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Abel HernandezGetty Images

Abel Hernandez, l'altra Joya del Palermo che non brilla più

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Joya, ovvero dal dizionario spagnolo-italiano: gioiello, gioia, perla. Un termine che ormai da anni nel calcio italiano viene associato a Paulo Dybala ma che prima dell'argentino aveva un altro padrone, decisamente meno fortunato dell'ex Juventus. Lui è Abel Hernandez, peraltro compagno di Dybala per un biennio ai tempi del Palermo.

Ad affibbiargli il soprannome è il secondo allenatore del Central Espanol Club quando Abel ha solo 16 anni ma già qualità scintillanti. Mancino, veloce, scattante. Una Joya, appunto. Proprio al Central la carriera di Hernandez inizia a decollare tanto che due anni su ottimi livelli gli valgono la chiamata del Penarol, ovvero il club più vincente dell'Uruguay in cui tra gli altri hanno militato campioni come Paolo Montero e Diego Forlan e che lo aveva scartato quando di anni ne aveva 11 a causa di un fisico definito 'fragilino' dai suoi allenatori.

Nel 2008 fallisce anche il primo abboccamento col calcio italiano: la Joya sostiene un provino col Genoa e lo supererebbe se non fosse per lo status di extracomunitario e un problema cardiaco riscontrato durante le visite mediche. Niente da fare, quindi, Hernandez torna al Penarol ma deve fermarsi a causa di un'aritmia ventricolare che fa temere per la sua carriera. Gli esami però scongiurano il peggio ed a concedergli l'occasione di giocare nel nostro Paese è il Palermo di Maurizio Zamparini, su intuizione di Frederic Massara e Walter Sabatini, al quale come raccontato a 'La Gazzetta dello Sport' resta molto legato.

Abel Hernandez PalermoGetty Images
“Lo ringrazierò a vita per ogni cosa, ma non per il fumo. Il suo ufficio era una cappa di grigio e sigarette. Quando dovevi parlarci era un casino”.

Inizialmente in rosanero si divide tra Primavera e Prima squadra anche perché chiuso dal connazionale Cavani e proprio con la Primavera mette lo zampino sullo storico Scudetto conquistato dal Palermo nel 2009, è suo infatti il goal decisivo nella finale contro il Siena che che gli vale il titolo di miglior giocatore delle fasi finali. Un premio da festeggiare a passo di Cumbia, tipico ballo popolare colombiano che presto conosceranno molto bene anche in Sicilia. Dove, come raccontato a 'la Repubblica', si è trovato decisamente a suo agio.

"Il primo goal in A, a San Siro, contro l'Inter di Mourinho e la vittoria con la Primavera. Mi chiamarono per le ultime partite. Battemmo la Juventus e segnai una doppietta; poi, nella finale, con il Siena la rete decisiva all'89'. Mi ritrovai in tasca uno scudetto che la società non aveva mai vinto. Ho il numero 90 sulla coscia sinistra. Trasferirmi in Italia è stata una delle decisioni migliori della mia vita. C’è sempre stato un feeling speciale con i tifosi".

Nella stagione successiva entra stabilmente nel giro della Prima squadra allenata da Delio Rossi mettendo insieme 7 reti e due assist con solo otto partite da titolare. E proprio al tecnico Hernandez dedicherà parole importanti qualche anno più tardi.

"Mi ha dato quella fiducia necessaria per giocare con tranquillità. Arrivavo da un calcio meno dinamico e non ero abituato a difendere, lui mi ha fatto capire che per giocare in Serie A dovevo correre. Ma sono rimasto legato anche a Gattuso. Tutto lo spogliatoio gli voleva bene, non mi era mai capitato di vedere un'intera squadra salutare l'allenatore dopo l'esonero. Quello che ricordo meno? Mutti. Io non gli piacevo e lui non piaceva a me".

Il Palermo chiude il campionato al quinto posto che vale la qualificazione in Europa League mentre per Hernandez arriva la chiamata dell'Uruguay, con cui segna al debutto contro l'Angola. Sembra l'inizio di una grande carriera tanto da diventare l'idolo dei ragazzini come Da Graca, oggi attaccante della Juventus Under 23, che intervistato da 'Tuttosport' ha raccontato: "Avevo una foto in cui c’ero io in mezzo a Messi, Neymar, Abel Hernández e Ronaldo". Le cose però andranno molto diversamente. Forse anche per qualche scorribanda notturna di troppo che fa tuonare il compianto presidenze Zamparini a 'Stadionews24'.

"Sono deluso da Hernandez, deve mettersi in testa che deve fare la vita da atleta. Deve smettere di andare in discoteca, di bere la birra, altrimenti non farà mai strada".

Accuse che lo stesso uruguaiano respingerà qualche anno più tardi,

"Se ne parlava ai miei tempi, però molte storielle venivano inventate. Ero giovanissimo e non così stupido da andare nei locali dopo una sconfitta. Capitò una sola volta e successe un casino".

A frenare la Joya sul più bello sono semmai gli infortuni. Un problema muscolare lo tiene fuori per quattro mesi ma anche senza di lui il Palermo fa decisamente bene centrando la finale di Coppa Italia poi persa contro l'Inter, traguardo su cui Hernandez mette il suo zampino con un fantastico goal realizzato contro il Milan a 'San Siro'. Sono anni speciali quelli in Sicilia, come ha spiegato recentemente l'uruguaiano a 'La Gazzetta dello Sport'.

"Quando andavamo a giocare a Roma o a San Siro si vedeva che avevano paura. Eravamo l’Atalanta di oggi. Nel 2009/10 arrivammo a due punti dai preliminari di Champions e a 5 dal terzo posto. Quando entravamo in campo pensavamo ‘ecco, adesso vinciamo’. Con tutti”.

Anche nella stagione successiva le cose non vanno meglio per l'uruguaiano, che parte bene andando a segno contro l'Inter alla prima di campionato ma salta tre mesi, ancora per infortunio, e chiude con soli 6 goal all'attivo. Il peggio però deve ancora venire.

Abel Hernandez injuryGetty Images

Nel 2012 infatti si procura la rottura del legamento crociato durante una partita con la sua Nazionale e deve assistere seduto in tribuna da ottobre a aprile mentre il Palermo scivola sempre più giù fino all'inevitabile retrocessione in Serie B. Il tutto mentre in campo i tifosi rosanero iniziano a scoprire un'altra Joya, ovvero il giovanissimo Paulo Dybala pescato in Argentina da Zamparini come ha recentemente ricordato Hernandez a 'la Repubblica'.

"Paulo arrivò dopo di me, un bambino. Ora è una stella universale. Avevo più esperienza. Ma il vero campione era lui. Quando si parla della Joya tutti sanno che è Dybala".

Hernandez resta al Palermo più per mancanza di offerte che per reale convinzione ma a sorpresa sarà il trascinatore della cavalcata promozione realizzando ben 14 goal nel campionato cadetto.

L'estate successiva l'Hull City bussa alle porte di Zamparini con un assegno da 12 milioni di euro e il presidente, seppure a malincuore, decide di cederlo. Resta in Inghilterra quattro stagioni tra alti e bassi, retrocessioni, promozioni, goal (20 quelli segnati nel 2015/16 in Championship) e i soliti infortuni.

Abel Hernandez Hull CityGetty Images

Alla scadenza naturale del contratto, reduce dalla rottura del tendine d'Achille, sceglie il CSKA Mosca ma al freddo della Russia resisterà solo una stagione: 15 presenze, 3 goal e risoluzione consensuale per ritornare al caldo, non della Sicilia, ma degli Emirati Arabi dove veste la maglia dell'Al Ahli per quello che a soli 29 anni sembra l'addio al calcio che conta. L'unica soddisfazione? Il debutto in Champions League.

"Non sarei dovuto andare a Mosca: avevo la possibilità di rinnovare, ma ho scelto di andare al CSKA perché giocava la Champions. Una scelta economica e professionale, ma non è andata bene, anche per una cultura totalmente diversa”.

Quindi la decisione di riavvicinarsi a casa trasferendosi in Brasile, dove gioca prima con l'Internacional e poi col Fluminense senza mai più neppure avvicinarsi alla doppia cifra. A 30 anni Hernandez è ripartito ancora, stavolta dal Messico, dove ha vestito la maglia del San Luis fino al ritorno a casa, ovvero al Penarol dove la Joya è tornato a brillare con 10 goal in 20 partite.

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