Andy Selva, imperatore di San Marino e bomber del primo Sassuolo

Andy SelvaGetty

E' probabilmente una della frasi motivazionali più utilizzate sui social, in post sul tenere duro, sull'essere migliore, sul non guardare ad un mondo in cui è quasi impossibile stare dietro a tutto e tutti per cercare sempre di essere in cima. Una frase che in realtà, come ovvio, riassume realmente tante vite, semplici, sportive, di quel passo in avanti necessario. Ah sì, la frase. "Meglio regnare all'Inferno, che servire in Paradiso". John Milton, Paradiso Perdudo, 1667. Chissà cosa avrebbe detto avesse visto solamente un suo verso ovunque, talmente forte dallo spazzare via tutto il resto della fatica scritta. Divaghiamo. Re o servitore? Leggenda unica o uno dei tanti, seppur ben ricordato dal mondo del calcio, in questo caso. Andy Selva, meglio all'inferno.

Che inferno neanche è, ma serve a rendere la base della frase e dell'essere unico dominatore in un luogo in cui è difficile emergere per essere il sovrano. San Marino, da dove viene Selva, è unico luogo che è facile scambiare per Italia, come in altre nazioni piccoli stati interni o confinanti sono spagnoli, francesi, olandesi. Hanno invece identità forte, gigantesca, quasi infernale, per come è roboante il Monte Titano, rilievo più importante del paese, spesso utilizzato per indicare la Repubblica stessa. Selva è il Titano di San Marino.

Facile dire San Marino, facile parlarne quando si tratta di partite calcistiche, in discorsi popolari più che da sport. Perde sempre, quasi sempre, con più e più goal di scarto, la Nazionale. Perchè troppo povera di talento? Perchè veramente troppo limitata in termini di disponibilità di persone e dunque di calciatori. Poco più di 30.000 persone, praticamente un quartiere di una grande cità. Figurarsi trovare cannonieri d'elite. Andy Selva però sì.

E' il capocannoniere della sua Nazionale. E qui è facile, ma abbastanza scontato dal non evitare di metterlo sul piatto. Nessuno ha segnato di più di lui nella storia della sua rappresentativa, e anche davanti a pochi goal, quel record e traguardo, a meno di rivoluzioni che lo stesso Selva sarebbe realmente contento di abbracciare, è suo, solo suo. Otto reti in 73 presenze fanno di Selva il bomber più prolifico nella storia della rappresentativa di San Marino. Sette volte ha segnato in sconfitte, ma una volta, quella no, quella fu vittoria, contro un altro micro-stato in cui leggenda e mito si mischiano. Contro il Lichtstein in rete lui. Altra storia.

Continuamo a divagare, ma la storia di San Marino (calcistica) è talmente particolare dal voler aprire mille portoni curiosi, senza riuscire a chiuderne nemmeno uno. E' però necessario farlo. Stiamo sul ruolo di primatista e di quella lista, particolare. Facile statistica, ma di quelle da tomo, storico, calcistico. Perchè Cristiano Ronaldo è il marcatore top del Portogallo, Riva dell'Italia, Pelè del Brasile, Messi dell'Argentina e così via. Ad un primo sguardo Selva è affianco a loro. Certo, in un secondo piano verticale i puntini vanno sulle i, ma intanto lui ha regnato all'inferno titanico dei pochi giocatori. Mica male no?

Andy Selva esordisce nel San Marino a fine millennio scorso, nel 1998, e sarà capitano, goleador, simbolo e icona fino al 2016, quando verrà sconfitto ancora una volta, col sorriso sulle labbra di chi ha provato in tutti i modi a rendere la Nazionale, in maniera utopica e realmente ardua, un mondo migliore. Retorica? Forse in altri contesti, ma non in una Nazionale da 30.000 persone nazionali, in cui ogni vittoria è realmente un Mondiale vinto, un pareggio o un goal sono esaltazione.

Tanta D, tanta C, qualche occasione sfumata. Diciamo più di una. Perchè provenire da San Marino ed essere simbolo forse avrebbe influito negli ultimi anni, a caccia di social e carattere esotico, ma che in passato, diciamocela tutta, generava probabilmente solo tenerezza. Selva ha segnato più di 200 reti ufficiali in carriera, ma più della metà tra i Dilettanti. Quando ha avuto l'occasione di giocare in Serie B in maniera veramente minima e limitata, non ha mai trovato il goal. Giocava con due colori addosso, in quel caso. Uno nero, l'altro verde. Non il Pordenone. Sì il Sassuolo. Che fa rima con Berardi e Caputo, Zaza e Boga, Politano, Locatelli. Quelli della A, i ragazzi terribili tra Europa e grandi sogni in un bel teatro in cui recitare e produrre. Il Mapei.

Il passato del Sassuolo delle vecchie generazioni era però fatto di dilentattismo continuo. Andy Selva fece parte del primo e del secondo. Abbattuto però da un infortunio che portò a otto presenze tra campionato e coppe, a due goal in cui la sua carriera sembrò avere un grande salto prima di rimanere al palo. Ora il Sassuolo significa qualcosa, ma allora, nel 2006, alla domanda se volesse farne parte, pensò ad uno scherzo.

E' lo stesso Selva a 'Canalesassuolo' a raccontare di come nel 2006, allora C2, allora goal per il bene del Padova, venne contattato da questo club dal nome un po' strano:

"La prima volta che vidi un dirigente del Sassuolo è stata una volta lasciato il Padova: vennero a parlare con me Giovanni Rossi e il segretario Gerardo Esposito. Sinceramente non conoscevo Sassuolo ed ero titubante: era una realtà nuova, una neopromossa. Dopo aver parlato con la società mi sono ricreduto perché ho capito che il Sassuolo era un club ambizioso, lungimirante e dalla gestione familiare: è questo che ha permesso ai neroverdi di arrivare dove sono adesso e di sorprendere anno dopo anno".

La consapevolezza del Sassuolo, di avere un gran piano, si può tradurre nel saper trovare gli uomini giusti, sopratutto in panchina. Durante la sua carriera neroverde, infatti, Selva, viene allenato da tre allenatori. Remondina, Mandorlini e nel mezzo Max Allegri. Proprio lui:

"Tutti e tre mi hanno lasciato molto, anche coloro con cui ho avuto meno rapporti: adesso che sono diventato allenatore me ne rendo conto ancora di più. Prima alcuni atteggiamenti non li condividevo perché pensavo soltanto a me stesso in quanto calciatore: le cose cambiano quando devi pensare a 25 tesserati. Allegri, Mandorlini e Remondina sono personaggi a cui sono legato, in un modo o nell’altro. Il gol più importante? Per un attaccante lo sono tutti, contano allo stesso modo. Di sicuro i gol della stagione 2007/08, quelli della promozione, sono stati i più decisivi”.

Selva, intervenuto a 'Cronache di spogliatoio', ha raccontato anche il primo contro con l'attuale tecnico della Juventus ai tempi della SPAL. Un incontro decisamente particolare.

"Il suo primo giorno a Ferrara, ero in ufficio con il direttore a discutere per un premio non dato. Lui stava ascoltando e disse: ‘E dai, che ti innervosisci per due spicci!’. E io gli risposi: ‘Se sono due spicci dammeli tu!’. Il direttore si voltò: ‘Andy, ti presento il nostro nuovo allenatore, Max Allegri’. Ero bianco".

Saranno 29 goal con il Sassuolo, ma neanche uno in Serie B. Quando si parla di neroverdi e delle statistiche relative ai goal, soprattutto, si pensa a Berardi e Caputo. Ed effettivamente Domenico B è finito nel cententario, seguito da altri nomi dimenticati dal calcio italiano, ma non dai fans neroverdi, come Masucci, Noselli e D'Agostino.

In mezzo Defrel e il già citato Ciccio, prima di imbattersi in Andy Selva, che di quella lista, a sensazione presente e futura, sarà l'ultimo ad avere per mani un record da Guinness con la propria Nazionale. Primo per reti e benchè non citato in precedenza, dato principale anche per quanto riguarda le presenze ufficiali con la Nazionale di San Marino.

Non è stato un bomber di provincia. E' stato bomber nazionale, per quanto riguarda le gare della propria rappresentativa, prestato all'estero (perchè di questo si tratta) per provare ad andare oltre la propria 'maledizione' del riuscire ad emergere con tale passaporto in tasca. Nessuna maledizione però in termini reali, nessun rimpianto e nessun rimorso (cit). La consapevolezza di essere primo, leader di quella speciale lista basta e avanza. Quanti possono dire lo stesso? Solamente i primatisti. Puskas, Eto'o, Dzeko, Lukaku, Che bel quadretto in cui essere dipinto.