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Lautaro Martinez HDGOAL

Lautaro Martinez è il miglior attaccante della storia dell'Inter?

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Atavicamente, siamo portati a ricercare, nel quotidiano, icone alle quali trasferire, o scaricare (fate voi), speranze o aspettative, delegittimando, almeno in parte, la nostra influenza sul corso degli eventi. Che poi è la funzione primaria degli "idoli": religiosi, laici. Figure prominenti e marcate, distinte dal comune.

Nel calcio, o nello sport in generale, è anche più semplice, vista la natura quasi "devota" della pratica che, di settimana in settimana, persino giorni, induce tutti (nessuno escluso, pur con le dovute differenze) a rivolgere quello strano, ma intenso, sentimento di fedeltà alla causa. A un singolo. A un insieme di valori rappresentati da questo o l'altro, appunto, "idolo".

La seconda stella cucita dall'Inter di Simone Inzaghi a pochi millimetri dal suo stemma, accanto allo Scudetto, ha diversi uomini-copertina, e questo ci riporta all'importanza del progetto tecnico di un allenatore che ha saputo discostarsi dalle gesta iconiche di un singolo per consegnare alla storia l'immagine di un gruppo che verrà ricordato come tale, unito, senza particolari figure di spicco.

C'è, però, che in questo necessario vizio morale di cui siamo quasi schiavi di trovare "l'immagine", la fotografia, il fotogramma "eccezionale", nel senso proprio di "eccezione", ci rimbalza in testa un'esultanza, tra tutti. Quindi un nome e un cognome: Lautaro Martinez. Perché è il capitano, perché è il capocannoniere (della Serie A, non solo dell'Inter), perché è il simbolo e perché, in qualche modo, ha riacceso il dibattito storico che ha riportato la sua figura al centro dei dialoghi sul migliore attaccante nella storia del club nerazzurro.

O, almeno, dal Duemila (giù di lì) a oggi: quando il calcio ha smesso di essere solo piena devozione ed è diventato continua ricerca di una spiegazione più razionale. Ecco, noi ci proviamo.

  • PREMESSA FONDAMENTALE

    Prima di addentrarci in una delle analisi più complesse che la materia possa offrire, schivando, o almeno provandoci, qualsiasi forma di soggettivismo, vanno premessi alcuni punti.

    Il primo, fondamentale, è che non si tratta di scienza. Ben al di là dei numeri (che comunque citeremo), c'è una serie di fattori che non può essere trascurata: impatto mediatico, nello specifico e in generale, titoli vinti e contributo nella conquista degli stessi. Soprattutto, "l'interismo".

    Il secondo punto da premettere è che, ovviamente, oltre ai nomi citati di seguito ce ne sarebbero altri, anche più importanti di alcuni tra questi. I grandi assenti non sono stati tagliati fuori "ingiustamente": come detto, è stato preferito un gruppo di giocatori "più vicino a noi" in termini di epoca calcistica.

    Il terzo, infine, riguarda il ruolo in sé: dei profili scelti, quattro su cinque sono dei finalizzatori. Uno solo, invece, è fuori categoria. Andava inserito comunque, e capirete il perché.

    Ronaldo, Christian Vieri, Diego Milito, Mauro Icardi e Lautaro Martinez. Questi i nomi: detto ciò, procediamo.

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  • Ronaldo InterGetty

    CRESCIUTI A PANE E RONALDO

    Per uno strano segno del destino, le statistiche riportano fedelmente quel che è stato Luis Nazario da Lima Ronaldo per l'Inter: più di un "9", senza dubbio. Non diremmo né diremo un "99" per non richiamare alla memoria la parentesi in rossonero: ecco, il senso della missione di Ronaldo in nerazzurro va ben oltre, e lo sostengono tutti, quell'esperienza lì. Quasi ininfluente, come il goal nel Derby. Seppellito, simbolicamente, dai fischietti di San Siro e dalla rimonta del "Jardinero" (e di Ibra).

    Il "99", però, c'è e restituisce compiutezza "ironica" al passaggio del Fenomeno all'Inter: 99 le presenze, 59 i goal. Alla fine degli anni Novanta e all'inizio del Duemila, considerando anche gli infortuni, qualcosa di semplicemente straordinario.

    Va aperta una parentesi sui titoli conquistati in nerazzurro, ovviamente: la Coppa UEFA vinta con l'iconico dribbling a Luca Marchegiani, in un periodo in cui l'Inter faticava a concretizzare il progetto sportivo e gli sforzi di Massimo Moratti, è il simbolo di un trofeo "a metà".

    "A metà", perché l'altra rimarrà per sempre incompiuta: neutralizzata dal contrasto con Mark Iuliano al Delle Alpi, al 70' di una gara che verrà ricordata in eterno, e dalle lacrime versate all'Olimpico di Roma, il 5 maggio.

    Nulla di tutto ciò, comunque, può cancellare l'impatto che Ronaldo ha avuto sull'interismo. E mentiremmo, e mentirebbe chiunque, a sostenere che parte delle generazioni a cavallo tra la fine del millennio e l'inizio del nuovo non sia diventata interista per Ronaldo. Non si cambia il calcio senza far dei seguaci.

    Lo diciamo adesso, a scanso di equivoci e per non cacciarci in un ginepraio più avanti. Ronaldo il fenomeno, al di là della questione sul miglior attaccante, è senz'altro stato il giocatore più forte della storia dell'Inter (forse anche di più). Su questo ci sono pochi dubbi.

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  • Vieri InterGetty

    "BOBO" VIERI, L'ATTACCANTE PERFETTO?

    Del rapporto tra Christian Vieri e l'Inter si potrebbero scrivere trattati, ma noi ci limiteremo a discutere di quanto visto in campo, al massimo di quanto trasmesso fuori, dal punto di vista del tifo.

    "Bobo" non è stato solo uno dei migliori attaccanti della storia dell'Inter, ma anche dei più forti del calcio italiano. In termini numerici, Vieri è al nono posto della classifica "all-time" dei marcatori nerazzurri con 123 reti (in 190 presenze), alle spalle di Mauro Icardi e Lautaro Martinez, per rifarci alla nostra analisi. Liquidando la questione titoli, Vieri ha conquistato la Coppa Italia nella sua ultima stagione in nerazzurro, con Roberto Mancini in panchina, contribuendo con una doppietta alla qualificazione in finale, ma senza scendere in campo poi contro la Roma.

    Simbolicamente, però, non si può non legare alla figura di Vieri "l'interismo della speranza", in anni in cui Massimo Moratti profondeva sforzi economici al servizio di progetti tecnici altalenanti. Non si può dimenticare il periodo "prime" di un "Bobo" che, insieme all'Inter, sfiorò il ritorno allo Scudetto nel 2002 e l'accesso alla finale di Champions League nel 2003.

    Tra le immagini iconiche della sua esperienza in nerazzurro vanno senz'altro ricordate, e citate, l'incoronazione "in campo" (per mano di Lele Adani, pensate un po') per il suo centesimo goal con l'Inter (nel gennaio del 2004, contro il Lecce) e la rete realizzata in una delle rimonte che hanno contribuito a forgiare l'ideale di "pazza Inter": quella contro la Sampdoria.

    Non è possibile, comunque, metter da parte i ricordi meno positivi: gli eccessi comportamentali che lo hanno spesso portato, nei periodi di calciomercato, a essere "discusso" e i rimpianti per averlo visto poco in coppia con Ronaldo (solo 667 minuti in campo insieme, con 18 goal in coppia in 11 partite). Peccato.

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  • Diego Milito InterGetty

    MILITO, IL "PRINCIPE" DI TUTTI

    Per una stagione, Diego Alberto Milito è stato l'attaccante più forte della storia dell'Inter. Lo precisiamo senza alcun tipo di ritrosia perché non avrebbe senso sostenere il contrario. Baciato dal divino, da un caso che ha deciso di far di lui il messaggero del messaggio di redenzione inviato dal "karma" per l'interismo, tutto. Nessuno escluso.

    Una "benedizione", poi un attaccante. O finalizzatore: 75 reti in 171 presenze. Nella sua prima stagione, ai limiti della perfezione, 30 goal in 52 apparizioni. L'iconografia presente su internet ci aiuta a comprendere il peso dei numeri: Milito non è stato parte del Triplete. Milito è stato, per certi versi, il Triplete.

    Milito non è stato colui che ha portato l'Inter a vincere tutto: Milito in primis ha vinto tutto. Poi, di conseguenza, ha vinto l'Inter. Milito, in sintesi, è anche il primo volto al quale si pensa quando si prova a ricordare Madrid. Non c'è discorso sul Triplete che non passi da lui e dai suoi goal: quello nel Derby contro il Milan, al ritorno, quello contro la Roma in finale di Coppa Italia. Ovviamente quello contro il Siena, quando l'interismo sembrava di nuovo piombato in quel vortice di "perché proprio a me?" proprio della tradizione nerazzurra.

    E poi sì, c'è il Santiago Bernabeu. La prestazione singola più influente di un attaccante nella completa storia dell'Inter: non "il Principe che si è fatto Re", come disse qualcuno, ma "il fato che si è fatto carne" per compiere la missione di redenzione.

    Se basta questo a descrivere cos'è stato Milito per l'interismo e gli interisti bene: perché il resto, fatto di freddi numeri, non è sufficientemente adatto.

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  • Icardi InterGetty

    ICARDI, IL REIETTO

    Affrontare questa parte dell'analisi, ma focalizzarsi su ciò che è stato Mauro Icardi per l'interismo è materia assai complessa, ben al di là di qualsiasi semplicistica visione condizionata dall'epilogo della sua avventura in nerazzurro.

    Vanno precisati, quindi, due aspetti: il primo è che l'argentino è stato l'Inter. Piaccia o no. Da capitano e da uomo-simbolo in annate in cui cavare il ragno dal buco veniva assai difficile, è stato il simbolo di una squadra in cui non girava nulla. Ma lui sì.

    Ottavo nella classifica all-time dei marcatori dell'Inter, con 124 goal in 219 presenze, tutto ciò che ha fatto, o quasi tutto, è stato "frullato" dall'iconico, suo malgrado, "dolore al ginocchio" (alcuni direbbero "scinochio") poi culminato nel complicato addio. Viene da chiedersi, comunque, cosa sarebbe stato Mauro Icardi senza i "consigli" di Wanda Nara. Non lo sapremo mai.

    Per l'Inter è stato il capocannoniere della Serie A (nel 2015 e nel 2018) e l'appiglio al quale aggrapparsi in momenti critici: persino la speranza di un futuro migliore, poi effettivamente arrivato, ma senza il suo aiuto.

    C'è chi, pensando alla seconda stella, gli rivolge un pensiero: fa bene, perché un titolo con l'Inter lo avrebbe meritato persino Maurito. Tra le macerie di un rapporto rovinato non da lui, ma da chi gli sta intorno, l'icona legata all'argentino splende come una delle più "grezze" dimostrazioni d'incompiutezza, ma potenza, che l'interismo ricordi. "Reietto" sì, ma in passato capitano. Discusso fino alla fine e anche oltre.

  • Lautaro Martinez InterGetty

    "TORO" (MAI) SEDUTO

    Avremmo potuto iniziare dal protagonista della nostra analisi, ma l'attualità delle sue prove richiede un'argomentazione più calma. Non sappiamo cosa riserva il futuro di Lautaro Martinez: se, come in molti sostengono, amerà l'Inter per sempre, sposando la causa ricalcando quanto fatto da Javier. Da buon capitano, insomma.

    Non va trascurato, però, il dettaglio di un calcio moderno che, ben al di là del discorsone sulle bandiere "che non esistono più" (e pazienza), è portato a cambiare equilibri in fretta. Se Lautaro dovesse lasciare l'Inter nel prossimo futuro, che la lasci in maniera tranquilla, perché quel che ha saputo costruire nel corso delle stagioni, dal suo arrivo a Milano, è straordinario.

    In termini numerici, per completezza, vanno citati i 128 goal in 277 presenze. E il dato può ancora migliorare. La seconda stella è arrivata nella sua miglior stagione in nerazzurro: qualcuno direbbe nel suo "prime", e forse ci crediamo pure.

    Ha ancora margini di crescita, ma più mentale che fisica: il rigore sbagliato a Madrid, contro l'Atletico, rappresenta solo una smorfia in un'annata di sorrisi ed espressioni sorprese. Spiazzante, a volte, il suo impatto a livello calcistico: iconico, invece, il suo legame con l'interismo.

    E qui veniamo all'incipit del nostro pezzo: le immagini destinate a vivere in eterno. L'esultanza nel Derby contro il Milan, nel ritorno della Champions League del 2023, ha e avrà un impatto troppo forte per non considerare Lautaro Martinez tra i migliori attaccanti nella storia nerazzurra, in un periodo in cui il club ha saputo arricchire la bacheca ("El Toro" ha vinto uno Scudetto nel 2021, due Coppe Italia e tre Supercoppe italiane). E questo vale tantissimo, a livello simbolico.

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  • MENZIONI D'ONORE

    Ora, di sicuro qualcuno starà reclamando la presenza di questo o l'altro giocatore in un'analisi che, a dir la verità, e lo confessiamo, è stata volutamente "stringente". Per questo motivo, è giusto ammettere che avremmo potuto inserire anche Adriano, in questa speciale discussione. Per quello che ha rappresentato in termini di "speranza" (rifacendoci al discorso di Vieri) e di "potenza".

    E, pur con tutti i "se" e i "ma", e le dovute accortezze, avremmo potuto citare persino Zlatan Ibrahimovic, che della storia recente dell'Inter, con i suoi goal, ha scritto pagine importanti. Va detto.

    A Ibra si lega anche il nome di Romelu Lukaku, per quella sensazione di "tradimento sportivo" che si stava consumando e che, poi, non si è concretizzato: anche lui, nel suo "prime", ha rappresentato moltissimo (lo Scudetto del 2021 porta la sua firma). Questo è quanto vi dovevamo.

  • CHI È IL MIGLIOR ATTACCANTE DELLA STORIA DELL'INTER?

    Precisando nuovamente il riferimento temporale della nostra analisi, che non va trascurato (fine anni Novanta e nuovo millennio), vanno tirate, in qualche modo, le somme, con le dovute precisazioni.

    Tolto Ronaldo, che come già scritto rimane il giocatore più forte della storia dell'Inter (e, ci ripetiamo, per alcuni del calcio), rimane da risolvere una questione: se si tratta di definire il miglior attaccante della storia dei nerazzurri sulla base del concetto di "attaccante", allora diciamo Christian Vieri.

    Vieri è stato, anche questo è stato già precisato, uno degli attaccanti più forti della storia del calcio italiano, e vi suggeriamo di portare avanti un esercizio mentale su cosa avrebbe potuto fare, con gli spazi e le manovre create del calcio moderno, "Bobo" oggi. La risposta, con un po' di presunzione, è: di tutto. Per questo motivo sì, ribadiamo con convinzione l'idea che sia lui il miglior attaccante (in senso puro) della storia dell'Inter. Pur con i suoi tormenti: ma cos'è l'interismo se non un sentimento forte e tormentato (come solo l'amore sa essere, aggiungiamo)?

    Senza apparire fin troppo "equilibristi", però, va concessa una deroga all'analisi, legata al concetto di "miglior attaccante della storia dell'interismo": in questo senso, diciamo Diego Milito. E lo diciamo perché Lautaro Martinez, pur essendo tra questi il più titolato, nonché un capitano, deve chiarire una volta per tutte il suo cammino. Se rimarrà all'Inter, nessuno gli toglierà un posto di riferimento. Forse anche "il" posto di riferimento. C'è tanta strada da fare: la seconda stella cucita sul petto grazie anche ai suoi goal è una buona spinta. La storia lo attende.

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