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Calhanoglu Yildiz HDGOAL

"Idolo": Yildiz sfida Calhanoglu, l'esempio da seguire

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Il 4 maggio del 2005, Hakan Calhanoglu si trova ancora a Mannheim. La particolarità calcistica, in questo caso, è che la squadra della città, il Waldhof, veste di quel nerazzurro (o neroblu, per i pignoli) che sa di destino già scritto. In Bundesliga, in quei giorni il Bayern Monaco è campione di Germania con svariati turni d'anticipo, come spesso accade, e né Calhanoglu, né i calciatori del Bayern, avrebbero potuto immaginare (forse pensare, chissà) che da qualche parte a Regensburg, sarebbe nato Kenan Yildiz.

Quando a Istanbul, all'Ataturk, di fronte a una platea di giornalisti qualcuno osa un po' più di altri, chiedendo ad Hakan di Ilkay Gundogan alla vigilia della partita più importante della sua carriera, la finale di Champions League contro il Manchester City, la risposta del centrocampista dell'Inter non fa prigionieri.

"Dall'altra parte c'è Gundogan, che rispetto, ma a differenza mia gioca per la Germania. Per la nostra gente penso sia più importante che vinca io, sarei l'unico giocatore della Turchia a vincere la coppa".

Che fa riflettere: perché in fin dei conti Calhanoglu è turco, e tedesco, almeno quanto Gundogan. Nativo di Gelsenkirchen, ma scavato e definito dai lineamenti orientali.

Si sente turco, però: e lo stesso si dice di Yildiz, che a questo duello tra due scelte ideologiche e culturali assiste a distanza, da spettatore disinteressato. Forse in cuor suo ben posizionato a favore di Calhanoglu.

Perché il percorso è lo stesso: nato in Baviera, ma di sangue e spirito turco. Undici anni dopo Hakan: fratello maggiore spirituale ed esempio da seguire.

  • SANGUE TURCO

    La scelta della Nazionale maggiore, Kenan Yildiz è chiamato a compierla nel mese di ottobre. Vincenzo Montella, appena nominato Commissario Tecnico della Turchia, convoca quello che, in quel momento, è a tutti gli effetti un diciottenne a cui si palesa davanti il bivio più importante della sua carriera calcistica. In termini di rappresentative, si intende.

    Gli sarà venuto in mente Gundogan, ma come lui anche gli altri esponenti della corrente di pensiero del "Son nato in un Paese, posso giocare anche per quello". Comodo, semplice, efficace.

    Una scelta che, in maniera beffarda, non ha premiato Ilkay che, per dirne una, ha mancato l'appuntamento più importante della sua vita per un infortunio. Qualcuno, dall'Olimpo, direbbe che ha peccato di hybris, di tracotanza, preferendo la via più semplice per arrivare al successo a una storia memorabile.

    La Coppa del Mondo mai alzata da Gundogan insegna che non sempre le scelte razionali sono migliori di quelle di sangue: Kenan accetta la chiamata di Montella e decide di rappresentare la Turchia, e non la Germania, completando un percorso già iniziato dalle selezioni giovanili. E qui incontra Hakan Calhanoglu.

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  • "IDOL"

    Sfogliando le foto presenti sul profilo Instagram di Hakan Calhangolu, si nota senz'altro quella postata il 13 ottobre, per i motivi più strani.

    Il primo è senz'altro la saturazione: eccessiva, verrebbe da pensare, ma compensata dalla straordinaria qualità dell'immagine. Insomma: se si riescono a distinguere gli occhi di Irfan Kahveci è solo, semplicemente, perché il fotografo ha investito su un dispositivo al di là delle possibilità della maggior parte dei comuni mortali. Non certo per la color correction.

    Il secondo dettaglio riguarda il copy: "Bitene kadar devam". Che, in turco, significa: "Avanti fino alla fine". Ecco: "Fino alla fine", che non serve neanche spiegare perché si faccia notare, da sola, questa frase.

    Infine, la presenza di Yildiz alla destra di Calha: "alla destra del padre", così come "braccio destro". In entrambi i sensi, "calcistico".

    Tra i commenti, ovviamente, risalta subito quello di Kenan: "Idol". Che può essere letto sia in inglese che in turco. In ciascuno dei due casi il significato è identico: "Idolo". Molto più di un semplice attestato di stima.

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  • LA STRADA VERSO IL SUCCESSO

    A un certo punto devi anche decidere chi essere, comunque. Da quello calcistico, Hakan Calhanoglu ha raggiunto presto la "maturità" del ruolo, quella che si attribuisce ai centrocampisti, o più in generale ai giocatori di qualità, che vengono arretrati per far risaltare la qualità a scapito della corsa.

    Di questo, però, la responsabilità è di Simone Inzaghi: a neanche trent'anni, Calha è già un ex trequartista, un tempo all'occorrenza esterno o seconda punta, trasformato con ottimi risultati in regista. Anzi: addirittura uno dei più forti in Europa, nel suo ruolo.

    Ciò che sarà Kenan Yildiz, almeno per adesso, non è possibile prevederlo. Lo paragonano ad Alessandro Del Piero, e la linguaccia mostrata a ogni lo aiuta a cavalcare un po' il significato profondo del paragone. C'è un "però", nel confronto tra i due: il percorso a ostacoli che Calhanoglu ha dovuto sostenere.

    In questo senso, per Kenan il centrocampista dell'Inter può essere una guida perfetta anche e soprattutto perché di scossoni ne ha vissuti. Come al Bayer Leverkusen, quando nel pieno della sua esplosione calcistica è stato costretto a fermarsi per alcune decisioni non proprio azzeccatissime (lui, che pochi anni prima del 2017, anno della squalifica del TAS, aveva compiuto un discusso trasferimento dall'Amburgo che fece scomodare le accuse di alto tradimento).

    O come nel 2021, quando ha deciso di cambiare squadra di Milano per poi essere ricoperto da cattiverie. Kenan da Hakan ha innanzitutto da imparare come tirarsi fuori dai guai (si parla pur sempre di calcio, ricordiamolo) che, spesso, ben si sposano con il concetto di "sregolatezza" sportiva, orientata al successo.

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  • LA TURCHIA CI GUARDA

    Poi, ha da apprendere quello che è il senso ultimo della crescita sportiva di Hakan: la dedizione al lavoro. Calhanoglu è un lavoratore infaticabile: si è reinventato in un ruolo non suo, ambientato in un contesto fino a pochi mesi prima "ostile". Ha sfidato pubblicamente, e per pubblicamente quasi in pubblica piazza, il rischio di essere battuto anche simbolicamente dal centrocampista che più tra tutti, in quel momento, rappresentava il suo alter ego ideologico, Gundogan, consapevole di avere meno fiches a sua disposizione per batterlo (l'Inter all'Ataturk, vale la pena ricordarlo, partiva comunque come sfavorita). Eppure, se Calha è Calha, questo Calha, lo deve anche alla sua integrità morale.

    Kenan Yildiz, diciannove anni a maggio, può far di Hakan un "Idol" perché Hakan, trent'anni pochi giorni dopo il Derby d'Italia, ha tutte le qualità per essere il fratellone calcistico di Kenan.

    Si sono meritati il reciproco status: Calhanoglu lo ha preso sotto la sua ala, Yildiz lo considera un modello. In mezzo c'è Inter-Juventus: una gara che la Turchia guarderà con estremo interesse e che il 5 maggio 2005 non aveva lontanamente nei suoi piani, quasi fosse un'entità astratta, un confronto tra due turchi nati in Germania e destinati a riscrivere la storia di questo sport. Da mentore e da allievo.

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