanche van Gaal ci credeva, visto che si parlava di un suo possibile addio nella primavera del 2008. Sarebbe rimasto soltanto grazie all’opera di convincimento esercitata dagli stessi giocatori. Le prime due partite della stagione 2008/09 furono in linea con quelle dell’anno precedente. Ovvero: due sconfitte, amare, contro il NAC Breda e con l’ADO Den Haag. La svolta sarebbe arrivata alla terza giornata, all’AFAS Stadion: 1-0 contro il PSV Eindhoven, con un dolce pallonetto di Martens nei minuti finali. Una vera e propria svolta, anche tattica: van Gaal aveva deciso di lasciar stare la sua idea di calcio spettacolare, ma affidarsi al pragmatismo. Difesa, contropiede. Sarebbe stato l’inizio di una lunghissima cavalcata trionfale.
Nel giro di poche giornate, l’AZ finì per trovarsi in vetta e condurre un campionato di testa, con le big in grossa difficoltà nel tenere il loro passo. Ci provava il Twente di Huub Stevens, che sarebbe diventato campione l’anno dopo, ma il divario tecnico era troppo ampio. Dopo un pareggio per 1-1 sul campo del Vitesse, le ‘teste di formaggio’ inanellarono una serie incredibile di vittorie ‘a zero’, senza subire nemmeno un goal per 957 minuti, record tuttora imbattuto. Un’eternità per un campionato prolifico come quello olandese.
La terza sconfitta stagionale sarebbe arrivata soltanto alla 31esima giornata, quella buona per festeggiare un titolo vinto alla fine con 11 punti di distacco sulle inseguitrici. Un dominio pressoché assoluto e impareggiabile, con una serie di 28 gare senza mai perdere e 22 clean sheet totali. 66 goal segnati, solo 22 subiti. Un successo impronosticabile: il ‘Guardian’ racconta che nessuno degli esperti della tv olandese nel classico sondaggio di inizio stagione aveva previsto quella vittoria. Lo davano in media tra il quinto e il sesto posto. E invece.
“Abbiamo fatto qualcosa di incredibile. Le altre squadre avevano molti più soldi di noi. Con meno mezzi, ce l’abbiamo fatta. Questo titolo è il mio piccolo capolavoro”.
GettyCosì van Gaal si è preso i meriti di un trionfo, solo, con la sua squadra, contro tutti. Come nel corso della stagione, tra critiche arbitrali, punzecchiature ai vertici del calcio olandese. Insomma, in pieno stile van Gaal. Non proprio apprezzato da colleghi e tifosi. Ma efficace per vincere.
GLI ARTEFICI DEL SUCCESSO
L’AZ aveva la seconda rosa più giovane di quel campionato, dietro solo all’Ajax. Il portiere che ha fissato il primato di imbattibilità dell’Eredivisie è una conoscenza del calcio italiano di oggi: SergioRomero, per anni estremo difensore della Sampdoria e oggi tornato in A, al Venezia, dopo l’esperienza al Manchester United. Era soltanto alla sua seconda stagione in assoluto con la maglia dell’AZ, che l’aveva acquistato dal Racing de Avellaneda. Grazie a quella stagione esordì anche con la nazionale maggiore dell’Argentina.
Anche nel cuore della difesa, insieme all’esperto Jaliens, Swerts e al belga Pocognoli, si possono rintracciare svariati nomi conosciuti al calcio italiano. Su tutti un altro ex Sampdoria come NiklasMoisander, ma anche HectorMoreno, messicano che ha fatto la comparsa anche nella Roma, e RagnarKlavan, ex Cagliari e Liverpool, seppur più che altro da comparsa.
A centrocampo le operazioni erano orchestrate da mediani di gran classe come Mousa Dembelé, una vita nel Tottenham, Stijn Schaars, che ha vestito varie volte la maglia della nazionale olandese, e anche Demy deZeeuw. In più c’era Maarten Martens, belga, trequartista di qualità che non ha mai rispettato le attese, e Mendes da Silva, che in gioventù era uno dei più grandi prospetti.
In avanti, la star era il marocchino Mounir ElHamdaoui, assoluto protagonista di quel campionato con 23 goal all’attivo, capocannoniere che arriverà a 20 anche nella stagione successiva prima di provarci all’Ajax e alla Fiorentina, con risultati sicuramente molto meno brillanti. Attualmente a 37 anni gioca in Olanda come dilettante, in quinta serie. Aveva brillato anche ii brasiliano Ari, 9 goal, mentre Pellé si era fermato solo a 4.
GettyL’AZ OGGI
Dopo il successo del 2009, l’AZ non è più tornato a concorrere realmente per il titolo nazionale. Ha collezionato ottimi piazzamenti, si è tolto qualche soddisfazione a livello di partecipazioni europee. Solo nella stagione 2019/20, sospesa causa Covid, la squadra allora allenata da Arne Slot dava segni di poter competere.
Ciò che non è cambiato è la produttività di un vivaio che ha fatto crescere giocatori di spessore e di talento: nella scorsa estate hanno salutato Koopmeiners, all’Atalanta, Stengs, al Nizza, e Boadu, al Monaco, tre dei prospetti più interessanti di tutta l’Olanda. Da Til a Idrizi, da Weghorst a Jahanbakhsh, fino a Vicent Hanssen o Berghuis, sono stati diversi i giocatori di talento che ad Alkmaar di recente hanno trovato un trampolino di lancio. Una parte di merito, forse, è proprio di van Gaal e della sua squadra del 2009. Che ha compiuto qualcosa di difficilmente ripetibile.


