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Massimiliano AllegriGetty Images

La firma di Allegri sul primo posto del Milan: pragmatismo, gestione e comunicazione

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Mesozoico, desueto, vecchio stampo.

A Massimiliano Allegri spesso imputano di non essere al passo coi tempi, preferendo la old school ai merletti di oggi: ebbene, il segreto che ha riportato il Milan sul gradino più alto della Serie A risiede proprio nella sostanza dell'allenatore livornese, cruciale nella rinascita di una squadra piombata in semi-depressione dopo le gestioni Fonseca e Conceicao.

Bravo Max a ridare ordine e anima al Diavolo, rimettendolo al centro del nostro calcio con poche ma basilari nozioni: gente al posto giusto, pragmatismo e un sapersi districare tra i meandri delle insidie all'insegna di gestione e comunicazione da lupo di mare della panchina.

  • DAL MODULO AI RUOLI

    Partiamo dallo schema, ossia il 3-5-2 liquido proposto fin dalla tournée asiatica sposato dalla squadra e gradualmente metabolizzato dai tifosi.

    Allegri ha capito che per rialzare il Milan occorreva aggrapparsi a connotati semplici, che escludono moduli 'naif' in favore di nozioni capaci di esaltare le qualità dei singoli garantendo solidità.

    Calciatori sulle mattonelle idonee per esprimersi e incastonati nel mosaico costruito da Max, il quale sembra muovere le pedine dell'11 titolare in stile domino: risultato? Concretezza e pochi risvoltini, senza mai però ridurre la dose di talento.

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  • GESTIONE E SCELTE DEI NUOVI

    Maignan capitano, Tomori rilanciato nel rendimento e nella testa, la centralità di Saelemaekers, Pulisic nel cuore dell'attacco, la capacità di istruire Rafael Leao e motivarlo a puntino per ridargli il Milan.

    Se lo zoccolo duro appare di una pasta diametralmente opposta rispetto a quella mostrata lo scorso anno, ad esso si unisce l'arrivo dei nuovi messo a punto e studiato in maniera pressoché scientifica. 

    Allegri ha rivoluzionato il cuore dei rossoneri caldeggiando arrivi a centrocampo, su tutti quello dell'eterno Luka Modric: chiavi della squadra al campione croato ed accanto all'ex Real spazio al fisico e alla qualità del 'cavallo pazzo' nonché fedelissimo Adrien Rabiot, le cui beghe vissute al Marsiglia hanno consentito la reunion con Max.

    Col (vecchio) nuovo allenatore, poi, Fofana è un altro calciatore: più mezzala che mediano, spronato a dovere da chi siede in panchina per dargli smalto anche quando c'è da far goal. E con un gioiello come Ricci e un pezzo grosso del reparto del calibro di Loftus-Cheek (guai fisici permettendo), nel settore nevralgico il Milan risulta forte e completo.

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  • TRAME LIQUIDE

    E davanti? Leao-Pulisic, Nkunku-Gimenez. Il 3-5-2 garantisce un adeguato standard di pericolosità in virtù di pochi punti di riferimento, che a dispetto dei pregiudizi rendono moderno l'abito tattico ricamato da Allegri. Come? Accompagnando le scelte offensive con gli inserimenti delle mezzali, illuminate da un genio del pallone come Modric e abbinate a gamba e timing dei 'quinti' (Saelemaekers ed Estupinan, senza dimenticare i progressi di Bartesaghi e la scommessa Athekame).

  • COMUNICAZIONE DA '10'

    Abbinata al campo, infine, c'è la gestione di tutto ciò che gravita attorno all'universo Milan: per tenere a bada gli entusiasmi seguiti alla scalata al vertice, Max sfrutta il tanto caro e sempre prezioso 'bastone e carota', dispensando complimenti ma tenendo ambiente e gruppo coi piedi per terra.

    "Obiettivo Champions", "Vietato esaltarci", "La strada è lunga": parole che sembrano di circostanza ma in realtà trasferite nella psiche dei calciatori, i quali col livornese hanno ritrovato fame e voglia di lottare per 90 e passa minuti.

    "Il calcio è semplice", d'altronde, resta un suo cavallo di battaglia mai spedito in soffitta.

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  • PRIMO POSTO E INCUBI POST CREMONESE SCACCIATI

    Un lavoro profondo anche a livello emotivo, quello Allegriano, che per il momento ha ricollocato i rossoneri un gradino sopra alle altre e scacciato gli incubi riaffiorati dopo il ko all'esordio con la Cremonese. Le rivali devono dividersi tra Italia e coppe europee, il Diavolo no: e questo, nella maratona di 38 giornate, sul lungo tratto rischia di fare la differenza. Per il Milan, al netto dell'assenza da palcoscenici di prestigio esteri su cui cimentarsi, naturalmente in positivo.

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