GOALDalla povertà nei quartieri di Lagos ai grandi palcoscenici del calcio europeo. È grazie al Lille prima e al Napoli ora che Victor Osimhen ha scritto e sta continuando a ricalcare il suo nome tra quello dei migliori attaccanti d’Europa. Se però oggi l’attaccante classe 1998 gioca in Europa è grazie alla squadra a cui paradossalmente ha dato meno di tutte: il Wolfsburg, l’unica maglia con cui non è riuscito a segnare nemmeno un goal. Un anno e mezzo fatto di prestazioni scadenti, aspettative deluse, concluse con una cessione al Charleroi in Belgio, che ha di fatto rilanciato la sua carriera.
È il gennaio 2016 quando il club della Bassa Sassonia sborsa 3 milioni e mezzo stringendo una collaborazione con la Ultimate Strikers Academy per battere la concorrenza di Arsenal e diversi altri top club per assicurarsi il gioiello della nazionale nigeriana Under-17 che poco più di un anno prima aveva segnato ad ogni partita del Mondiale di categoria: 10 goal, almeno uno a partita, trascinando i suoi alla vittoria. Aveva giocato anche per l’Under-23, nella corsa verso le Olimpiadi.
“Ho visitato la città, parlato con l’allenatore, mi sono state fatte delle promesse. Mi vedo qui per molto tempo”, aveva ammesso a 'Nen’.
Arrivato qualche mese dopo, per entrare effettivamente nei ranghi e giocare gare ufficiali ha dovuto aspettare il compimento dei 18 anni, così come per il nuovo permesso di lavoro dopo il visto iniziale. Una situazione che lo ha anche costretto a rinunciare all’esordio in nazionale a 17 anni: a ottobre 2016 era stato convocato dal ct Rohr, ma non ha potuto lasciare la Germania, altrimenti non sarebbe potuto rientrare prima dell’anno nuovo.
Getty ImagesQuello del gennaio 2016 era un Wolfsburg che giocava in Champions League, che di lì a poco avrebbe messo in dubbio la qualificazione del Real Madrid alle semifinali. Era guidato da Dieter Hecking e contava su una rosa di talento, ma anche esperienza: da Ivan Perisic a Julian Draxler, da Max Kruse e André Schürrle. Veniva dal secondo posto della stagione precedente. Era una squadra in crescita, anche al netto dell’ottavo posto conquistato in Bundesliga.
L’annata successiva, però, ha visto le cessioni di Draxler, dello stesso Kruse, di Perisic. Un ridimensionamento che non è stato digerito in termini di risultati: Hecking è stato esonerato a ottobre e quando Osimhen è diventato arruolabile per la prima squadra alla guida tecnica era già subentrato Valerien Ismaël.
“Deve migliorare la sua forza fisica e abituarsi al calcio tedesco” aveva dichiarato l’ex difensore del Bayern Monaco, alle prime armi come allenatore, fresco di promozione dalla seconda squadra. Prima di farlo debuttare ha dovuto aspettare il mese di maggio, a causa di un problema al menisco che lo ha messo fuori gioco per diversi mesi.
“Ho avuto una grande accoglienza, specialmente Guilavogui è stato molto importante. Anche se vedere la neve è stato molto inusuale” a detto al ‘Wolfsburger Nachrichten’.
Quando ha esordito, lo ha fatto in un momento estremamente delicato: il Wolfsburg si stava giocando la salvezza e doveva guardarsi le spalle dalla risalita dell’Amburgo, che avrebbe affrontato nell’ultima giornata. La prima mezzora l’ha giocata alla penultima contro il Gladbach, poi un quarto d’ora proprio al Volksparkstadion: era in campo nel momento in cui Luca Waldschmidt segnava il 2-1 in pieno recupero che salvava l’Amburgo e mandava il Wolfsburg al playout.
Nel doppio match andata-ritorno contro l’Eintracht Braunschweig, sentitissimo derby della Bassa Sassonia, il nigeriano ha fatto giusto una comparsata a risultato già acquisto e salvezza praticamente certa, blindata con un doppio 1-0. Si è spalancata la possibilità di giocare nuovamente in Bundesliga, ma nel girone d’andata né Andries Jonker (che era subentrato a Ismaël) né il nuovo allenatore Martin Schmidt gli hanno mai dato davvero continuità: 28 minuti nelle prime 19 uscite.
“Sto capendo come funziona il calcio europeo, sto vivendo tante cose ma non sono tanto soddisfatto. A volte pianifichi le cose, poi non vanno come pensi e come speri. Conosco le mie qualità, ma non ho fretta. Attendo la mia possibilità e quando arriva spero di afferrarla”.
Detto fatto: improvvisamente Osimhen resta in campo per tutti i 90 minuti nel derby con l’Hannover vinto per 0-1. Nel frattempo a gennaio il totem Mario Gomez aveva salutato la città della Volkswagen aprendo nuovi spazi per lui, ma anche l’altro giovane su cui la società puntava, il belga Dimata, e anche Divock Origi, arrivato in prestito dal Liverpool. La cessione del tedesco, però, per Victor lasciava un vuoto importante.
“Mario era l'unico che dopo ogni allenamento si fermava con me per darmi suggerimenti, a dirmi gli errori da non fare” ha detto a ‘Il Mattino’. “Mi ha dato fiducia, un grande campione che si dedicava a dare dei suggerimenti. Pensavo tra me e me: se un campione come lui perde tempo con me, vuol dire che ci vede un potenziale. I suoi insegnamenti mi hanno aiutato a dare una svolta alla mia carriera”.
Dolori al polpaccio prima e alla spalla poi, oltre che un utilizzo spesso fuori posizione, ne hanno limitato ancora di più il rendimento. Anche per questo il nuovo allenatore BrunoLabbadia non è mai riuscito ad affidarsi completamente a lui, in una stagione che si è conclusa come la precedente: al terzultimo posto e poi al playout contro l’Holstein Kiel, vinto ancora una volta con due successi sia all’andata che al ritorno.
L’insoddisfazione della società per il rendimento generale degli attaccanti aveva spinto il direttore sportivo Jörg Schmadtke a sborsare una ventina di milioni per assicurarsi due punte molto fisiche come Daniel Ginczek e soprattutto Wout Weghorst: il secondo in particolare avrebbe fatto le fortune del club a suon di goal (70 in 144 partita) portandolo anche a qualificarsi nuovamente in Champions League.
Per Osimhen, invece, gli spazi sembravano essersi chiusi. E dopo un’estate passata praticamente ai margini quando verso fine agosto è arrivata l’offerta dal Belgio dello Charleroi per un prestito con diritto di riscatto a 3 milioni e mezzo, ovvero quanto sborsato dallo stesso Wolfsburg un anno e mezzo prima, le mani si sono strette e le strade di Victor e dei Wölfe si sono separate.
“Ho avuto problemi ad abituarmi alle cose nuove: il cibo, la lingua, il meteo. È stata la mia prima volta in Europa, lontano da casa: E poi il club non ha creduto molto in me” ha ammesso a ‘Sport1’.
Neanche nelle ultime amichevoli si è ritagliato grande spazio. Curiosamente avrebbe potuto affrontare proprio il Napoli, ma nel 3-1 della Volskwagen Arena è rimasto solo a guardare. Anche se ha avuto un primo assaggio di azzurro.
"Ho incontrato Insigne quando il Napoli ha giocato al Wolfsburg nel 2018 in una partita amichevole. Sono andato nel loro spogliatoio per chiedere la sua maglia, ma purtroppo un altro giocatore del Wolfsburg l’aveva già presa. Però adoro Mertens e Koulibaly”, riporta Oma Akatugba.
Il resto, poi, è storia. Il presidente del Lille Gérard López nel 2019 ha colto l’occasione di prenderlo dopo aver cercato di capire “perché aveva questi problemi al Wolfsburg”, salvo poi accorgersi che “avremmo potuto ingaggiare uno degli attaccanti più talentuosi al mondo”.
I problemi di Wolfsburg oggi per Osimhen sono solo un ricordo. In Bassa Sassonia, invece, qualcuno la vive come un rimpianto, su tutti il ds Schmadtke, che dopo il trasferimento da 70 milioni al Napoli a ‘Sportbuzzer’ ha ammesso le proprie colpe.
“A volte bisogna essere pazienti e noi abbiamo imparato la lezione. Non è bello quando capita, ma può succedere”.
