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Luis Enrique GFXGoal

L'anno di Luis Enrique alla Roma: il 'Demental coach' che ha vinto tutto col Barcellona

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"Vattene da Roma, s'è liberato un posto al Barcellona" recitava uno striscione esposto sugli spalti dell'Olimpico qualche anno fa e poi passato alla storia. Già, la storia. Quella scritta da Luis Enrique che, dopo una brillante carriera come calciatore, è riuscito se possibile a fare meglio come allenatore. Ma lontano dalla Capitale.

L'esperienza sulla panchina della Roma, durata appena dieci mesi, infatti è stata a dir poco deludente per tutte le parti con un settimo posto finale, tante polemiche ed una valanga di critiche su un tecnico forse ancora acerbo ma con idee che lo porteranno a vincere tutto proprio sulla panchina dell'amato Barcellona, con cui Luis Enrique travolgerà pure la Roma in Champions League oltre a battere la Juventus di Allegri nella finale di Berlino.

IL FLOP ALLA ROMA: PESANTI SCONFITTE E CONTRASTI

A scommettere forte sull'asturiano, nell'estate 2011, è la nuova società americana targata Thomas DiBenedetto con Franco Baldini e Walter Sabatini sulla tolda di comando. Luis Enrique firma con i giallorossi un biennale da 1,5 milioni netti a stagione con opzione di rinnovo per il terzo anno.

Reduce solo da una paio di stagioni sulla panchina del Barcellona B, dove aveva sostituito l'ex compagno e grande amico Pep Guardiola promosso tra i grandi, il tecnico affronta la prima vera esperienza ad alti livelli senza alcuna paura.

"Un progetto vincente, per questo ho scelto Roma. Io stesso sono un vincente altrimenti non avrei lasciato il mio lavoro qui e la mia famiglia... Praticherò un calcio spettacolare, voglio portare la gente allo stadio. Non mi conosce nessuno? Vedrete che tra un anno mi conosceranno tutti".

Luis Enrique si porta dietro un nutrito staff di cui fa parte tra gli altri anche Ivan De La Peña, scelta questa non troppo gradita alla piazza per il seppur breve passato alla Lazio. Il nuovo allenatore però tira dritto per la sua strada dimostrando di avere subito le idee fin troppo chiare. Dal mercato arriva un mix di gioventù ed esperienza. Il colpo, almeno sulla carta, è un pupillo di Luis Enrique: Bojan Krkic, sbarcato dal Barcellona con l'ingombrante etichetta di nuovo Messi.

"Cercherò di lavorare con i migliori, quelli che ci sono già e quelli che porteremo a Roma".

Insieme a Bojan la nuova dirigenza regala a Luis Enrique un altro giovane talento come Erik Lamela, il portiere olandese Stekelenburg, Miralem Pjanic e José Angel. L'attacco viene rivoluzionato con l'acquisto di Pablo Daniel Osvaldo ed il riscatto di Marco Borriello dal Milan, a completare il reparto ecco Fabio Borini dal Parma. Gabriel Heinze e Fernando Gago sono gli uomini d'esperienza scelti per rinforzare difesa e centrocampo.

L'inizio dell'avventura giallorossa però è uno shock, la Roma viene eliminata ai preliminari di Europa League dallo Slovan Bratislava. Nella gara d'andata, persa 1-0 fuori casa, Luis Enrique schiera il giovane Okaka al posto di capitan Totti al centro dell'attacco dimostrando subito come con lui nessuno abbia più il posto assicurato.

"L’ho fatto perché Totti si è potuto allenare poco in settimana. E se si faceva male?".

Al ritorno finirà 1-1: Roma eliminata e prime polemiche di una stagione fatta di continui alti e bassi. Al debutto in campionato i giallorossi perdono in casa contro il Cagliari, poi arrivano due pareggi con Inter e Siena. Il progetto tiki taka non decolla. Dopo le due vittorie contro Parma e Atalanta ecco un'altra sconfitta bruciante: quella nel Derby contro la Lazio.

Al termine della stagione i ko in campionato saranno addirittura quattordici, alcuni dei quali pesantissimi: 3-0 a Firenze, 4-2 a Cagliari e Lecce, oltre al 4-0 in casa della Juventus dopo che sempre i bianconeri avevano eliminato la Roma ai quarti di Coppa Italia con un secco 3-0. Il tracollo più clamoroso, che forse segna la rottura definitiva tra Luis Enrique e il mondo Roma, arriva però a Bergamo il 26 febbraio 2012.

Luis Enrique Francesco Totti RomaGetty

I giallorossi sono ancora in lotta per il terzo posto, la settimana dopo si gioca il ritorno del Derby ma De Rossi arriva alla riunione tecnica con un minuto di ritardo e Luis Enrique non perdona. Capitan futuro va in tribuna per 'motivi disciplinari' mentre in campo la Roma, rimasta addirittura in 9 per le espulsioni di Osvaldo e Cassetti, viene travolta dall'Atalanta: 4-1.

"I calciatori più importanti devono essere degli esempi. Se non sono pronti devo fare una scelta. Per me sarebbe molto più facile scegliere la formazione titolare. A medio e lungo termine non sbaglio, il gruppo viene prima di tutto. E nessuno mi può assicurare che con un giocatore diverso in campo la sconfitta non ci sarebbe stata".

Il giorno dopo a spiegare quanto accaduto è lo stesso De Rossi, escluso dalla gara nonostante il tentativo di mediazione da parte di alcuni compagni.

"Sono stato solo disattento. Ma non ho litigato, né picchiato nessuno. Parlo perché non ho nulla da nascondere e anche per dire che non ho mancato di rispetto a nessuno. Se la società vorrà specifichere l'entità del ritardo può farlo. Io non sono stato strafottente o maleducato. Io devo eseguire gli ordini, ma non viviamo in un regime nazista".

Una settimana più tardi De Rossi viene schierato regolarmente a centrocampo ma la Roma perde il secondo Derby stagionale sotto i colpi di Hernanes e Stefano Mauri, mentre il momentaneo pareggio giallorosso è firmato da Borini. Una sconfitta che di fatto segna il prematuro epilogo di una storia mai nata.

Luis Enrique finisce nel mirino dei tifosi per i quali il tecnico asturiano diventa "Zichichi”, “Scucchione” o il “Demental Coach” con evidente riferimento a idee di calcio ritenuto troppo futuristiche. Il tutto nonostante non manchino anche ottime prestazioni come quella offerta dalla Roma a Bologna, quando al termine della partita vinta per 2-0 dai giallorossi Marco Di Vaio spende grandi elogi nei confronti del gioco espresso dalla squadra di Luis Enrique.

”La Roma è una squadra che mi ha impressionato, poche volte in carriera mi è capitata una cosa del genere, per cui va dato merito”.

Il settimo posto finale con 56 punti però estromette la Roma dalle coppe europee per la prima volta dopo 15 anni, così a maggio Luis Enrique annuncia l'addio rinunciando a un anno di stipendio.

"Vado via perché non sono riuscito a mettere sul campo le regole del calcio che volevo insegnare, ho fatto delle scelte e chiedo scusa se ho sbagliato. Lascio la Roma perché non sono riuscito a dare il 100%. Ai calciatori posso solo dire di continuare a seguire questa società perché è un grande club. Me ne vado perché sono molto stanco. Non recupererò questa forza durante l'estate, come faccio a essere utile alla squadra? Non allenerò il prossimo anno. E' stato bellissimo essere allenatore della Roma, un grande orgoglio. Non mi sono pentito, nemmeno nei giorni più brutti. Rispetto Totti come uomo e come giocatore, da quando sono arrivato con lui non ho mai avuto problemi. Ringrazio tutti i ragazzi per avermi ascoltato, non è stata una stagione soltanto negativa".

Franco Baldini, l'uomo che lo ha fortemente voluto, davanti ai microfoni spiega come Luis Enrique non abbia retto alle pressioni di un piazza sempre molto esigente.

"Per gente come lui che vive così visceralmente il suo lavoro i risultati non possono aver avuto un'influenza. Ma il problema vero è stato il logorio: nel corso della stagione ha avuto un dispendio di energie così alto che a un certo punto si è sentito fiaccato e infatti posso già dire che l'anno prossimo non allenerà".

IL TRIPLETE COL BARCELLONA E IL 6-1 IN CHAMPIONS LEAGUE

A sostituirlo sulla panchina della Roma è Zdenek Zeman, il cui ritorno viene accolto quasi come una liberazione dai tifosi mentre Luis Enrique come annunciato si prende una pausa prima di ripartire dal Celta Vigo. A rendere merito al lavoro svolto dal tecnico asturiano nella Capitale, qualche anno dopo, sarà proprio Daniele De Rossi alla vigilia di una sfida di Champions League contro il suo Barcellona.

"Per sua fortuna è riuscito ad avere successo altrove e sono contento per lui.  Non è uno scemo come lo dipingevate qua a Roma, è una brava persona e un bravo allenatore. Faccio sempre il tifo per lui".

Lontano da Roma infatti la carriera da allenatore di Luis Enrique finalmente decolla: dopo una buona stagione al Celta Vigo, il primo anno sulla panchina del Barcellona è semplicemente trionfale. I blaugrana centrano il Triplete vincendo nel giro di poche settimane Liga, Coppa del Re e Champions League, alzata al cielo di Berlino dopo aver battuto la Juventus. Un successo che Luis Enrique dedica proprio ai tifosi giallorossi.

“Dedico questa vittoria a Claudio Bisceglia, il mio amico romanista, che oggi sarà molto contento, a tutti i tifosi romanisti e pure a quelli della società”.

Le strade di Luis Enrique e della Roma si incrociano di nuovo nel 2015/16, quando il Barcellona è inserito nello stesso girone di Champions dei giallorossi. All'andata i capitolini riescono a strappare un ottimo pareggio grazie alla prodezza di Florenzi, al ritorno però la squadra allenata da Rudi Garcia viene travolta per 6-1 al 'Camp Nou'.

Una sconfitta pesantissima per la Roma, una bella rivincita per il 'Demental coach' capace di vincere tutto col Barcellona.

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