Sergio Conceiçao, dopo Venezia-Milan, ha sibilato una frase forse sottovalutata: “Fra un mese più o meno dirò anche quello che voglio io”. Giusto per ribaltare la situazione, per rispedire al mittente le continue domande sul suo futuro, se resterà o no, se verrà confermato o no, Allegri qui, Allegri là. Igor Tudor, qualche giorno prima, aveva invece allontanato il termine “traghettatore”, definendolo “una brutta parola”.
La sensazione netta è che il finale di stagione sarà decisivo. Non per uno solo dei due: per entrambi. In linea di massima, sia Tudor che Conceiçao vengono considerati allenatori a tempo, semplicemente perché a sottolinearlo sono i rispettivi contratti, in scadenza il 30 gugno. Uno deve portare la Juventus in Champions League, l'altro deve vincere la Coppa Italia. E quel “deve”, sia per il croato che per il portoghese, non è buttato lì a caso.
In poche parole: se Tudor e Conceiçao non centreranno gli obiettivi prefissati, la loro permanenza può essere considerata quasi impossibile. E pure in caso contrario le due dirigenze faranno diverse valutazioni: nel caso del portoghese perché le difficoltà di questi mesi non possono essere cancellate con un colpo di spugna, nel caso del croato perché si tratta pur sempre di un piano B rispetto al progetto originario targato Thiago Motta. Questa, a oggi, pare essere la realtà dei fatti. Senza un vero favorito.