Ci viene detto da anni, oramai decenni, che nello sport Impossible is Nothing. Dietro la frase, in origine, Muhammad Ali, probabilmente il più grande sportivo di tutti i tempi. 'Niente è impossibile' è divenuto massa dominante nel nuovo millennio, trascinato da un noto marchio. Forse in positivo, tutto è raggiungibile, almeno per una piccola parte di chi ci spera. Non viviamo nel mondo delle favole. Non è impossibile, ma è improbabile, ad esempio, che le grandissime squadre dei maggiori campionati europei cadano miseramente in un pozzo con fondo da cui risalire. Almeno, non senza situazioni oltre la normalità. Retrocessioni a tavolino causa scandali o fallimenti societari possono cambiare la storia. Senza però, siamo in una pianeta diverso dal 99% delle compagini mondiali. Blasone, milioni e uomini chiave rendono l'1% del pallone praticamente inattaccabile. La generazione alpha e gli zoomers, nati tra il 1997 e il 2021, non credono sia possibile che PSG e Manchester City non abbiano mai vinto la Champions, che l'Arsenal sia stato imbattibile, che il Bayern abbia avuto rivali alla sua altezza. Che l'Atletico Madrid bunker sia andato così male da finire nella Segunda Division, la Serie B spagnola. Invece tutto vero, e non negli anni '90. Nel nuovo millennio, nel terzo, anni 2000. Compresa la caduta dei Colchoneros.
Il castello dell'Atletico Madrid è forte, grazie a tanti fattori. Campione di Spagna in carica, ha trovato in Suarez una grande possibilità grazie al nome fattosi negli ultimi quindici anni, sotto Diego Pablo Simeone. Può del resto offrire stipendi sostanziosi e la possibilità di lottare continuamente ad alti livelli in patria e all'estero. Tolto il totale, o parte di esso come in una torre Jenga formata da pezzi di legno, la realtà crolla, lasciando nello sfondo il passato. Senza il Cholo, gli incassi del Wanda Metropolitano e patron Cerezo, mix di stabilità, l'Atletico Madrid è stato grande solamente a sprazzi, senza continuità, mai come ora. Il vecchio idolo Gil y Gil, presidente prima dell'attuale numero uno, ha sì avuto la possibilità di festeggiare il successo di una Liga e alcune Coppe del Re, ma pensare di giocare due finali di Champions League e strappare i campioni alle più grande compagini del pianeta era più che un sogno, una vera e propria utopia.
Con il connubio Cerezo dietro la scrivania e il Simeone a diffondere il Cholismo, l'Atletico Madrid è prosperato, allontanando l'idea che una squadra così potesse aver giocato in Serie B per demeriti sportivi. Il muro si scioglie e la verità viene fuori. Dietro le reti di Griezmann, le mani di Oblak, il graffio di Falcao, i cojones del Cholo e la garra del fu leader Godin, senza di loro, alla caduta non seguì l'immediata risalita. I Colchoneros chiudono il 1999/2000, nei primi mesi del post paura, infondata, del Millennium Bug, al 19esimo posto in Liga. Considerate le tre retrocessioni, la discesa è inevitabile.
MAGGIO 2000, LA RETROCESSIONE IN SEGUNDA
Penultimo, tra l'altro davanti ad un'altra nuova grande degli ultimi anni come il Siviglia, l'Atletico Madrid scende in Segunda Division. Lo fa al termine di una stagione iniziata con Claudio Ranieri, non ancora aggiustatutto del Chelsea, ma reduce dal doppio salto cagliaritano (C1-A), dalle esperienze con Fiorentina e Napoli, ma soprattutto dal biennio alla guida con il Valencia che ha coinvolto Gil y Gil ad affidargli la panchina dei Colchoneros. La rosa a disposizione del mister romano è di buon livello, senza dubbio alcuno: in avanti bomber Hasselbaink chiuderà l'annata con 24 goal, in mezzo al campo Baraja, Solari e Valeron dimostreranno di valere tanto. In una squadra comprendente anche Capdevila, Chamot e Correa, l'idea che si possa retrocedere appare, tornando all'inizio, impossibile. Eppure, is nothing.
Il problema di base è che quell'Atletico Madrid è investito dai guai giudiziari. I punti ottenuti sul campo saranno 38 e quelli al termine dell'annata, gli stessi. Nessuno sarà eliminato nelle aule delle tribunale. La carne è forte, ma la mente è debole.
GettyPerché è solamente il 22 dicembre che Manuel García Castellón, giudice della Corte Nazionale, decretò la destituzione del presidente Jesús Gi (Y Gil), e dell'intero consiglio di amministrazione, portando al sequestro delle azioni e all'incarico di Luis Manuel Rubí come amministratore giudiziario del club con pieni poteri fino al 31 marzo 2000, durante l'indagine dei presunti reati di truffa, appropriazione indebita, falsità in atti pubblici e commerciali e reati societari, che la Procura Anticorruzione stimò in 9.427 milioni di pesetas.
Quel 22 dicembre, l'Atletico surclassa l'Oviedo per 5-0. Reagisce in maniera inaspettata, nel momento più duro. Fuori dal campo va male, dentro ancora peggio: è appena ad un punto sopra la zona retrocessione quando i suoi giocatori si rendono conto del caos societario, caratterizzato dal tutti contro tutti.
Da lì in avanti, già in difficoltà per un'amalgama mai creata, per futuri campioni ancora acerbi, il fattore mentale devasterà completamente la rosa, a cui Ranieri non riuscirà a porre rimedio, venendo esonerato alla 27esima giornata. Al suo posto subentrerà Radomir Antic, a sua volta fuori dal club per l'ultimo turno, in cui Zambrano verrà scelto, già retrocesso, per la prima annata in Segunda dal 1930.
ATLETICO MADRID IN SECONDA SERIE
La primavera del 2000 può essere da bicchiere mezzo, e non completamente vuoto, ma l'Atletico Madrid viene eliminato nei quarti di Coppa UEFA e perde la finale di Coppa del Re contro i cugini del Real. E così, contenitore in mille pezzi. Frammentato, si perde ovunque. Solari giocherà proprio per i Blancos, Hasselbaink passa al Chelsea per la cifra di 22 milioni (ritrovando di lì a poco proprio Claudio Ranieri), Capdevila e Molina saranno acquistati dal Deportivo.
In squadra rimarranno però Valeron e Baraja, dal mercato in entrata arriverà un Salva Ballesta che si rivelerà devastante per la Segunda, segnando 21 reti, e verranno date le prima opportunità in prima squadra ad un giovanissimo attaccante di Fuenlabrada di cui si dice un gran bene. Ha 17 anni e ha ottenuto i primi gettoni da professionista solamente a maggio a causa di infortunio. Altrimenti sarebbe diventato il più giovane della storia molto prima, a metà dei suoi sedici. Fernando Torres, mai così niño, chiuderà con quattro presenze e un goal.
GettyLa squadra, ancora nelle mani di Gil y Gil, non può però aggrapparsi a sogni futuri e a squilli singoli. Il 2000/2001 che deve affrontare in Segunda Division è settimana dopo settimana, è caratterizzato dall'essere Golia e dalla consapevolezza delle avversarie di essere Davide. Tutti vogliono provarci, tutti vogliono accogliere nel proprio fuoco i campioni della massima serie. Ci riescono in tanti a far crollare Salva e compagni, tanto da far chiudere la squadra al quarto posto, a pari punti con il Tenerife terzo promosso per la miglior differenza reti, alla pari di Siviglia e Betis.
Nessuno ha il rammarico della mancata promozione causa maggior numero di goal subiti, perché le aspettative erano quelle di un'immediata promozione, anche davanti allo shock, ai guai giudiziari, alla cessione di alcuni dei più grandi interpreti un anno prima. Manca però la consapevolezza di non poter giocare come in Liga, attaccando senza subire i contropiedi di piccole affamate di giganti. Del resto in Coppa del Re, contro squadre del suo stesso lignaggio, l'Atletico carbura, spegnendosi spesso in Segunda, in cui subirà ben dieci sconfitte. Sconfitte che peseranno sulle spalle di tre allenatori: il già citato Fernando Zambrano, Marcos Alonso Peña e Carlos García Cantarero.
SECONDO TENTATIVO E RITORNO IN LIGA
Con la promozione nel massimo campionato di Siviglia, Betis e Tenerife e le retrocessioni di Numancia, Santander e Oviedo, l'Atletico Madrid, attaccato su tutti i fronti, da media, tifosi e cambiamenti societari, è consapevole di non poter più sbagliare. È la favorita assoluta della Segunda 2001/2002. Si è abituata ad un campionato così differente rispetto alla Liga, non ha più rivali di categoria importanti e nonostante le ovvie cessioni di Valeron al Deportivo e del duo Baraja-Salva Ballesta al Valencia, ha per le mani un Fernando Torres che promette di ripagare le attese, un nuovo portiere come Burgos, abbastanza 'pazzo' da capire il mood di risalita,e uno scheletro di cessioni-acquisti decisamente sopra la media rispetto al resto del torneo.
Il niño giocherà costantemente aumentando a sei il suo bottino, affiancato dalla vera prima punta, prestata dal Valencia per il tentativo di promozione. Se il bomber da venti reti, Hasselbaink, non salvò l'Atletico dalla retrocessione, se Salva Ballesta non riuscirà a spingerlo subito in Liga, Diego Alonso trascinerà a suon di reti da ogni posizione (22) il team con cui giocherà solamente fino alla primavera del 2002, rimanendo nel mito, senza rischiare cadute successive.
Anche il connazionale Fernando Correa, confermato in squadra, arriverà in doppia cifra (13), mentre Burgos, noto successivamente come secondo di Diego Pablo Simeone, sarà tra i meno battuti della Segunda, vinta dall'Atletico Madrid con un +8 sul Santander e +13 sul Xerez, non promossa a differenza della terza classifica Recreativo Huelva.
Nel 2002 l'Atletico Madrid è nuovamente in Liga, dove comincerà a costruire il suo assedio al potere. Annate nel limbo del vorrei ma non posso, quasi simile alla delusione della Segunda, cambieranno solamente dal 2009. Cerezo costruisce, arriva a Falcao, convince Simeone a tornare in città. Nessuno mette in difficoltà Real Madrid e Barcellona, fino al trionfante arrivo sulla scena dei Colchoneros. Passati per l'inferno, il purgatorio e la consapevolezza che il paradiso doveva solo attendere.




