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Romelu LukakuGetty

Cosa dicono i 10 goal nei 10 minuti finali segnati dalla Roma in Serie A

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Dicono che le reti messe a segno nei minuti finali, quasi allo scadere, siano le più belle: e in effetti è così. Poi spiegano che per vincerle, le partite, bisogna giocare fino alla fine: e anche questo è vero. Non sempre però si può pensare di risolvere una gara in extremis.

Sono diversi gli spunti di riflessione che Roma-Udinese consegna a José Mourinho: tanti, forse, quanti sono i goal messi a segno all'Olimpico negli ultimi dieci minuti di gioco.

Che, tra l'altro, si aggiungono a quelli già realizzati nello stesso periodo di partita nei match precedenti, riportandoci alla realtà: esiste una Roma, compatta, ma va a due velocità.

  • IL DATO NUMERICO: TROPPI GOAL NEL FINALE?

    Partiamo dalla statistica: con le reti messe a segno da Paulo Dybala e Stephan El Shaarawy all'Olimpico, contro l'Udinese, salgono a dieci i goal realizzati negli ultimi dieci minuti dalla Roma in questa prima parte di stagione.

    Sono tanti, considerando il quantitativo totale di quelli siglati fin qui: venticinque. Insomma, poco meno di metà delle volte, i giallorossi hanno gonfiato la rete dall'80' in poi.

    L'Inter, capolista, prima di scendere in campo contro la Juventus per il Derby d'Italia ha fatto registrare un dato di cinque marcature su ventinove nei dieci minuti finali. Insomma, una bella differenza.

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  • PERCHÈ LA ROMA SEGNA SEMPRE NEL FINALE?

    C'è un motivo per cui la Roma segna spesso nei finali di gara? Servirebbe un'analisi maggiormente approfondita. Per ragioni di opportunità, comunque, ne avanzeremo una basata sulla descrizione delle reti realizzate negli ultimi dieci minuti.

    La prima, all'esordio in campionato contro la Salernitana: goal di Andrea Belotti, sugli sviluppi di palla inattiva. Non dice granché.

    La seconda ci aiuta, in qualche modo: è il tiro deviato di Leonardo Spinazzola contro il Milan. Tolto il laterale giallorosso, la Roma in quella circostanza ha portato cinque uomini dalle parti di Mike Maignan (Romelu Lukaku, Andrea Belotti, Lorenzo Pellegrini, Riccardo Pagano ed Edoardo Bove), costringendo i rossoneri ad abbassarsi.

    Gli altri tre, che ci portano a cinque, li citiamo semplicemente: fanno parte del 7-0 all'Empoli e sono state siglate da Bryan Cristante, Lukaku e Gianluca Mancini.

    La sesta è di Pellegrini, contro il Frosinone: anche in questo caso, sviluppi da palla inattiva. Quella di Stephan El Shaarawy contro il Monza ha fatto scuola: densità e presenza in zona offensiva. Qui, gli uomini totali presenti nell'area dei brianzoli sono addirittura sei.

    L'ottava è di Lukaku contro il Lecce: una verticalizzazione che il belga sa gestire benissimo col fisico. Gli ultimi due sono un'altra verticalizzazione (asse Bove-Azmoun-Lukaku-Dybala, in velocità) e un tiro a giro di El Shaarawy, contro l'Udinese. Anche in questo caso, presenza importante.

    Cos'hanno in comune? Due aspetti: il primo è relativo alla densità. La Roma porta tanti uomini negli ultimi venti metri. Il secondo è che sono stati segnati tutti allo Stadio Olimpico. E questo ci riporta all'analisi prepartita di Mourinho.

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  • LA ROMA È DIPENDENTE DALL'OLIMPICO?

    Il concetto espresso da José Mourinho non è solo rivolto all'applicazione di un atteggiamento maggiormente sfrontato in trasferta, anche dal punto di vista caratteriale, quanto uno spunto di riflessione rivolto alla dipendenza dallo Stadio Olimpico. Dalle "mura di casa".

    "Qui c'è gente a cui piace di più il comfort di casa: quando esce gli manca la mamma, il papà, la nonna che fa il dolce...".

    L'Olimpico, però, così pieno tra l'altro, è un fattore anche per le squadre avversarie: che si abbassano, soffrono, ma alla fine capitolano quasi sempre negli ultimi dieci minuti (che non vuol dire perdere per forza, ma anche solo lasciare ai giallorossi l'oportunità di far male).

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  • COM'È STATA LA ROMA PRIMA DELL'80'?

    L'ultima analisi riguarda la Roma vista in campo contro l'Udinese, prima dell'80': bella e molto efficace nel primo tempo, con trame di gioco ben orchestrate e idee espresse in modo corretto.

    Confusa, imprecisa e nervosa nella ripresa: è lì che deve migliorare la formazione di José Mourinho se vuole davvero fare il salto di qualità definitivo. E a un passo dalla zona Champions League, e quel che le si richiede.

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