GOALQuanti modi conoscete per passare alla storia alla calcio? Parecchi, immediatamente concentrati nella vostra mente relativamente alla conquista di Mondiali ed Europei, di Champions e svariati campionati da protagonista. E' la base dell'entrata nella leggenda, a più gradi di evoluzione a seconda dell'importanza in quel dato torneo. Ci si finisce per aver inventato una particolare esultanza o un modo folle per battere le rimesse laterali. Il piede, con lo scarpino a ricoprirlo, cammina sui libri di storia pallonara, venendo risucchiato grazie ai record, negativi e positivi.
Volontarietà, destino, lavoro. Occhio però perché nelle pieghe del tempo, nella storia della rotolante sfera si può avere a che fare con essi senza volerlo. Ogni tanto il nome di Mohammed Aliyu Datti salta fuori per stilare una lista di flop e meteore delle big, e in questo caso di casa Milan. Il contrario. Due presenze, un decennio di gloria per il Diavolo. E' possibile? E' possibile.
La trama della vita calcistica di Aliyu è grottesca, forse un po' sperimentale. Non che Datti fosse scarso, anzi. Il problema è che durante la sua era calcistica è stato spinto in avanti, rimanendo nella mente marginalmente per come lo sport affronta regolamenti ed intuizioni. Buon attaccante, Aliyu Datti, uno dei pochi nigeriani ad aver vinto lo Scudetto in Italia. Possiamo anche darvi cinque minuti per rispondere. Il risultato sarà tanti dubbi e ripetuti 'boh'.
Del resto, chi ricorda Aliyu come scudettato a fine anni '90? Vecchi appassionati tifosi del Milan. Definire gli altri connazionali in cima all'Italia è altrettanto difficile. Non hanno certo lasciato il segno a livello di marcature multiple ed eventi stratosferici neanche Obi con l'Inter, oppure Oduamadi con i cugini in festa dall'altra parte dei Navigli. Diverso il discorso relativo a Obafemi Oba Oba Martins, anch'esso un titolo in bacheca. Comunque, altra storia. Si diceva, Datti.
Che arriva in Italia in maniera alquanto dura da recepire. Simpatico, aperto a storie, racconti, documentari o corti. E' il 1997 e Datti ha 15 anni. Viene da Kaduna, città in cui sono nati anche gli eroi nazionali Babangida e Babayaro. Lui, Aliyu, è diventato un cult tra i volti meno noti e passati velocemente al Milan, senza essere un eroe. Forse qualcuno direbbe che si tratta dell'eroe che i tifosi non si meritavano, ma di cui avevano bisogno. O forse no, senza ricorrere ad una scontata citazione da The Dark Knight (che no, non è il miglior film di Batman della storia).
Il Padova preleva Aliyu dai Zaria Young Strykers, grazie al lavoro degli osservatori tra i giganti del continente. Adolescente, non è certo una punta capace di travolgere i suoi avversari. Ha una struttura fisica che può migliorare, ma dura la sua carriera rimarrà sempre una punta smilza, che farà della sua agilità la maggior arma. I biancorossi credono tanto in lui, ma non a quel livello da far carte false. E così posiziona le stesse sul tavolo. Per modo di dire. Sì, perché l'acquisto del ragazzo avverrà dopo l'estrazione di presidente e dirigenza.
Nel corso del tempo è stato il presidente Cesare Viganò a svelare l'aneddoto:
"Quando lo vidi insieme a Garba non sapevo chi scegliere, erano bravi tutti e due. Ma potevo tesserarne uno: così a tavola la sera tirammo a sorte. Ed uscì Aliyu"
Anche Hashimu Garba - di due anni più grande - venne comunque acquistato dal Padova, impossibilitato a farlo scendere in campo causa massimo numero di extracomunitari raggiunto. Venne così girato al Chievo, per poi continuare la sua carriera nelle serie inferiori. Aliyu Datti, grazie al bim-bum-bam della sorte, riesce a metttersi in mostra in Veneto al Ravenna, per poche apparizioni utili a farsi notare dal Milan. I rossoneri vedono in lui un buon tassello per la Primavera, portandolo via dal team Viganò qualche mese dopo l'arrivo in Italia. Le possibilità di giocare in Serie A? Le stesse che ha un giovane militante in Primavera: tante, ma anche poche. A seconda delle note del fato.
ESORDIO, APPLAUSI E PRESTITI
Complici alcuni problemi di rosa, mister Zaccheroni lo chiama in panchina per la sfida contro il Bologna, la sua prima esperienza in Serie A. E' il 24 gennaio 1999 e Aliyu non è certo consapevole che al termine della gara avrà registrato una delle sue due uniche apparizioni nella massima serie. Basta e avanza per non essere uno dei soliti bidoni. Una banale meteora. Al Dall'Ara il match è tiratissimo, sul 2-2 fino al 90'. Ganz rimane in panchina, subentra a Leonardo il giovane Datti. Magoni, che ha sostituito l'infortunato Tarantino a inizio gara, non è incappato in una giornata positiva.
Ha perso Bierhoff e gli avanti rossoneri in più occasioni, fino a causare l'autorete del pari. E' in difficoltà anche sulle accelerate del 16enne Aliyu (che dietro le spalle ha la 16 e il nome Mohammed), perfettamente a suo agio in velocità e davanti ad una retroguardia di Mazzone in affanno. E' lui a guadagnare la punizione dal limite che l'altro neoentrato. Bruno N'Gotty, segnerà al 90' per la vittoria del Milan: sono tre punti fondamentali per il proseguo dell'annata. Gloriosa, alla fine.
YoutubeAliyu Datti non perde tempo. Il Milan, però, non può continuare a dargli fiducia. Ha del resto ancora 16 anni e sta a sorpresa lottando per il titolo. Il ragazzo non va bruciato. Rimane così in Primavera, dove dimostra di avere grandi capacità, da far sbocciare in vista del futuro, sia esso in primavera o nella stagione successiva.
Mister Tassotti, uno che in casa rossonera gode ovviamente di grande considerazione dopo l'era del Diavolo vincitore nell'inferno della Champions League, lo schiera titolare tra campionato giovanile e Viareggio. Il nome del ragazzo nigeriano, riuscito a guadagnarsi anche un posto nell'Under del suo paese, comincia a viaggiare. Il suo nome viaggia tramite il passaparola, gli articoli di giornale e le prime pagine web. Lui, in campo, viaggia come uno Shinkansen.
Nel Torneo Carnevale, contro il Bayern Monaco, sono tutti ai suoi piedi. Segna dopo 15 secondi. Serve due assist per Gasperatto e Nicoletti. Finisce 4-0, sotto gli occhi di Baresi, Trapattoni, Rui Costa, Nesta, Fogli, Burgnich. Si inaugura il Viareggio (che sarà vinto proprio dal Milan) e tutti possono applaudire Aliyu Datti, un ragazzo da osservare, autore di ottime prestazioni nel biennio giovanile rossonero. Uno, però, da non da gettare nella mischia, rischiando di bruciarlo. Solamente quindici mesi più tardi, tornerà in panchina per una manciata di incontri, riuscendo a scendere in campo anche nella sfida contro il Torino (2-2).
Aliyu Datti, nel frattempo riscattato dal Padova, gioca i venti minuti finali di Torino-Milan senza quell'emozione del gennaio 1999. Sta crescendo bene, ha potenzialità per un futuro sotto l'ala del Diavolo. Ha 18 anni e uno Scudetto vinto con i rossoneri dopo una presenze e un'azione decisiva. Può farcela, è solo questione di tempo. Viene spiegato al ragazzo, lo capisce, aspetta. Aspetta, aspetta. Niente da fare. La realtà dei fatti vedrà il nigeriano giocare in Coppa Italia la sua terza e ultima presenza con i rossoneri, prima di iniziare il vorticoso sistema di prestiti contini. Prima al Monza, con le prime reti da professionista in Italia, dunque al Siena. E' il 2003, l'anno di Kakà a Milano.
IL RAGAZZO DIETRO KAKÀ
Datti non ha brillato al Siena, continuamente in panchina e privo di chances. Non sta cominciando a perdere il treno del grande calcio, visto che gli anni sulla carta d'identità sono 21 e il Milan potrebbe avere bisogno di un rincalzo giovane per l'annata post successo in Champions League. Datti non ha dimenticato i vecchi sogni e le speranze di futuro accantonate temporaneamente per il doppio prestito, vuole una fetta della succosa torta con i coloranti rosso e nero. Purtroppo per lui, la società sta pensando di lasciarlo andare definitivamente, perché il suo status da extracomunitario è ingombrante. Tradotto: il Milan non può acquistare nessuno in giro per il mondo senza cedere uno dei suoi. Gli intoccabili son per l'appunto, intoccabili.
Inizialmente il Milan sta puntando un 22enne difensore rumeno di nome Christian Chivu. Extracomunitario, ha attirato l'attenzione su di sé da inizio anno. Finirà alla Roma, perché nel frattempo la società rossonera ha deciso di posizionare tutte le sue fiches su un giocatore nato a migliaia di km di distanza, in quel di San Paolo. Ricardo Izecson dos Santos Leite ha 21 anni e movenze leggiadre. La scelta di tenere il coetaneo Aliyu Datti non sembra essere più contemplata. Hanno la stessa età e uno può valere l'altro, sulla carta. Adriano Galliani, dirigente dei rossoneri, non vuole rinunciare ad una scommessa creata tre anni prima: una scommessa in cinque punti.
Numero uno, la scoperta di Kakà, osservato da uno scout in Brasile tre anni prima del suo acquisto. Numero due, il sì di Ariedo Braida, che ha dato l'ok al proseguo dell'attenzione sul giovane verdeoro. Tre, l'uomo rossonero Leonardo, che nel 2001 giocherà per il San Paolo sì, ma ancora per il Milan, pronto a narrare a Ricardo le gesta rossonere un giorno sì e l'altro pure. Quarto, il demiurgo Galliani ad orchestrare l'operazione, rispondere al telefono, chiudere il cerchio. Cinque, serve cedere un extracomunitario. Serve cedere Datti.
Il ragazzo non punta i piedi, capisce che in un modo o nell'altro lascerà il club. Di chances in prima squadra non se ne parla. Dunque, altro giro di prestiti, continuo e senza scampo, o addio definitivo allo Standard Liegi. Quando poco dopo il suo arrivo, Kakà si rivelerà realmente fenomenale, Galliani lascerà leggermente da parte la maschera da lavoratore modesto, per indossare quella contraria.
"Il merito dell'operazione Kakà? Un osservatore, Braida, Leonardo. Ci aggiungerei Galliani che, un mese prima di acquistare Kakà, ebbe l' ispirazione di vendere Aliyu allo Standard Liegi per liberare un posto da extracomunitario. Hai visto mai..."
Ha visto bene Galliani sì, eroe del calciomercato. Secondo solo al primo volto da copertina, ovviamente mister Kakà. Aliyu Datti? Dimenticato, nonostante il Bologna e quella punizione che valse tre punti di platino e il saper farsi da parte per portare a Milano il ragazzo di buona famiglia in smoking bianco. In Belgio il nigeriano troverà la sua dimensione, arrivando in doppia cifra con il Mons, giocando l'Europa League con il Sportvereniging Zulte Waregem e concludendo la carriera con il Dessel Sport, con il Gent e i connazionali del Niger Tornadoes nel mezzo.
Ad appena 28 anni, Aliyu Datti ha lasciato il calcio giocato. In Belgio, proprio nella Liegi dove approdò per favorire l'arrivo di Kakà al Milan, ha cominciato a studiare il francese per avere più sbocchi nel mondo del pallone. Come ha scoperto 'Europacalcio.it', è entrato nella Dewusky Football Academy, scuola calcio di Zaria, città della regione in cui è nato.
Il ruolo di Aliyu Datti? Il talent scout, pronto a segnalare i migliori ragazzi dell'accademia insieme a Christian Obodo, vecchio nome della Serie A riuscito a far maggiore strada nel calcio italiano:
"L’idea di fondare l’Accademia è nata assieme ad un gruppo di amici che avevano il desiderio di aiutare i nostri giovani talenti a maturare e, nonché cercare di lanciarli verso il calcio professionistico" le parole a 'Europacalcio.it. "Abbiamo partecipato ad alcuni tornei dentro e fuori la Nigeria. Ma non vogliamo fermarci qui, l’obiettivo è migliorare e crescere, non solo all’interno della Nigeria. Abbiamo appena cominciato".
Aliyu sembrava aver cominciato dopo quell'esordio con il Milan. Il rischio di bruciarlo portò però all'esatto opposto, una carriera normale e senza esaltazioni. Sacrificato sull'altare di Kakà. Uno Scudetto vinto da contribuente silenzioso, ma a conti fatti, essenziale. Ci sono modi più nascosti per rimanere nella storia.
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