Gli spogliatoi del Victoria Stadium sono quanto di più fedele possa esserci all’idea di old style nel calcio: due panchine in legno che parallelamente si squadrano fredde, seriamente definite dalle colonne erette dagli armadietti rossi, coperti a loro volta dalle maglie delle due squadre. Non è, comunque, l’immagine più strana consegnata dall’unico stadio di Gibilterra.
Dalla tribuna centrale, coperta, si estende la vista del campo in sintetico: un complesso polifunzionale che, prima o poi, stando ai diversi progetti proposti nel corso degli anni, verrà rinnovato. Le due porte, invece, sono pluridimensionali: la prima, a sinistra, dà le spalle all’aeroporto internazionale di Gibilterra (distante pochi metri), la seconda, invece, conduce metaforicamente alla Rocca di Gibilterra. Il Monte di Tariq.
A Tariq ibn Ziyad, o Taric el Tuerto, condottiero che diede il via alla conquista islamica della Spagna (con conseguente presa della Rocca di Gibilterra) viene attribuito uno dei più importanti inni di guerra della storia.
"O gente! Dov'è la via di fuga? Il mare è dietro di voi e i nemici sono davanti a voi. In quel che dico non v'è, per Dio, se non verità e pazienza”.
Tariq conquista la Rocca e tutt’intorno si trasforma in "Jabal al-Tariq": “montagna di Tariq”. "Gibilterra". Entrati negli spogliatoi del Victoria Stadium, informati da chi conosce le radici del luogo, può capitare di ripensare al discorso di Tariq e al peso specifico delle sue parole: la resa non è ammissibile, soprattutto se si parla di sogni.
Da quelle parti, almeno una volta all’anno, suona l’inno della Champions League (o delle altre competizioni europee), sempre per quello strano discorso delle porte dimensionali: il Lincoln (il club più titolato di Gibilterra) nei decenni ha ospitato squadre storiche, riuscendo a vincere contro il Celtic di Brendan Rodgers nel 2016. Preliminari della Coppa più importante: capirai. Nel 2018 è toccato a La Fiorita scendere in campo al Victoria, ed è qui che parte la nostra storia: quella di Tariq e di un uomo che ha conquistato la Rocca di Gibilterra e un pezzo inimmaginabile di storia. La sua.
Non tutti hanno la possibilità di vantare una pagina personale su Transfermarkt: Alessandro Cattelan sì. Viene definito un calciatore in attività, nonostante le sue statistiche non vengano aggiornate spesso: la voce dei trasferimenti, però, è parecchio dettagliata. Inizia al Derthona quando “Most Wanted” (figuriamoci "EPCC") era solo un progetto sfiorato energicamente col pensiero: non esistono documenti visivi del suo esordio in Serie D, ma è avvenuto.
Nasce centrale difensivo, può giocare a destra: gli anni hanno tradito la forma, ma non il carattere calcistico. L’idea è folle: quando torna al Derthona, in Promozione, “E poi c’è Cattelan” è già uno dei format di punta di Sky Uno, ma la strana congiunzione astrale vuole che quel periodo tra il 2017 e il 2018 cambi irreversibilmente la nostra timeline, e chissà quale altra nel multiverso.
Se i Måneskin non fossero arrivati secondi a X Factor dietro a Lorenzo Licitra con ogni probabilità non avrebbero mai vinto Sanremo, né avrebbero aperto un concerto dei Rolling Stones. E, senza il successo a Rotterdam, Cattelan non avrebbe mai condotto l’Eurovision di Torino. Tutto torna: bastava poco, e va bene così. Il “butterfly effect” generato dall’undicesima edizione di X Factor, comunque, ha fatto sì che a giugno nello spogliatoio del Victoria Park, in quel corridoio formato dalle panche in legno, accanto a quella di Damiano Tommasi ci fosse la sua maglia. Incredibilmente.
La sua stagione è stata chiaramente segnata dagli impegni televisivi e da un infortunio, ma non importa: La Fiorita, fresca di titolo sammarinese (e del “double”, con la Coppa Titano”) decide di tesserarlo in vista del preliminare di Champions League contro il Lincoln. Non è l’unico volto noto di quella formazione: Damiano Tommasi, già citato, è il motore a centrocampo, ma in squadra c’è anche Davide Succi, ex Palermo, Chievo e Bologna. Avrebbero dovuto esserci anche Alessandro Alciato e Usain Bolt, ma sarebbe stato troppo, forse.
“L’idea è nata da Demetrio Albertini: una sera ad un evento mi ha fatto conoscere Damiano Tommasi che mi ha tirato dentro. Ovviamente ho detto sì: poi ho fatto le visite mediche, firmato un contratto a zero euro e chiesto al “mio” Derthona di essere ceduto in prestito”, ha raccontato Cattelan a La Gazzetta dello Sport.
Cattelan non gioca titolare: no problem. La partita si mette male. Il Lincoln la sblocca subito con Hernandez, ribadendo il vantaggio nella ripresa con un goal di Moreno. Procopio, allenatore de La Fiorita, si gira e chiama Alessandro.
“Con il numero 2 Alessandro Cattelan”, recita lo speaker, mentre va a posizionarsi a destra. “E poi c’è Cattelan”, all’89’: per 5 minuti il mondo e il tempo si ferma. Tornano indietro a quando, in camera, ascoltava la radio con le partite dell’Inter, a quando a Tortona ha esordito in Serie D: alla chiamata di All Music e al percorso radiofonico e televisivo. Artistico: ritorna a Tariq e alla conquista della Rocca di Gibilterra. Il suo monte, espugnato nell’animo da Cattelan, che in vita può dire di aver fatto molto più di altri. Persino esordire in Champions League.
“È stata un'esperienza fantastica. Non dimenticherò mai l'emozione dell'ingresso, l'accoglienza dei miei compagni e di tutto lo staff, le note dell'inno della Champions League e... la musica latino-americana sempre a palla nello spogliatoio. Grazie La Fiorita per avermi regalato la possibilità di spuntare dalla lista delle cose da fare nella vita, una voce inimmaginabile”.
Uno dei video di quella giornata, presente su You Tube, lo ritrae in panchina nel pre-match. Indossa una pettorina magenta e danza spensierato. In poche parole, il senso ultimo di “Human” dei Killers. “Are we human or are we dancer?”. Indubbiamente la seconda, nella lucida pista da ballo della vita, con l’inno della Champions League in sottofondo.


