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BORUSSIA DORTMUND MONACO UEFA CHAMPIONS LEAGUE 12042017Getty Images

"La sfida più difficile da superare": l'attentato al bus del Borussia Dortmund

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Quella dell’11 aprile 2017 doveva essere una notte di Champions League come tante. Si dovevano giocare i quarti di finale. A Torino, Juventus-Barcellona. A Dortmund, Borussia contro Monaco. Una partita è passata alla storia per meriti calcistici. L’altra, invece, è ricordata come una delle pagine di cronaca più tristi del calcio europeo degli ultimi anni. Il match si giocò, sì, ma con un giorno di ritardo, perché l’11 aprile, intorno alle 19.15, tre bombe esplosero poco fuori l’hotel ‘L’Arrivée’ - sede del ritiro del Dortmund - al passaggio del pullman dei gialloneri. Un attentato che fortunatamente non causò vittime, ma due feriti: un poliziotto in moto che scortava la squadra diretta allo stadio e MarcBartra, seduto in fondo al pullman.

Le tre bombe-tubo, con un’onda d’urto di 100 metri, erano state piazzate su delle siepi ed erano esplose al passaggio del bus. La forte resistenza dei vetri del pullman, fortunatamente, evitò ulteriori danni. Non lo shock. RomanBürki, come prima di ogni partita, si trovava seduto sul bus. Il portiere del Dortmund ha raccontato i momenti traumatici

“Non avevamo fatto neanche 100 metri, di colpo sentiamo una forte esplosione. Poco dopo io e il mio secondo abbiamo visto Bartra che urlava e tutti quanti che cercavano di mettersi al riparo. Il braccio e il polso di Marc erano pieni di sangue, lui stava sudando, era pallido, c’era un buco fatto da un proiettile sul bus. Ci hanno urlato che ci saremmo allontanati da lì. Sono stati i secondi più brutti della mia vita”.

Dortmund Team BusGetty Images

Alla guida del bus c’era ChristianSchulz, l’autista ufficiale del Dortmund, il quale ha dovuto chiamare l’ufficio stampa per informarlo dell’attacco. All’inizio, in realtà, non fu nemmeno preso sul serio, prima che al telegiornale, poco dopo, passasse la notizia dell’attacco bomba.

“Ho chiamato l’ufficio stampa raccontando l’accaduto e che non avremmo potuto giocare, mi credevano in pochi. La prima risposta è stata ‘il primo aprile è passato ormai’”.

Tra i giocatori sul pullman, l’unico ferito fu Bartra. Visse minuti di shock, venne trasportato immediatamente in ospedale e operato all’istante. L’esplosione della bomba aveva causato la frattura del radio e diverse schegge si erano conficcate nella sua mano.

“L’ostacolo più difficile da superare della mia vita. Il dolore, la paura e l’incertezza su cosa stesse per succedere, quanto potesse durare. È stato il quarto d’ora più lungo della mia vita. Lo shock sta andando diminuendo, cresce la voglia di vivere, lavorare, ridere, giocare. Quando guardo il mio polso sento orgoglio, sento che tutti i danni che volevano recarci sono soltanto in questo infortunio. Il supporto delle persone mi ha dato forza”.

Borussia Dortmund Marc Bartra 08032018Getty Images

Il 21 aprile venne arrestato un ventottenne tedesco di origine russa, SergejWenergold: era accusato di aver piazzato le bombe per abbassare il valore delle azioni del Dortmund in Borsa e guadagnare circa 4 milioni attraverso la vendita di obbligazioni acquistate prima dell’attacco. Soggiornava nello stesso hotel del Dortmund, confesserà di aver imparato a costruire le bombe online. Fu condannato a 14 anni di carcere.

Alcuni giocatori del Dortmund assistettero al processo, vivendo attimi complicati. Hans-Joachim Watzke, CEO del Borussia, raccontò che “alcuni giocatori si sono trovati a 5-10 metri dall’attentatore e non sono riusciti a superare la cosa”. Il trauma è stato forte e ancora oggi, come spiega Marcel Schmelzer, chi era a bordo di quel pullman soffre ancora di disturbi post-traumatici.

“Siamo stati fortunati. Ne parlo con persone che non conosco per provare a superare il trauma, da quando è successo mi spavento a ogni rumore più forte. Piano piano i momenti di spavento stanno diminuendo”.

I momenti più difficili, però, furono quelli immediatamente successivi all’attacco. Quando il Dortmund si trovò a dover prendere una decisione sul recupero della partita. Per motivi di calendario, l’UEFA spinse per giocare la partita il giorno immediatamente successivo, alle 18.45. Così andò. Diversi tifosi del Monaco rimasero in Germania, ospitati da quelli del BVB. I giocatori, invece, non sembravano pronti. Watzke spiegò che di fatto non c’era alternativa, che lasciò ai giocatori la scelta di giocare o meno. La mattina seguente l’attentato, si tenne una riunione per discutere il da farsi. Bürki ha affermato che molti spingevano per lo spostamento della partita.

“Gran parte della squadra non voleva giocarla, volevamo fosse spostata. Watzke ci ha detto che saremmo stati eliminati se non avessimo giocato. A distanza di anni ho ancora in testa i volti dei miei compagni sul bus, mi accompagneranno per tutta la vita. So che c’è un’economia dietro, ma noi siamo solo esseri umani”.

Il CEO del club ha spiegato di aver lasciato ogni decisione al gruppo. Anche a costo di perdere a tavolino o essere eliminati dalla Champions League.

“Ho detto ai giocatori che se la maggioranza avesse deciso di non giocare, non saremmo scesi in campo”.

La partita si giocò in un clima quasi surreale. Nel riscaldamento tutti i giocatori indossarono una maglia dedicata a Marc Bartra, ancora ricoverato in ospedale. Sarebbe tornato in campo un mese dopo, nelle partite finali della Bundesliga, giocando poi da titolare la finale di DFB-Pokal del 27 maggio vinta contro l’Eintracht.

ROMAN BÜRKI BORUSSIA DORTMUND MONACO UEFA CHAMPIONS LEAGUE 12042017Getty Images

Nella gara contro il Monaco, il Dortmund commise una serie di errori grossolani e perse 2-3, compromettendo la qualificazione. Al termine del match ThomasTuchel mostrò tutta la sua contrarietà alla decisione di giocare la partita così presto, affermando che la decisione sarebbe stata presa da persone che non avevano nulla a che fare con il calcio. Lo scrittore Più Gottschalk nel suo libro ‘Kabinengeflüster’, ovvero ‘Spifferi di Spogliatoio’, ha raccontato che poche ore prima, in riunione, Marco Reus e Gonzalo Castro avrebbero espresso preoccupazione, arrivando fino alle lacrime, e che Tuchel si fosse lamentato per la reazione.

“Come posso battere il Bayern Monaco con questo branco di femminucce?”

Fu l’inizio della fine del rapporto tra Tuchel e il Dortmund. Non tutti i giocatori decisero di scendere in campo quella sera. Il club decise di non costringere a scendere in campo i più traumatizzati. Una decisione che Watzke, ancora oggi, non rimpiange.

“L’attentato ha segnato la stagione in maniera negativa più di quanto potessimo immaginare. Siamo stati accusati di tattiche intimidatorie allontanando i giocatori più traumatizzati, ma crediamo che sia stata la scelta migliore. Non esiste una strategia vincente in questi casi. È stata la cosa peggiore che ci sia mai successa, la sfida più difficile da affrontare”.

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