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Birindelli JuventusGetty Images

Alessandro Birindelli: la Juve, l’assist al Camp Nou e una nuova vita da ristoratore

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Una vita da mediano, recita una nota canzone dedicata dal tifoso interista Luciano Ligabue al suo idolo Lele Oriali. Canzone che calza a pennello a tanti giocatori magari poco appariscenti ma utili se non indispensabili quanto i campioni più reclamizzati per ottenere grandi risultati.

Questo ad esempio è il caso di Alessandro Birindelli, autentico jolly capace di giocare indifferentemente come terzino sia a destra che sulla sinistra, rimasto alla Juventus ben undici anni vincendo qualcosa come tre scudetti, più due revocati causa Calciopoli, e tre Supercoppe Italiane. Oltre ad aver giocato due finali di Champions League, perse entrambe contro il Real Madrid nel 1998 e contro il Milan nel 2003, quando peraltro Birindelli fu l’unico a realizzare il suo calcio di rigore insieme a Del Piero.

IL GREGARIO PUPILLO DI SPALLETTI E LIPPI

La carriera da calciatore di Birindelli inizia all’età di otto anni nella squadra del San Frediano, un piccolo centro della provincia di Pisa. Inizialmente gioca come esterno offensivo ma nelle giovanili dell’Empoli arretra nel ruolo di terzino. Proprio a Empoli conosce quello che sarà il suo mentore, ovvero Luciano Spalletti, col quale conquista due promozioni consecutive dalla Serie C1 alla Serie A segnalandosi sempre tra i migliori. Un periodo che Birindelli ha raccontato qualche tempo fa a ‘Tuttojuve’.

"La mia storia inizia a San Frediano, un paese in provincia di Pisa. Mi piaceva il judo e, per un po’, ho praticato entrambi. Poi, ho dovuto scegliere ed ho continuato con il calcio a Empoli, dove ho seguito la trafila delle giovanili, fino alla prima squadra. È stata una vita molto dura. La mattina alle sette prendevo il treno per Pisa, portandomi libri e borsa da calcio. Una volta arrivato, mi infilavo di corsa nel parcheggio custodito per le bici, come tutti i pendolari. Pagavo mensilmente, oramai conoscevo chi mi teneva la roba da allenamento fino al pomeriggio. Alle tredici uscivo da scuola e avevo venti minuti per attraversare la città, lasciare il mio mezzo di trasporto e riprendere il treno. A Empoli, c’era mia madre che mi aspettava, con due panini pomodoro e mozzarella, poi via a giocare. L’ho fatto per tanti anni. Tornavo a casa distrutto, mai prima delle sette di sera. E dovevo ancora aprire i libri! Al terzo anno ho smesso; studiavo presso l’Istituto Professionale per il Commercio, ma ho dovuto scegliere”.

La svolta arriva nell’estate 1997 quando proprio Spalletti lo segnala al corregionale Marcello Lippi, che lo porta alla Juventus, squadra di cui Birindelli è da sempre tifoso. Prima di approdare a Torino c’è tempo per un’ulteriore soddisfazione come la vittoria dei Giochi del Mediterraneo con la Nazionale Under 23 allenata da Marco Tardelli. Un gruppo di cui fanno parte tra gli altri anche futuri campioni del calibro di Gigi Buffon e Francesco Totti ma in cui Birindelli non sfigura, anzi.

L’inizio alla Juventus è da favola, dato che l’esordio coincide con la vittoria della Supercoppa Italiana contro il Vicenza mentre al debutto in Champions League arriva addirittura un goal contro il Feyenoord. Alla fine le presenze saranno 47 con due reti realizzate e due trofei in bacheca, dato che alla Supercoppa si aggiunge il primo scudetto. Le cose andranno decisamente meno bene nelle due stagioni successive, anche se Birindelli resta una pedina utilissima anche per Carlo Ancelotti.

Col ritorno di Lippi la squadra torna anche a vincere e le soddisfazioni personali non mancheranno, come lo splendido goal realizzato in Champions League contro il Deportivo a La Coruna. Uno dei ricordi più belli nella carriera di Birindelli. Senza dimenticare l’assist a Zalayeta nella storica vittoria della Juventus al ‘Camp Nou’ che valse la finale di Manchester poi persa contro il Milan.

Nell’estate 2005 la carriera del terzino pisano viene bruscamente interrotta da un grave infortunio alla caviglia subito durante un’amichevole contro il Benfica che lo tiene fuori tutta la stagione. Al suo rientro in campo ritrova la Juventus in Serie B. Una mazzata che Birindelli ha faticato a digerire, come raccontato qualche tempo fa a ‘Tuttojuve’.

"L’amarezza che fa più male è stata la retrocessione in B, perché ho visto svanire tutti i sacrifici di una stagione dominata. Noi sappiamo quello che abbiamo lottato per vincere quei due scudetti e lo sanno anche dall’altra parte, però loro devono dire l’opposto per giustificare il motivo per cui non vincevano mai; la ragione, in realtà è una sola, noi eravamo i più forti e lo sapevano benissimo".

Birindelli comunque resta a Torino, diventa vicecapitano e contribuisce all’immediato ritorno della Juve in Serie A. Nella stagione successiva però collezionerà solo undici presenze tra campionato e Coppa Italia tanto che il 17 maggio 2008 annuncia l’addio ai bianconeri non senza un pizzico di rammarico confessato a ‘Tuttojuve’ per il trattamento ricevuto da Claudio Ranieri, che non gli concede la passerella finale davanti al suo pubblico.

"Ci sono rimasto male, ma è finita lì. Se avessi voluto far polemica, l’avrei fatta tre minuti dopo, quando le telecamere di SKY sono venute a intervistarmi. Sicuramente ci sono rimasto male, anche perché poi quando gli hanno chiesto il perché, la sua risposta è stata che in quel momento della gara aveva bisogno di un centrocampista. Cioè, l’ultima partita di campionato, capisci? La risposta dice tutto".

Nella carriera di Birindelli non è mancata neppure la parentesi azzurra. Dopo il successo ai Giochi del Mediterraneo, il primo a concedergli un’occasione nella Nazionale maggiore è Giovanni Trapattoni, che lo fa esordire il 20 novembre 2002 contro la Turchia. Alla fine le presenze di Biri, questo il suo soprannome per compagni e amici, saranno però solo sei.

UNA NUOVA VITA

Una volta lasciata la Juventus, Birindelli è tornato a casa per giocare nel Pisa, con cui colleziona 37 partite in Serie B nella stagione 2008/09. In seguito alla retrocessione e al successivo fallimento del club resta senza squadra prima di firmare col Pescina VG, società abruzzese neopromossa in Prima Divisione. Gioca con altri grandi nomi come César e Lampros Choutos, ma anche stavolta la squadra fallisce al termine della stagione 2009-2010 e Birindelli decide di chiudere la sua carriera da calciatore professionista.

Appesi definitivamente gli scarpini al chiodo inizia una nuova vita da allenatore come assistente di Dario Bonetti alla guida dello Zambia. Quindi si dedica ai giovani lavorando per Pistoiese, Trapani ed Empoli. In mezzo una non troppo fortunata esperienza alla Dinamo Bucarest, sempre come vice di Bonetti.

Oggi invece Birindelli si divide tra il mondo del calcio, allenando l'Under 16 dell'Empoli, e quello della ristorazione perché, come raccontato a ‘gianlucadimarzio.com’, ha aperto un locale nella sua Pisa frequentato anche dai giocatori della squadra locale compreso il figlio Samuele, oggi al Monza.

“Mio figlio ha il suo carattere, la sua testa: non so dove arriverà, ma l'atteggiamento che ha è corretto. Per come sta in campo, in partita e in allenamento, per come si pone verso i compagni. È un ragazzo del '99, ma ha già tante presenze nei professionisti e sa farsi apprezzare dagli allenatori. Ho provato più emozione per il suo debutto che per il mio con la Juve, di gran lunga".

Birindelli ha sempre vissuto il calcio a modo suo, tanto che nel 2013 ritirò la sua squadra, gli Esordienti del Pisa, dopo una lite avvenuta in tribuna tra i genitori di due ragazzi in tribuna. Episodio che ha raccontato a ‘gianlucadimarzio.com’

“Tanti capirono ma altrettanti mi accusarono di essermi fatto giustizia da solo. Quello era un campionato creato apposta per insegnare il fair play, non potevo non intervenire. Ma se intervenire significa prendersi delle sanzioni, c'è qualcosa che non va. Gli slogan e le parole non bastano, se poi si permette agli allenatori in panchina di urlare, imprecare e bestemmiare davanti ai bambini e ai genitori di inveire contro squadre e arbitri. Questi atteggiamenti vanno corretti. Le mie porte per il calcio sono sempre aperte. Ma devo essere libero di denunciare quando qualcosa non va, altrimenti contribuirei al suo male. E non sarei onesto, con me stesso e con gli altri ".
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