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David Pizarro Manchester CiyGOAL

L'esperienza di "Pek" Pizarro al Manchester City: sei mesi per la Premier League

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Nella foto più famosa della storia del Manchester City (o, al massimo, al secondo posto), scattata parecchi minuti dopo aver terminato di pronunciare l’ultima “O” di “Agueroooo”, ripetuto all’unisono, allungato e spedito nello spaziotempo come traccia della nostra esistenza, ci sono due giocatori in maglia azzurra con un iconico cappello da giullare, esaltato dai colori sociali dei Citizens. Vicini, tra l’altro: David Silva, che viene separato da Fausto Salsano (componente dello staff di Roberto Mancini anche agli Europei), pure lui con il cappuccio, da Samir Nasri. E David Pizarro. Quel David Pizarro.

“El Pek”: “piccolo” (da “pequeño”), appunto, e unico acquisto del mercato di gennaio di una squadra che vincerà la Premier League nella maniera più incredibile possibile. Con due goal nel finale, uno nel recupero, e l’immagine di Joe Hart (desaparecido, da quel momento, o quasi) con le braccia aperte proprio in concomitanza con lo stacco di camera a favore del Kun. In un periodo in cui vincere il campionato, nonostante gli investimenti, sembrava un’impresa: figuriamoci una finale di Champions League.

  • Pek Pizarro Manchester CityGetty

    DALLA JUVE AL CITY: UN MERCATO STRANO

    Contestualizziamo, però, le operazioni effettuate nel corso del mercato estivo, precisato che Pizzarro sarà l’unico movimento in entrata di quello invernale: tra l’altro, messo a segno il 31 gennaio. L’acquisto più importante del City è Sergio Aguero dall’Atletico Madrid (45 milioni), seguito da Samir Nasri dall’Arsenal (27,5 milioni). Poi ci sono Stefan Savic, dal Partizan Belgrado, e Gael Clichy, sempre dai Gunners, rispettivamente per 12 e 7,8 milioni di euro.

    Ci sarebbe anche da aprire una parentesi su alcuni dei movimenti di quella sessione lì, ad esempio Felipe Caidedo, rientrato dal prestito dal Levante e poi ceduto a titolo definitivo. Vedi tu, che coincidenza incredibile. O un giovanissimo Kieran Trippier, prestato al Burnley.

    David Pizarro quella stagione la inizia alla Roma, come le altre cinque precedenti: ma no, non è più il faro del centrocampo giallorosso. Da diversi mesi lotta, in maniera costante, con diversi problemi muscolari che aprono sostanzialmente uno spiraglio per la sua cessione. Ecco, su quest’ultimo punto, quello fisico, in verità non è proprio d’accordo l’entourage del Pek.

    Nonostante il numero delle gare disputate nelle ultime annate in giallorosso reciti un calo importante, Giuseppe Bozzo, a Tuttosport, definirà le voci sulle sue condizioni “infondate”, a margine di quello che, comunque, sarebbe stato un altro trasferimento che avrebbe portato un titolo. Perché a gennaio, sempre nel 2012, a interessarsi a Pizarro è Antonio Conte: a maggio la Juventus ritorna alla vittoria dello Scudetto. Pochi giorni dopo, il cileno sarà campione d’Inghilterra.

    “Il mercato deve essere funzionale alle scelte dell’allenatore, non agli umori della piazza o dei media, e probabilmente Conte sentiva l’esigenza di un centrocampista con caratteristiche diverse, come Padoin”.

    Non importa. Non ha inciso: la sua carriera è rimasta integra, così come la voglia di far quadrare le geometrie in mezzo al campo.

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  • L'8 DI GUNDOGAN

    La situazione del centrocampo del Manchester City, comunque, non era male: solo “diversa” rispetto a quella che avrebbe ammesso la presenza di un mediano, il cileno, chiamato a ricoprire il vertice basso di una linea a tre. E, invece, quella dei Citizens era a due, fondamentalmente: Yaya Touré e Nigel De Jong, in parecchi casi, costruivano una perfetta diga difensiva. Il resto lo faceva la fantasia di quelli in avanti.

    “È arrivato il mercato invernale, non giocavo in prima squadra da un po’ e Roberto lo sapeva. Abbiamo parlato della possibilità di un trasferimento, ma non pensavo che andasse in porta”.

    Lo chiama per nome, essenzialmente perché lo conosce: Roberto Mancini lo ha voluto all’Inter nel 2005, al termine dell’esperienza del Pek all’Udinese. Sui titoli vinti al termine di quella stagione sorvoliamo: sappiamo già di trovar terreno fertile per polemiche. Resta che nel palmarès uno Scudetto può annoverarlo: serviva un altro tassello, però, per definir meglio l’immagine del cileno. Anche a quasi 33 anni.

    Emozionandosi: come quando, col numero che adesso appartiene a Ilkay Gundogan, all’Etihad raccoglie una palla difficilmente controllata da Edin Dzeko, spedendola poi in rete alle spalle di Helton per il 4-0 contro il Porto, ai sedicesimi di Europa League.

    Nella sua complessità, l’impronta di Pizzarro in quel Manchester City magari non si è notata, poi così tanto: sarà il “fallimento” del progetto europeo (uscitanno contro lo Sporting CP agli ottavi), saranno le 7 presenze complessive. Del “Pek” poca roba: solo uno spunto nostalgico, mica facile da ricordare.

    Contro il QPR, in quel pomeriggio di metà maggio che il calcio ricorderà per l’addio di Alessandro Del Piero alla Juventus, Pizarro non verrà convocato da Mancini. Seguirà la festa da “poco” lontano, prima di rientrare in campo e indossare il cappello da “giullare”. E ritornare alla Roma, solo di passaggio: la Fiorentina lo aspetta. Niente futuro in bianconero: “Mi ha preso chi mi voleva davvero”, spiegò quando gli chiesero di Conte, al momento dell’arrivo a Manchester. Poi la pioggia, il goal e un titolo che lo ha fatto entrare nella storia: nella foto più famosa del club. C’era anche lui, inaspettatamente.

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