Alenichev Roma PortoGetty Images

I due volti di Alenichev: flop alla Roma, campione d'Europa con il Porto

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Esistono giocatori universali, capaci di fare la differenza ovunque, in qualsiasi campionato: altri, invece, cambiano letteralmente volto passando da una realtà all'altra. Tra questi c'è sicuramente Dmitri Alenichev , che nella sua avventura italiana risultò impalpabile, diventando successivamente un vero e proprio eroe nel Porto di Josè Mourinho.

Nel luglio del 1998 la prima Roma di Zdenek Zeman metteva le mani su quello che veniva considerato in Russia uno dei migliori talenti del panorama nazionale, eletto miglior giocatore del suo campionato nella stagione appena conclusa.

Centrocampista offensivo, dotato di improvvisi lampi di genio, con quell'incorreggibile incostanza che spesso diventa marchio di fabbrica dei giocatori di grande fantasia. Come tanti russi innamorato dell'Italia e degli italiani, si rivedeva in Gianfranco Zola per caratteristiche tecniche.

"Mi piace molto Zola. Credo di avere qualcosa in comune con lui. E non solo per peso e statura. Il mio sogno? Giocare in Italia già dalla prossima stagione e comprarmi una Ferrari, anche di seconda mano".

Nella Roma del sergente Zeman il suo calcio spesso anarchico trovò però ben poco spazio: un giocatore di difficile collocamento nei serrati schemi del 4-3-3 imposto dal boemo. La prima stagione si chiuse con sole due reti in una ventina di presenze, arricchite soltanto dalla tripletta di Coppa Uefa contro il Vitoria Setubal.

Saranno sette i centri complessivi con la maglia della Lupa, che nella stagione successiva decide di darlo in prestito al Perugia di Gaucci, dove però le soddisfazioni furono ancora minori. Un solo centro in 17 presenze per colui che stava entrando a passi spediti nell'elenco dei più grandi flop del calcio italiano.

Una carriera può però svoltare in pochissimo tempo, trasformando un'etichetta da 'flop' a 'predestinato' con pochi decisivi attimi: il bello del calcio, d'altronde, è anche questo.

Ed è così allora che Alenichev prende in mano il suo futuro tentando la rinascita al Porto , dove successivamente sarebbe arrivato un giovane Josè Mourinho , che avrebbe costruito una macchina perfetta, una squadra capace di meravigliare l'intero panorama calcistico europeo.

Insieme al brasiliano Deco, il centrocampista russo diventa parte integrante di quell'impeccabile ingranaggio che porta la squadra lusitana sul tetto d'Europa per ben due volte in due anni. Prima vincendo la Coppa Uefa , poi con la storica cavalcata in Champions League della stagione 2003/2004.

Due reti, le più pesanti: prima nella finale di Siviglia contro il Celtic , poi alla Veltins Arena per sigillare il netto trionfo sul Monaco . Alenichev è ormai l'idolo del 'do Dragao', ma soprattutto entra di fatto nel prestigioso elenco di coloro che hanno segnato in due finali europee differenti, ora in buona compagnia di Ronaldo, Steven Gerrard e Ronald Koeman.

La squadra dello Special One elimina nell'ordine Manchester Unied, Lione, Deportivo La Coruna (killer a sorpresa del Milan campione uscente) e Monaco. A Gelsenkirchen il russo parte dalla panchina, nonostante il decisivo contributo dell'anno prima: Mourinho lo getta nella mischia sul 2-0 per nascondere il pallone agli avversari, ma l'ex giallorosso impiega soltanto 15 minuti per entrare nella storia con il 'match-ball' della serata.

Il 'brutto anatroccolo' di Roma era diventato un cigno: l'unico russo ad aver conquistato Coppa Uefa e Champions League, il punto più alto di una carriera che sarebbe poi terminata in patria, sulla scia del trasferimento di Mourinho al Chelsea.

Il rientro allo Spartak Mosca dura però soltanto due anni: nel 2006 dice basta con il calcio giocato e un anno dopo viene addirittura nominato rappresentante dell'oblast di Omsk nel consiglio federale del Cremlino, per poi essere nominato successivamente consigliere dello sport dal presidente della Duma. Il 'potenziale bidone' di strada ne ha fatta: Alenichev si è preso la sua rivincita, riscrivendo il cammino a metà strada.

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