La vita di un calciatore è fatta anche di momenti, di frazioni di secondo all’interno delle quali si racchiude un gesto, o una giocata, destinata a restare scolpita nella memoria di tutti. Gabriel Omar Batistuta e Francesco Toldo, di attimi che per i tifosi valgono quanto minuti interi, ne hanno vissuti moltissimi nel corso delle loro lunghe carriere, ma il destino ha voluto che la rete che meglio in assoluto fotografa quello che sono state le caratteristiche del primo e la parata che meglio racconta quali siano state le qualità del secondo, siano arrivate a pochi minuti di distanza l’una dall’altra e il tutto in una notte che a suo modo è passata alla storia: quella del 27 ottobre 1999.
Per molti rappresenterà solo una data come le altre nella quale si sono giocate partite come tante altre, ma tantissimi tra coloro che tifano Fiorentina, non avranno difficoltà nel ricordare con chi erano, dove erano e cosa stavano facendo, mentre la loro squadra provava a farsi valere in uno stadio mitico e contro un avversario di caratura straordinaria: a Wembley contro l’ Arsenal.
Per capire meglio il valore di una gara che poi si sarebbe guadagnata uno posto speciale nel libro di storia che racconta le vicende gigliate, bisogna tornare indietro di qualche mese. La Fiorentina era reduce da una stagione nella quale aveva accarezzato un sogno Scudetto sfumato anche per un infortunio occorso a Batistuta e per le bizze di Edmundo, ma il terzo posto maturato alla fine del campionato le era valso un pass per la Champions League, ovvero quella massima competizione continentale per club dalla quale mancava da circa venti anni.
L’occasione per mettersi in mostra sui più importanti palcoscenici del mondo era troppo importante e andava sfruttata, quindi Vittorio Cecchi Gori decise di fare le cose in grande in sede di calciomercato. Il gruppo a disposizione di Giovanni Trapattoni era già di buonissimo valore, ma venne rafforzato con gli arrivi di Mijatovic dal Real Madrid, Chiesa e Balbo dal Parma, Di Livio dalla Juventus, Okon dalla Lazio, Adani dal Brescia, Pierini dall’Udinese e Rossitto e Taglialatela dal Napoli. Tra coloro che avevano invece lasciato Firenze c’erano anche Robbiati, Flachi, Oliveira e soprattutto lui, Edmundo. Tutta gente di forte, ma gli ingredienti per sognare c’erano eccome.
GettyLa Fiorentina che si presenta ai blocchi di partenza della stagione 1999/2000 ha quindi un unico obiettivo: giocarsela con tutti. Ambizioni e risultati però spesso non vanno d’accordo e l’euforia che può trascinarsi per un’estate intera, può metterci due partite a svanire.
I gigliati capiscono ben presto che in campionato è impossibile tenere il passo delle prime, ma anche in Champions League le cose non vanno meglio. Gli uomini di Trapattoni, dopo aver superato con scioltezza il Widzew Lodz nel turno preliminare, vengono sorteggiati in un Gruppo B da brividi che comprende anche Barcellona, Arsenal e AIK Solna. Gli svedesi sulla carta non rappresentano un problema, gli spagnoli e gli inglesi decisamente sì.
La partenza non è di quelle incoraggianti: al Franchi è 0-0, tra l’altro più che sofferto contro il Gunners . Nella sfida successiva si va al Camp Nou , lo stesso stadio che Batistuta aveva già ammutolito anni prima in Coppa delle Coppe, ma questa volta i blaugrana si impongono con uno spettacolare 4-2. La Fiorentina va poi in Svezia per far valere finalmente il proprio maggior tasso tecnico contro l’AIK, ma è solo 0-0. Due punti in tre partite.
Il discorso qualificazione si è già fatto terribilmente in salita quando inizia il ciclo delle partite di ritorno. A riaccendere le speranze ci pensano i goal di Batistuta, Chiesa e Balbo che valgono il 3-0 con gli svedesi di Stuart Baxter al Franchi. La sfida da dentro o fuori diventa quella che si giocherà a Londra contro l’Arsenal, ma i motivi per essere ottimisti sono pochi.
Wenger ha costruito una squadra che poi rappresenterà la base degli Invincibili e che a Firenze ha dimostrato tutta la sua forza dominando in lungo e in largo, tanto che solo un Toldo epico ha evitato ciò che sembrava inevitabile. A ciò va aggiunto che la Fiorentina sta semplicemente andando male. La compagine viola è reduce da tre sconfitte consecutive in campionato (due interne contro Roma e Parma ed una in trasferta a Piacenza) e soprattutto dal punto di vista del gioco sembra essere entrata in una spirale involutiva. La Fiorentina del torneo precedente è già un lontano ricordo.
L’aria a Firenze si è fatta incandescente e già una settimana prima dell’Arsenal, Giovanni Trapattoni ha rimesso il suo mandato nelle mani di Cecchi Gori. Dimissioni respinte, si va avanti insieme. A complicare il tutto anche lo scenario nel quale si svolgerà la partita. Highbury è un catino straordinario nel quale i Gunners danno sempre il meglio di loro stessi, trascinati dai tifosi assiepati a bordo campo, ma il club, per il secondo anno consecutivo ha deciso che le sfide internazionali si debbano giocare a Wembley. L’atmosfera non sarà la stessa, e Wenger negli anni successivi dirà che lasciare il proprio impianto era stato un errore madornale, ma intanto si giocherà in uno stadio mitico e a vedere la sfida non saranno in meno di quarantamila, bensì in oltre settantamila.
Quella che vola a Londra è una squadra alla quale vengono date pochissime possibilità di successo ma proprio Trapattoni, tra i pochissimi del gruppo viola a sapere cosa vuol dire giocare certe partite, alla vigilia della sfida, in un sussulto d’orgoglio dirà: “Vedrete la vera Fiorentina”.
Quella che ha pensato per l’occasione è una squadra più atta a difendere che ad offendere. Il Trap decide di puntare su un 3-4-1-2 nel quale Firicano viene spostato nel cuore della difesa davanti a Toldo nell’insolita veste di libero tra Pierini e Repka. Il centrocampo sarà di quelli tutta sostanza: Di Livio e Heinrich sulle fasce, mente in mediana toccherà a Rossitto e Cois. In attacco viceversa la qualità sarà tanta, visto che a supporto di Chiesa e Batistuta ci sarà Rui Costa.
Queste le formazioni in campo a Wembley il 27 ottobre 1999:
ARSENAL (4-4-2): Seaman; Dixon, Keown, Adams, Winterburn; Parlour, Vieira, Petit, Overmars; Bergkamp, Kanu. Allenatore: Arsene Wenger.
FIORENTINA (3-4-1-2): Toldo; Pierini, Firicano, Repka; Di Livio, Rossitto, Cois, Heinrich; Rui Costa; Batistuta, Chiesa. Allenatore: Giovanni Trapattoni.
Il canovaccio tattico è fin da subito chiaro: l’Arsenal fa la partita, la Fiorentina si difende per poi provare a ripartire. Ne viene fuori una contesa all’insegna della pura sofferenza. Vieira non lascia respirare Rui Costa, Chiesa è chiamato anche a compiti difensivi e Batistuta è isolato lì davanti dove non arrivano palloni. I tre dietro intanto se la giocano da autentici gladiatori, con Firicano che comanda la difesa come non mai, ma intanto Overmars entra da tutte le parti e Bergkamp quando ha il pallone tra i piedi lo nasconde a tutti da fenomeno. E’ in una serata delle sue.
GettyLa Fiorentina è schiacciata, ma arriva in qualche modo indenne alla fine del primo tempo. Cois intanto si è fatto male e lascia il posto ad Adani (sarà l’unico cambio gigliato) che, sebbene sia un difensore centrale, viene schierato esterno destro di centrocampo, con Di Livio che si sposta in mediana. Va arginato in qualche modo Overmars.
Nella ripresa la partita non cambia ed anzi l’Arsenal spinge con sempre maggior decisione alla ricerca di quel goal che sembra da tempo nell’aria. Toldo si supera in un paio di occasioni e, quando non ci arriva ci si mette di mezzo la buona sorte: Bergkamp ha la chance giusta per l’1-0, ma a portiere battuto vede il pallone infrangersi contro il palo.
Al 75’ il famoso attimo che diventa storia. Viera prova a penetrare per vie centrali, Firicano lo mura letteralmente con un prodigioso intervento in scivolata all’altezza del cerchio di centrocampo. Tocco da terra per Rossitto, che scarica all’indietro per Adani, il quale a sua volta serve Rui Costa che con un tocco d’esterno la ridà a Firicano che premia la partenza di un Heinrich insolitamente accentrato. Il tedesco parte a tutta velocità quasi indisturbato, si avvicina all’area avversaria e la passa a Batistuta che si allarga verso destra per evitare l’intervento di Winterburn e con tutta la forza che ha scarica da posizione defilatissima una bordata di destro verso la porta difesa da Seaman. La sfera va ad infilarsi imparabilmente sotto l’incrocio opposto. Quando il portiere inglese si rialza dà quasi la sensazione di chiedersi cosa sia successo.
E’ l’apoteosi, la rete che porta avanti i viola, che gela Wembley e che verrà per sempre ricordata come una delle più belle in assoluto della carriera dell’argentino.
“Il goal che mi lega di più ai tifosi viola è quello di Wembley. Ci davano tutti per spacciati”.
Contro ogni pronostico e, per quanto si è visto in campo, contro ogni logica, la Fiorentina è in vantaggio. Manca però ancora un quarto d’ora e l’Arsenal non ha alcuna intenzione di arrendersi. Wenger intanto ha già tolto Dixon, un difensore, per inserire Suker, uno degli attaccanti più letali della sua generazione.
Batistuta ha fatto il suo, ha cioè scaraventato in porta uno dei pochissimi palloni giocabili, ora tocca agli altri. A salire in cattedra a questo punto è Francesco Toldo. Il portierone viola para tutto ciò che è parabile, ma al minuto 86 si spinge ben oltre.
Nessuno meglio di lui può raccontare quello che è stato un intervento semplicemente prodigioso.
“Non ricordo chi avesse tirato, il pallone rimbalza sul palo e arriva a Kanu che è a tre metri da me. Di piatto tira verso l’incrocio dei pali, io d’istinto mi tuffo in diagonale e la devio di quel poco che basta. E’ stata la parata dell’anno”.
Quando Kanu vede la palla schizzare via oltre la linea di fondo non ci può credere. Quella di Toldo è stata semplicemente una di quelle parate che fanno capire agli avversari che, per quanto possano attaccare, non c’è modo di passare.
GettyQuando il direttore di gara Lubos Michel fischia per tre volte sancendo la fine della partita, gli uomini di Trapattoni per una serie di calcoli sono già alla fase successiva della Champions League, ma soprattutto si sono già guadagnati un posto nella storia della Fiorentina.
La partita di Wembley andò esattamente come Arsene Wenger aveva previsto poco più di ventiquattro ore prima del calcio di inizio.
“Loro sono molto solidi dal punto di vista difensivo. Sono come serpenti che in cinque minuti possono ucciderti. Puoi sentirti in pieno controllo del gioco, ma improvvisamente, se la tua concentrazione cala anche di un minimo, hanno le qualità individuali per rendersi pericolosi. Tu pensi di essere messo bene, ma all’improvviso uno di loro può fare un qualcosa di speciale e segnare”.
La Fiorentina vincerà giocando all’italiana, ovvero difesa e contropiede. Il giorno dopo, sui giornali inglesi, Trap diventerà 'The Trap', ovvero la trappola, quella che Trapattoni era riuscito a tendere a Wenger.
Francesco Toldo anni dopo ricorderà quanto accaduto in quella magica notte di Londra.
“Quella con l’Arsenal è stata una delle partite più emozionante dei miei anni a Firenze. Ricordo il gran goal di Batistuta, il loro portiere era un certo David Seaman, un idolo. Era quasi imbattibile, ma non per Batistuta però. Io lo conoscevo, mi allenavo con lui, sapevo che non c’era portiere che potesse resistergli”.
Di lì a pochi mesi l’avventura di Batistuta a Firenze si sarebbe chiusa e la cosa avrebbe procurato una ferita mai del tutto rimarginata. Anche Trapattoni al termine della stagione avrebbe lasciato e con lui sarebbero andati via altri protagonisti di quella sfida come Heinrich e Firicano. Un anno dopo, quando il fallimento era ormai alle porte, la stessa cosa avrebbero poi fatto anche Rui Costa, Toldo, Repka e Pierini.
La Fiorentina che sognava di essere grande tra le grandi si stava sfaldando, ma intanto nessuno potrà mai dimenticare quanto accaduto in quella notte di ottobre. Gli uomini di quell’impresa da allora per i tifosi della Fiorentina diventarono i 'Leoni di Wembley'. Ancora oggi vengono ricordati così.




