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Rudnevs Juventus Lech PoznanGetty Images

La storia di Artjoms Rudnevs, l'incubo della Juventus ritiratosi a soli 29 anni

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Mamma, guarda, ho fatto goal alla Juventus. E poi c'è chi, di goal alla Juventus, ne ha fatti non uno, ma tre. Un evento più unico che raro. Tipo Matteo Serafini, o Sergio Pellissier. L'ultimo a riuscirci è stato Pepito Rossi, peraltro in un quarto d'ora, nel celeberrimo 4-2 in rimonta a favore della Fiorentina del 20 ottobre 2013. Tre anni prima di quel pomeriggio, qualcun altro era riuscito nell'impresa storica.

Zazzera bionda, viso da ragazzo dell'Est, movenze da seconda punta, nome e cognome da carneade del calcio: Artjoms Rudnevs. Un personaggio che a ogni bianconero evoca ricordi che definire tristi sarebbe forse troppo, ma cupi sì, assolutamente.

Rudnevs è l'eroe del Lech Poznan, formazione polacca che ha conquistato la storica qualificazione ai quarti di finale di Conference League - la prima tra le prime otto nelle competizioni europee - e che il 16 settembre del 2010 conquista un allucinante 3-3 in casa della Juve. Che per la precisione è ancora l'Olimpico di Torino, se è vero che lo Juventus Stadium sarà ufficialmente inaugurato soltanto di lì a qualche mese.

Una serata storica, divenuta indimenticabile per il club e per questo sconosciuto lettone di 22 anni, pronto a prendersi le copertine come sei anni prima aveva fatto il connazionale Maris Verpakovskis, l'eroe della qualificazione a Euro 2004, prima di un percorso di vita travagliato che lo porterà a lasciare il calcio a soli 29 anni.

Quella Juve, l'ultima pre Conte, si è affidata alla coppia che ha appena condotto la Sampdoria ai preliminari di Champions League: Beppe Marotta in plancia di comando, Gigi Delneri in panchina. Ma la rosa, piena zeppa di calciatori poco adatti per simili palcoscenici, appare immediatamente non all'altezza dei massimi livelli. E l'inizio di stagione, tra una sconfitta a Bari e un 3-3 interno proprio contro la Samp, è balbettante. Il girone di Europa League, a cui la Juve si è qualificata dopo aver superato in scioltezza Shamrock Rovers e Sturm Graz nei preliminari, si palesa quasi come un toccasana. Il primo avversario è proprio il Lech Poznan. L'occasione ideale per ripartire con una vittoria, pensano tutti. Di fronte ci sono pur sempre i campioni di Polonia in carica, appena estromessi dalla Champions League dallo Sparta Praga, ma vuoi che una squadra così possa far paura?

E invece, ecco i fantasmi. 14': Felipe Melo atterra in area Peszko e il fischietto russo Bezborodov concede il rigore al Lech Poznan, che Rudnevs trasforma spiazzando Manninger, sostituto di Buffon. Primo mattoncino per la costruzione della leggenda. Alla mezz'ora arriva pure il secondo: palla vagante in area, flipper che la retroguardia di Delneri non riesce a controllare e sempre Rudnevs, con la porta vuota, mette dentro in acrobazia. Doppietta e 0-2. Un sogno o un incubo, a seconda dell'angolazione da cui si guarda il tutto.

Poi la Juventus si sveglia. Perché sarà anche una squadra in tono minore, ma è pur sempre la Juve. Prima accorcia con Chiellini prima dell'intervallo. Poi è sempre il centrale a trovare anche il 2-2. E infine Alex Del Piero completa la rimonta a una ventina di minuti dal termine. Incubo esorcizzato. Lo pensa chiunque sia presente allo stadio o davanti alla tv, è naturale. E invece no. Perché in pieno recupero il fantasma di Daugavpils torna a palesarsi sull'Olimpico: prende palla sulla trequarti, scambia con Tshibamba e dai 25 metri scarica un missile che va a infilarsi giusto sotto l'incrocio di uno stranito Manninger. Finale: Juve-Lech Poznan 3-3. Tutto vero.

“Non riesco a esprimere a parole ciò che provo – dice Rudnevs al termine della partita al sito dell'UEFA – Sono veramente felice. Ho sempre sognato di segnare contro un avversario del genere, ma farne tre è qualcosa di magico, fantastico. È senza dubbio la miglior partita della mia carriera. Prima di oggi avrei dovuto pensarci su parecchio per scegliere la mia miglior prestazione, ma quella di Torino le batte tutte. È uno di quei momenti che rimarranno con me per sempre”.

Il bello è che quel Lech, nonostante gli affanni in campionato che inducono la dirigenza a esonerare Jacek Zielinski per affidarsi all'ex Barcellona José Bakero, dimostra ben presto di non essere un fuoco di paglia. In quel girone fa la festa agli austriaci del Salisburgo, battuti sia in casa che in trasferta, e perfino al Manchester City di Roberto Mancini, superato per 3-1 in Polonia. Alla penultima giornata è in programma un inedito scontro qualificazione: Lech Poznan contro Juventus. I bianconeri fin lì hanno sempre pareggiato: quattro volte su quattro. E devono vincere per forza per non rimediare l'onta di un'orrenda eliminazione. Il problema è sempre il solito: dall'altra parte c'è Rudnevs, il fantasma. Rieccolo.

Sotto la fittissima coltre di neve che ricopre l'INA Stadion, e che rende complicatissimo giocare a calcio in maniera regolare, il biondino lettone segna ancora. Questa volta di testa, al 12'. Ora la Juve deve farne due e poi sperare nella giusta combinazione di risultati all'ultima giornata per passare alla fase a eliminazione diretta. Ma riesce solo a trovare la rete della consolazione con Iaquinta a sei minuti dalla fine. Troppo poco. È eliminazione. Clamorosa, impensabile eliminazione. Le copertine sono dedicate solo ai valorosi polacchi, qualificati ai sedicesimi di finale con un turno d'anticipo, e per il loro uomo simbolo: Artjoms Rudnevs, anni 22, nazionalità lettone, autore di un poker in due partite alla Magna Juve.

Rudnevs Lech Poznan JuventusGetty Images

Rudnevs al Lech Poznan ci è arrivato qualche mese prima con il compito di sostituire un personaggio piuttosto scomodo: tale Robert Lewandowski, appena trasferitosi al Borussia Dortmund. I polacchi lo hanno scovato in Ungheria, nell'impronunciabile Zalaegerszegi, dove, dopo gli inizi in patria con il Daugava, nel 2009/10 ha messo a segno una ventina di reti tra tutte le competizioni. E ora se lo godono: 11 reti in Ekstraklasa nella prima stagione, addirittura 22 nella seconda, con tanto di titolo di capocannoniere del campionato polacco. Più cinque centri in Europa League: il poker alla Juve e un altro goal nei sedicesimi al Braga, sconfitto all'andata, capace di rimontare al ritorno e poi finalista perdente contro il Porto.

“Artjoms doveva sostituire Lewandowski e lo ha fatto brillantemente – ha ricordato a 'TVP Sport' Krzysztof Kotorowski, il portiere di quel Lech Poznan – Si è rivelato un grande giocatore. Si è adattato molto bene alla squadra, ha segnato tanti goal e, come Robert, è andato in Bundesliga. Anche in allenamento era difficile parare le sue conclusioni”.

Rudnevs in realtà non ama essere accostato a Lewandowski: “Non mi piace il paragone. Io faccio il mio lavoro e lui fa il suo”. Ma quelle serate europee, e altre prodezze come una rete di tacco al volo segnata nel gennaio del 2011 alla Lokomotiv Plovdiv, lo piazzano dritto dritto sotto i riflettori di mezza Europa. In Italia si dice che a segnarselo sui propri taccuini siano l'Atalanta e soprattutto l'Udinese, nonostante le smentite dell'agente. I tabloid inglesi rilanciano col Fulham e poi la sparano grossa: su di lui ci sono il Barcellona, l'Arsenal e... la Juventus.

“La mia squadra preferita è il Barcellona – rivela Rudnevs in quelle settimane al sito ungherese origo.hu – ma se dovessi scegliere una squadra tra quelle menzionate, direi Arsenal. In ogni caso, devo solo pensare a giocare a calcio. Prenderò in considerazione un altro club solo nel momento in cui il Lech Poznan o il mio agente mi informeranno dell'arrivo di un'offerta concreta”.

Barcellona e Arsenal (e pure la Juve) rimangono in verità pure e semplici bufale giornalistiche. La realtà si chiama Germania, Bundesliga. Sulle orme di Lewandowski. Ad assicurarselo nell'estate del 2012 è l'Amburgo, che versa circa tre milioni e mezzo di euro nelle casse dei polacchi e fa firmare all'attaccante un quadriennale da un milione e mezzo a stagione, oltre a consegnargli la maglia numero 10 sulle spalle nelle prime due annate.

Artjoms Rudnevs Hamburger SV SV Werder Bremen Bundesliga 11232014Getty

All'inizio va tutto bene. Rudnevs piace al pubblico per il suo spirito combattivo e per la capacità di lasciare il segno sotto porta. Nel 2012/13 fa coppia in attacco con Heung-min Son, e i due segnano 12 volte a testa in campionato. L'Amburgo chiude settimo, tre punti sotto la zona Europa. Poi inizia il declino personale: infortuni, sei mesi in prestito all'Hannover, la meteorica ascesa di Lasogga che gli toglie sempre più spazio, un quadro generale caotico che ben presto porterà l'HSV a flirtare costantemente con la retrocessione in Zweite Bundesliga, puntualmente arrivata nel 2018. Alla fine del 2015 Artjoms viene addirittura spedito nella seconda squadra, dove segna tre volte in cinque presenze.

"Rudnevs dovrebbe lasciare l'Amburgo, sarebbe la cosa migliore per lui – dice in quei mesi Frank Arnesen, il suo ex allenatore, che dopo averlo portato in Germania lo rivorrebbe con sé al PAOK – Deve pensare al proprio futuro. L'HSV è un grande club, ma se non gioca è come se fosse in un vicolo cieco. Sarebbe meglio per lui fare un passo indietro per poi farne altri due in avanti. Rudi ha 27 anni, è nel fiore degli anni, è ancora un grande giocatore”.

Nemmeno Arnesen, però, è a conoscenza di ciò che l'attaccante sta passando nella propria vita privata. Nell'agosto del 2015, la moglie Santa è costretta a un aborto spontaneo che ne mina pesantemente salute mentale e matrimonio. Qualche giorno più tardi, al culmine di una lite nel centro di Amburgo, la donna morde la lingua del marito, procurandogli una ferita che lo costringe a un ricovero d'emergenza in ospedale. Ai tempi la stampa ne parla con leggerezza, ironizzando sul nome della donna (Santa), senza conoscere il dramma che si cela dietro l'episodio. Qualcuno azzarda pure l'ipotesi di un tradimento, tanto che lo stesso Rudnevs deve intervenire pubblicamente attraverso una lettera aperta per fare chiarezza.

"Dietro la controversia ampiamente descritta per le strade di Amburgo si cela una tragedia personale sulla quale non è stata scritta una parola. Non c'è tragedia nella vita di una donna che possa essere paragonata alla morte di un bambino. Come qualsiasi altra madre, Santa non è stata in grado di riprendersi immediatamente dopo la tragedia. L'incidente di martedì è dovuto alla sua disperazione per il bambino perduto. Non incolpo Santa per quello che è successo. Secondo i media, ero con un'altra donna al momento dell'incidente. Tutte bugie. La donna che ci ha accompagnato quella sera era una parente di Santa, venuta a farci visita per prendersi cura dei nostri bambini e aiutarli a riprendersi dalla tragedia".

Per Rudnevs è l'inizio della fine nel mondo del pallone. Al termine di quella stagione, trascorsa in parte con la seconda squadra, l'Amburgo non gli rinnova il contratto in scadenza. E così il lettone si accasa al Colonia, con cui firma fino al 2019. Resiste una stagione, nella quale segna tre volte in 18 presenze. Ma non è più lui. Parla poco coi compagni, ai quali non rivela i propri problemi extracalcistici, e qualche volta salta gli allenamenti per rimanere accanto a Santa. Fino a quando, nel settembre del 2017, annuncia la propria decisione ai dirigenti: lascio il calcio. Non ha che 29 anni.

"Oggi Rudnevs ci ha chiesto esplicitamente di rescindere il proprio contratto, in quanto ha seri problemi personali che richiedono la sua attenzione – dice il direttore sportivo del Colonia, Jörg Schmadtke È con il cuore pesante che abbiamo acconsentito alla sua richiesta. Speriamo tutti che possa occuparsi di questi problemi”.

L'ultima apparizione di Rudnevs da calciatore professionista è un Colonia-Amburgo 1-3 del 25 agosto 2017, in cui rimane in panchina per tutti i 90 minuti. Le sue due ultime squadre, ironia della sorte. Due settimane dopo l'annuncio di Schmadtke, lascia la Germania e fa rientro a Daugavpils, la sua città natale, dove vive ancor oggi con la moglie e i figli. Qualche giornalista polacco ha provato a contattarlo per parlare della precoce conclusone della sua carriera, e soprattutto per capire come se la stia passando lontano dai riflettori, ma Artjoms si è sempre rifiutato di rilasciare qualsiasi intervista. Si è quasi convinto quando l'ex calciatore Jurijs Zigajevs gliene ha proposta una per il proprio canale YouTube, poi ha cambiato idea. Non vuole più avere nulla a che fare con il calcio e con il suo passato.

“Non ho più contatti con lui – ha detto l'amico Sergei Krivets, suo ex compagno al Lech Poznan, anche lui in campo in quella doppia sfida contro la Juventus – Quando giocava in Germania andavo a trovarlo. Ma dopo la fine della sua carriera, il nostro rapporto si è interrotto”.

E così, non rimangono che i ricordi. Da Daugavspil a Colonia, passando per Poznan, Amburgo, Hannover e per la Nazionale lettone, in cui ha collezionato 35 presenze e due reti. Su tutti, naturalmente, c'è la memorabile quadripletta alla Juventus suddivisa in 180 minuti. Un ricordo dolce per lui e per tutta Poznan, capace per due notti di guardare dritto negli occhi il gigante con le strisce bianche e nere. Tutto grazie a lui, l'uomo dei sogni di un intero popolo, costretto dalle avversità della vita a scegliere il finale più triste per un avvincente romanzo.

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