- 5 maggio, Roma: azione strepitosa palla al piede e conclusione imparabile.
- 16 maggio, Siena: zampata da bomber puro e palla nel sacco, proprio quando la situazione stava per diventare scottante.
- 22 maggio, Madrid: due firme d’autore, due graffiti eleganti e precisi che segnano uno dei momenti più alti della storia dell’Inter.
Potrà sembrare ingeneroso nei confronti di Josè Mourinho e dei tantissimi campioni annoverati dall’ Inter nella stagione 2009-2010, ma per raccontare il Triplete non si può che partire da lui, da Diego Milito.
È chiaro, quelle – seppur non le sole – sono state soltanto le ultime firme su un percorso avviato con le operazioni di mercato volute da Moratti, proseguito sotto la magistrale guida di Josè Mourinho e impreziosito dalle gemme di Eto’o e Sneijder, dalle parate di Julio Cesar, dalle chiusure di Lucio e Samuel, dalle accelerazioni di Maicon, dalla solidità di Cambiasso e Thiago Motta, dal cuore di Javier Zanetti, dalla sagacia di Stankovic e Chivu e, in generale, dal contributo fornito da tutti i componenti della rosa nerazzurra.
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GoalMa quelle pennellate, quelle quattro zampate da campione, sono quelle che per sempre illumineranno gli occhi dei tifosi nerazzurri al ricordo di quella stagione. Rappresentano i momenti di estasi assoluta, gli istanti indelebili nella memoria, gli attimi in cui il sogno è diventato realtà. E a muovere la bacchetta magica nel momento decisivo è stato proprio quel timido ragazzo argentino che appena sei anni prima avevamo iniziato a conoscere in Serie B, con addosso la maglia del Genoa.
Perché Diego Milito ha guadagnato sudando ogni piccolo centimetro che lo ha poi portato all’agognata gloria. Ha iniziato col Racing, debuttando in massima serie a 20 anni, un’età non precocissima per gli standard del Sudamerica. Ha messo a segno 34 goal nelle prime quattro stagioni e mezza vissute in Argentina, nemmeno poi così tanti, ma sufficienti per attirare l’attenzione del Genoa che, a stagione in corso, nel gennaio del 2004 lo porta in Italia. A Milito basta poco per farsi notare: 12 goal nella parte rimanente della sua prima stagione in rossoblù e ben 21 in quella successiva, quando i tifosi della Gradinata Nord erano già perdutamente innamorati del loro "Principe", soprannome affibiatogli per l’evidente somiglianza con l’uruguaiano Enzo Francescoli.
Quella promozione, però, si conclude senza festa: è l’estate della famosa "valigetta" per la quale il Genoa di Preziosi viene retrocesso in Serie C. Altro che Serie A!
Diego Milito, con l’amaro in bocca, si vede strappare via dalle mani quella Serie A che aveva conquistato a suon di goal e si rifugia in Spagna, a Saragozza, con nel cuore una promessa: "Tornerò".
Nella Liga è devastante: in tre stagioni mette insieme 53 goal, attirando su di sè l’interesse dei più grandi club del Mondo. Il Real Madrid e il Barcellona prendono informazioni su di lui, che però ha in mente soltanto un posto. Genova.
I rossoblù nel frattempo sono tornati in Serie A e Diego vuole mantenere la promessa: la trattativa è lunga, complicata, si trascina fino all’ultimo giorno di mercato. E sembra sfumare. Sì, è proprio quella l’estate del celebre “lancio del contratto”, ed il contratto in questione é proprio quello che ha ricondotto Diego Milito al Genoa. Quei fogli, lanciati all’interno del box della Lega dal suo agente Pastorello, diventeranno storia.
GettyMa la storia la faranno, anche, perchè probabilmente, senza quel colpo di scena sul gong, Diego Milito non sarebbe mai approdato all’Inter che, dopo averlo seguito da vicino durante la stagione dei 24 goal (soltanto Ibrahimovic ne segnerà di più, 25) lo strappa al Genoa per colmare proprio il vuoto lasciato da Zlatan.
“Ho incontrato oggi Moratti ed abbiamo raggiunto l’accordo per la cessione di Thiago Motta e Diego Milito”, dichiarerà in diretta tv Enrico Preziosi il 20 maggio del 2009, quando al termine del campionato mancano ancora due giornate.
Il trasferimento sarà ufficiale circa un mese dopo, ciò che segue è storia. Diego Milito, che anche all’Inter ottiene - per gentile concessione di Paolo Orlandoni che passerà alla 21 - la maglia numero 22 indossata a Saragozza e a Genova, avrà per sempre l’onore di essere ricordato come l’uomo del Triplete. Perché al pari degli altri ha contribuito ad una stagione perfetta, ma a differenza degli altri ha apposto la firma nel momento decisivo. E non una firma, ben quattro.
E oltre un decennio dopo, ancora oggi, se dici Triplete pensi a Milito.


