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Dall'Inferno al Paradiso, in una stagione: come il Mantova è stato promosso in Serie B

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Al 96' di una gara disputata in un pomeriggio (non qualunque) di metà maggio, sembrano esserci tutti i presupposti perché le stelle, benevole, facciano del match del Martelli un evento da ricordare con maturato sollievo, dai tifosi del Mantova.

Alejandro Rodriguez stacca in maniera chirurgica, ripetendo un gesto che nella sua carriera si è spesso trasformato in goal. Anche per lui, tra l'altro, sarebbe il perfetto epilogo di una stagione assai complicata.

Reduce da annate disastrose dal punto di vista fisico, fino a quel pomeriggio aveva collezionato poco più di un tempo di gioco in diversi mesi: anche per questo motivo, una volta partito il cross e staccato gli scarpini dal prato, l'unico esito possibile del suo colpo di testa avrebbe potuto indirizzare la palla in fondo alla rete. Se non ci fosse stato Daniel Offredi.

L'ultima azione di Mantova-AlbinoLeffe è anche la beffarda parabola di una squadra che, al termine di quella partita, piombò in Serie D con la cartolina peggiore che i Playout (vissuti quasi "per sbaglio", dopo aver assaporato una salvezza sfuggita all'ultima giornata della regular season) potessero consegnare. Una squadra sotto la curva, alcuni tifosi in campo: in mezzo un cordone di forze dell'ordine.

"Pur nella disperazione ho poco da recriminarmi: ho un debito nei confronti di questa città. Non mi darà pace finché il Mantova non tornerà in Lega Pro".

Mentre fuori la città è in subbuglio, in sala stampa Filippo Piccoli, il presidente, rilancia quelle che potrebbero tranquillamente apparire come parole di circostanza, vuote e "sorde", frutto di un momento assai delicato.

Ha sbagliato, comunque, nella forma e nella sostanza. Meno di un anno dopo il Mantova è in Serie B e come questo sia potuto accadere è il senso di un percorso dantesco che va ben oltre la figura di Virgilio, slegandosi dalla ragione.

  • MORS TUA, VITA MEA

    Ad assistere al primo allenamento del Mantova, in estate, ci sono circa duecento tifosi. In venti giorni, la dirigenza guidata da Christian Botturi è riuscita a mettere in piedi una rosa che, fino a un mese prima, avrebbe dovuto essere programmata per un campionato di Serie D e che, invece, si è ritrovata nuovamente tra i professionisti.

    Dal punto di vista allegorico, verrebbe da dire che i mantovani hanno trovato calcisticamente quella dimensione nella quale Dante confinò Virgilio, il Limbo. Da febbraio, la Serie C si è trovata a fare i conti con il fallimento di una delle realtà che negli ultimi anni si era contraddistinta come tra le più virtuose: il Pordenone.

    Con la mancata iscrizione alla nuova stagione dei neroverdi, il Mantova si è trovato a vivere un mese di “sospensione”, ben lontano dalla possibilità di programmare un’annata “razionale”.

    “Siamo contenti, era ora, ho visto entusiasmo e speriamo che con il lavoro, con quello che proveremo a fare, di alimentare questo entusiasmo”.

    Al momento della presentazione di Davide Possanzini i giocatori in rosa erano tre, praticamente quattro. Nessuno, neanche lui, avrebbe potuto immaginare un epilogo simile.

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  • POSSANZINI, L'ALLIEVO DI DE ZERBI

    Un anno prima, Possanzini è di ritorno in Italia dopo mesi ai limiti della tragedia. In poco tempo è passato dal primo posto in classifica nel massimo campionato ucraino alla sospensione per le bombe cadute dal cielo in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. La paura, il dramma: le notti passate nei sotterranei dell’hotel dello Shakhtar Donetsk con tutto lo staff di Roberto De Zerbi.

    Non è facile neanche per lui, la situazione ereditata al Mantova: non lo è perché dal punto di vista calcistico Possanzini è stato costretto a lasciarsi alle spalle, e in fretta, una parentesi da allenatore ad interim al Brescia, in Serie B, conclusa con due sconfitte consecutive dopo essere subentrato a Pep Clotet, lasciando il timone, poi, a Daniele Gastaldello.

    “Abbiamo costruito tutto in poco tempo sulle macerie di quel che c’era. L’obiettivo di partenza è salvarsi, invece siamo lassù a ballare e balleremo”.

    Al Guerin Sportivo, a febbraio, Possanzini non rigetta la definizione di “favola” e, anzi, la rilancia con orgoglio. Sa che quel che è riuscito a fare, in poco e con poco, ha il sapore di una mezza impresa: sottolinea la parola “macerie”, normalizzandola. Ha ragione.

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  • Pellicori MantovaGetty

    IL PESO DEL TEMPO

    Il Martelli è stracolmo, e in festa, quando Tiziano Pieri sancisce la fine del primo round di quello che, per poco, non si è trasformato in un sogno. L’Italia non è ancora diventata Campione del Mondo quando le reti di Gabriele Cioffi e Alessandro Noselli, e la doppietta di Gaetano Caridi, portano avanti il Mantova nel doppio confronto contro il Torino ai Playoff per la promozione in Serie A.

    Tutto ciò che accadrà al ritorno, all’Olimpico, rientra nella logica delle cose: il Toro riesce a portare la gara ai supplementari grazie ad Alessandro Rosina e Roberto Muzzi (all’andata, nel 4-2, segnarono, invece, Raffaele Longo ed Elvis Abbruscato). All’inizio del primo tempo supplementare Davide Nicola, ben distante dai miracoli salvezza in massima serie, fissa il punteggio sul 3-0: a Paolo Poggi il goal del 3-1, su rigore. La regola dei goal fuori casa condanna il Mantova, a un passo dal miracolo sportivo.

    Riabbracciare la Serie B per i virgiliani significa anche riconciliarsi con quel ricordo e, forse, con quanto accaduto quattro stagioni più tardi.

    Il Mantova non ce la fa: l’entusiasmo al Martelli si è spento, la squadra di Michele Serena (da segnalare, tra gli altri, Jasmin Handanovic in porta: cugino di Samir, per chi ha la memoria corta) non gira. A gennaio arriva anche Alessandro Pellicori. Un trasferimento singolare, il suo. Di proprietà del QPR, l’attaccante cosentino era alla ricerca di un’avventura per rilanciarsi, e in termini numerici potrebbe anche ammettere, col senno di poi, di averla trovata. Gli otto goal messi a segno non riuscirono a salvare i biancorossi dalla retrocessione in Lega Pro. Il baratro, a due passi: il Mantova non si iscriverà e fallirà a causa della massa debitoria contratta dalla gestione Lori.

    C’è di più, in tutto ciò che accadrà negli anni successivi: innanzitutto la prima forma di azionariato popolare nel calcio italiano, avviata proprio dai virgiliani nella stagione 2010/11. Poi qualche evento sparso: la prima esperienza in panchina di Ivan Juric che, reduce dall’avventura con la Primavera del Genoa, nell’annata 2014/15 guidò il Mantova alla salvezza. Ad esempio.

    O un altro fallimento, vissuto nell’estate del 2017: la sospensione del campionato di Serie D del 2020, in seguito all’emergenza Covid, avrebbe potuto rappresentare l’ennesima beffa di una storia calcistica bizzarra, e invece ha sancito il ritorno tra i professionisti dei biancobandati. Presupposto per il presente.

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  • DALL'INFERNO AL PARADISO

    Nel claim che il Mantova ha scelto per celebrare il ritorno in Serie B c’è tutto. “Mission impossiBle”, con la B maiuscola. Sintesi semplice di un cammino che, in termini statistici, si è concluso con il miglior epilogo possibile anche senza scendere in campo.

    Con il pareggio tra Lumezzane e Padova, il Mantova di Possanzini è diventato irraggiungibile in vetta alla classifica del Girone A di Serie C. Miglior attacco del torneo (sessantasette reti all’attivo, miglior difesa (ventidue al passivo): bel gioco, dato non trascurabile per un “allievo” di De Zerbi.

    Non sappiamo cosa sarebbe successo se il colpo di testa di Alejandro Rodriguez, al 96’ di Mantova-AlbinoLeffe, fosse entrato, ma probabilmente non ci troveremmo qui a parlare di una stagione quasi fallimentare, resa sogno da un Mantova che, adesso, può gioire. Virgilio, scortando Dante nel suo cammino tra Inferno e Purgatorio, si è reso inconsapevolmente simbolo calcistico di una piazza che ha ritrovato il Paradiso.

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