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Alberto Aquilani LiverpoolGetty

Eredità non raccolte: le infinite ripartenze di Aquilani

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Ci sono calciatori destinati a lasciare un’impronta indelebile nella storia delle società che rappresentano. Partiti come giovani dalle belle speranze, diventati poi icone per intere generazioni. Se poi il calciatore in questione diventa il simbolo della città nella quale è nato i livelli di venerazione tracimano qualsiasi tipo di misura. Roma e la Roma ne sono l’esempio più lampante.

La Roma è Francesco Totti, totem giallorosso per venticinque lunghissimi anni di passione sfrenata che gli sono valsi l’appellativo di ‘Ottavo Re’. La Roma è Daniele De Rossi, l’eterno ‘Capitan futuro’ che insieme al ‘Pupone’ ha di fatto unito due generazioni. E sempre a proposito di generazioni, per quella precedente, la Roma è stata Giuseppe Giannini, uno che i colori della Città Eterna li ha indossati per quindici anni – di cui nove con la fascia da capitano al braccio – e per 437 partite ufficiali.

Ad accomunare il ‘Principe’ ed i suoi illustri successori ci sono due prerogative fondamentali: essere romani e romanisti. La ricetta giusta per fare breccia nel cuore di una delle tifoserie più passionali dell'intero stivale.

Romano e romanista lo è anche Alberto Aquilani, ribattezzato ‘Principino’ proprio per la somiglianza con Giannini, i cui risvolti di una carriera costellata da continui saliscendi gli hanno impedito di legarsi a vita ai colori tanto amati.

Il suo percorso inizia molto presto e non può prescindere dalla trafila del settore giovanile della Lupa. La stoffa è di pregevole fattura e dalle parti di Trigoria se ne accorgono subito. Del ragazzo se ne parla già un gran bene quando di anni ne ha solamente quindici. La Roma, dal canto suo, si frega le mani e progetta un futuro da simbolo per il suo gioiellino homemade.

L’ESORDIO CON LA ROMA E IL PRESTITO ALLA TRIESTINA

A diciotto arriva l’esordio in Serie A. E’ il 10 maggio del 2003 e all'Olimpico si gioca Roma-Torino. E’ il giorno che presenta ufficialmente Alberto Aquilani sul palcoscenico della massima serie. A dargli il ‘benvenuto’ ci pensa un protagonista ‘insolito’: l’arbitro Tiziano Pieri.

“Il mio esordio in Serie A, Roma-Torino. Siamo avanti 3 a 1, con una doppietta di Cassano e un fantastico goal di Daniele De Rossi, anche lui giovanissimo. Manca poco alla fine, mister Capello cerca il mio sguardo e mi dice ‘Cambiati, tocca a te’. Non ho tempo di provare tutte quelle emozioni che mi ero immaginato da bambino, perché in pochi secondi mi ritrovo a dare il cambio a Emerson e a calpestare per la prima volta il prato dell’Olimpico. Entro e scattano i tre minuti di recupero nei quali però non riesco a toccare un pallone giocabile. Mi si avvicina l’arbitro Pieri e mi dice ‘Tranquillo, finché non tocchi il pallone, io non fischio la fine’. La partita dura un minuto e mezzo in più del previsto, tocco il mio primo pallone in serie A e sento i tre fischi finali. Difficile dimenticare un gesto simile. Impossibile dimenticare quella giornata”. Il racconto dell’ex calciatore alla ‘Gazzetta dello Sport’.

L’antipasto è prontamente servito ma prima di prenderci gusto c’è da fare una scorpacciata di gavetta. La stagione successiva, infatti, Aquilani la gioca in Serie B vestendo per 41 volte la maglia della Triestina prima di fare rientro alla casa madre giallorossa.

IL RITORNO A ROMA: LA RABONA CONTRO IL MILAN, L’INFORTUNIO E I TROFEI CON SPALLETTI

La sua prima stagione a tempo pieno da giocatore della Roma passa indenne nonostante i tumulti generati dall'avvicendarsi di ben quattro allenatori nel corso del tribolato campionato 2004-2005. E’ la Roma orfana di Capello, e al timone capitolino transitano nell’ordine Prandelli, Völler, Delneri e Bruno Conti. Il ‘Principino’, tuttavia, gioca con continuità: 29 volte in Serie A, 5 in Champions League e 4 in Coppa Italia. L’anno seguente, invece, l’arrivo nella capitale di Luciano Spalletti gli garantisce ancora più centralità all’interno del progetto.

"I cinque anni con Spalletti sono stati quelli più importanti della mia carriera. Mi ha insegnato tante cose. Abbiamo vinto giocando un calcio splendido, devo molto a Spalletti per la mia crescita da giocatore". L'ammissione del centrocampista riportata da ‘Vocegiallorossa.it’.

All’interno dell’impianto tattico del tecnico di Certaldo, Aquilani trova la sua perfetta collocazione al fianco di De Rossi nei due di centrocampo. Ma a segnare nel bene e nel male la sua militanza in maglia Roma è la stagione 2006-2007, scandita da tre momenti chiave. Procediamo con ordine: l’11 novembre 2006 la Roma, di scena a San Siro, sta pareggiando 1-1 contro il Milan. A otto minuti dal fischio finale, Aquilani si esibisce in una splendida 'rabona' che aziona Mancini, il brasiliano va nello spazio e pesca Totti che di testa infila Dida per il definitivo 1-2. Una giocata sublime, ad impreziosire una delle partite simbolo del ciclo spallettiano.

Alberto Aquilani of RomaGetty Images

Euforia destinata a spegnersi, di colpo, dopo appena due settimane: nel corso di un allenamento, il centrocampista romano è vittima di un duro scontro con il compagno Rodrigo Taddei e si procura una lesione collaterale mediale al ginocchio destro. La diagnosi è una mazzata e lo costringe ai box per oltre tre mesi . A febbraio quando sembra ormai tutto apparecchiato per il rientro a pieno regime è un altro guaio fisico a presentare il conto, proprio alla vigilia degli ottavi di Champions contro il Lione. Il rientro slitta di un altro mese ma nel finale di stagione riesce comunque a vincere il primo trofeo della sua carriera alzando la Coppa Italia dopo la vittoria nella doppia finale contro l’Inter.

Da quel momento i nerazzurri diventeranno la ‘vittima’ designata: ad agosto 2007, infatti, la Roma vince anche la Supercoppa italiana e a fine stagione bissa il trionfo in coppa nazionale, sempre piegando la squadra allenata dall’attuale Ct azzurro Roberto Mancini.

Il campionato 2008-2009, però, sarà l’ultimo con la maglia della Roma. La stagione sembra nascere sotto una buona stella e il primo goal ufficiale della stagione (contro il Napoli) porta proprio la sua firma. Poi arriva la Champions e l’ennesimo infortunio lo mette ko per altri cinque mesi compromettendo irrimediabilmente il suo ultimo capitolo giallorosso. A marzo l’ultima apparizione contro l'Arsenal prima del definitivo sipario.

LE ESPERIENZE FLOP CON LIVERPOOL, JUVENTUS E MILAN

L’estate del 2009 è quella del grande addio. Lui, romano e romanista, saluta la capitale dopo cinque stagioni. Dalla somiglianza con Giannini, alle vittorie con De Rossi, in Primavera e in prima squadra, agli assist a Totti. Tutto dimenticato. Tutto da resettare. Ad attenderlo non c’è un futuro da bandiera sulle orme dei totem che hanno vestito la sua stessa maglia bensì un’avventura nuova di zecca e tutta da scoprire in Premier League.

E’ il Liverpool di Rafa Benitez a scucirgli di dosso la seconda pelle giallorossa per 20 milioni di euro. L'esordio ufficiale arriva a ottobre in un match di Coppa di Lega contro l’Arsenal, guarda caso l’ultimo avversario affrontato da giocatore della Roma. A novembre gioca per la prima volta in Premier mentre nel ‘Boxing Day’ contro il Sunderland lo fa da titolare e al momento del cambio riceve la standing ovation di Anfield Road. Tuttavia il rapporto con Benitez fatica a decollare e l’anonima stagione dei ‘Reds’ chiusa al settimo posto in campionato e in semifinale di Europa League finiscono per accompagnarlo alla porta. Dopo appena un anno è già tempo dei saluti.

Alberto Aquilani Liverpool Premier LeagueGetty Images

Il Liverpool lo presta ad una Juventus in piena fase di ricostruzione: a Torino si segnala il ritorno di un Agnelli alla presidenza e l’approdo in blocco del triumvirato Delneri, Marotta e Paratici, protagonisti del miracolo Sampdoria, qualificatasi ai preliminari di Champions grazie al quarto posto dell’anno prima. Champions è anche la platea che i bianconeri vogliono riconquistare dopo un anno di digiuno. 

Aquilani diventa subito uno degli imprescindibili: Delneri, per fargli spazio, gli affianca un uomo di rottura come Felipe Melo e dirotta Marchisio sulla corsia di sinistra – con Krasic a destra – a comporre la linea di mezzo di uno scolastico 4-4-2. Buoni i propositi, disastrosi i risultati: la Juve crolla in campionato arriva settima per il secondo anno di fila, mentre in Europa League viene eliminata direttamente ai gironi con sei pareggi in sei partite. Al termine del campionato i bianconeri annunciano l’ingaggio a parametro zero di un certo Andrea Pirlo e il conseguente non-riscatto di Alberto Aquilani che fa ritorno al Liverpool.

E’ un ritorno per modo di dire perché i vertici del club considerano il calciatore un corpo estraneo al progetto e decidono di cederlo nuovamente in prestito, ancora in Italia ma questa volta al Milan. I rossoneri hanno appena vinto lo Scudetto ma il centrocampo muscolare varato da Allegri riduce sensibilmente gli spiragli per un giocatore come Aquilani dalle caratteristiche che poco si sposano con il 4-3-1-2 del tecnico livornese. Morale della favola: gioca meno partite dell’anno prima e a fine anno nemmeno i rossoneri esercitano l’opzione d’acquisto.

IL RILANCIO IN MAGLIA FIORENTINA

La girandola di prestiti si chiude. Aquilani si libera dal Liverpool ed è libero di accordarsi con la Fiorentina dove vi rimarrà per tre anni dal forte sapore della rinascita. Un rilancio in piena regola maturato sotto i dettami tattici di un altro ex romanista come Vincenzo Montella, l'uomo del tricolore giallorosso nel 2001 quando Aquilani illuminava con la maglia della Primavera. 

In riva all'Arno il 'Principino' scopre un'inaspettata confidenza con il goal: ne fa sette il primo anno, sette il secondo e soltanto uno il terzo. Centra due quarti posti in tre anni che per Firenze hanno un valore inestimabile. Peccato che in quegli anni in Coppa Campioni ci andassero solamente le prime tre. Un dettaglio. Perchè il triennio tinto di viola rilancia anche le sue quotazioni in chiave nazionale: Prandelli, infatti, lo convoca sia per la Confederations Cup del 2013 che per il Mondiale del 2014.

"Riparto da Lisbona, dopo tre anni bellissimi trascorsi a Firenze. Tre anni nei quali ho conosciuto dei compagni di squadra straordinari, con i quali ho raggiunto traguardi belli ed importanti. In maglia Viola ho avuto l'opportunità di giocare con continuità, soprattutto nelle prime due stagioni, e di ottenere la convocazione alla Confederations Cup e al Mondiale: una soddisfazione immensa, un sogno per me! L'ultimo anno non è stato così positivo come gli altri due ma ho sempre dato il 100% in campo. Voglio ringraziare i tifosi viola, tutti i miei ex compagni e la società ACF Fiorentina per queste tre stagioni vissute insieme. Da parte mia c'era la volontà di proseguire questa esperienza ma non è stato possibile. Ho fatto parte di un progetto tecnico importante a Firenze e spero che quello nuovo sia altrettanto importante e che possa regalare grandi soddisfazioni!". La lettera che il giocatore indirizzò al popolo fiorentino.

Alberto Aquilani FiorentinaGetty

DAL PORTOGALLO ALLA SPAGNA, LE ULTIME ESPERIENZE PRIMA DEL RITIRO

"Riparto da Lisbona". Proprio così, perchè la seconda parte di 2015 è quella che lo conduce verso lo Sporting dove giocherà per una sola stagione, chiudendo il personale palmares con la Supercoppa portoghese, quarto e ultimo trofeo della sua carriera. L'ultimo anno in Italia lo vive a metà tra Pescara e Sassuolo. Infine gli ultimi scampoli dell'Aquilani calciatore si consumano in Liga - la sua terza avventura estera - con la maglia del Las Palmas. 

Il 28 giugno del 2018 annuncia il suo ritiro dal calcio. Oggi ha intrapreso la carriera da allenatore e da agosto 2020 guida la Primavera della Fiorentina con cui ha vinto tre Coppe Italia consecutive e una Supercoppa nazionale. Del suo passato romanista e delle sue aspirazioni da bandiera non restano che i ricordi.

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