Motta non è stato accolto esattamente a braccia aperte dai tifosi: era arrivato al posto di Sinisa Mihajlovic, un allenatore amato, una figura leggendaria che aveva continuato a guidare il Bologna durante la sua coraggiosa battaglia contro la leucemia. Roberto De Zerbi aveva addirittura rifiutato l'incarico perché non voleva prendere il posto del serbo.
L'inizio è stato duro, con zero vittorie nelle prime quattro giornate, ma questo non doveva sorprendere. Il suo modo audace di pensare il calcio rappresentava "un grande cambiamento", come ha detto Lewis Ferguson a Sky.
Come ha spiegato Maggiore a GOAL, Motta è "un po' diverso dagli altri allenatori, perché non ha una formazione precisa. Pensa che ogni giocatore possa interpretare più ruoli". E in questo senso Gyasi ha scherzato: "Ho imparato a giocare non solo sulla fascia, ma anche a centrocampo e perfino come terzino sinistro".
Questa versatilità e fluidità riflettono la riluttanza di Motta a porre delle etichette sulle formazioni, in quanto ritiene che i numeri possano essere fuorvianti. "Puoi essere super offensivo con un 5–3–2 e difensivo con un 4–3–3", ha detto una volta alla Gazzetta dello Sport.
A Bologna, in ogni caso, il piano di Motta era quello di giocare in modo ancora più aggressivo rispetto a La Spezia, essendo convinto di avere a disposizione elementi ancora più attrezzati per implementare il proprio gioco orientato al possesso palla. La squadra ha abbracciato questo approccio coraggioso e ad alto rischio, che ruota attorno alla costruzione da dietro per attirare gli avversari e a un pressing alto per recuperare la palla dopo averla persa.
"Ha spiegato chiaramente le sue idee, il suo modo di giocare, la sua visione del calcio, come voleva che fossimo - ha detto Ferguson - Ci ha subito conquistati e penso che lo si possa notare non solo nei risultati, ma nelle prestazioni, nel modo in cui corriamo per lui, nel modo in cui difendiamo tutti insieme".