Che poi un giorno qualcuno riuscirà a spiegare, senza intoppi, come abbia fatto il linguaggio dei "bomberoni" a diventare uno dei principali riferimenti per decodificare, decifrare e leggere di conseguenza le prestazioni di uno o l'altro giocatore, segnandone il futuro e il destino.
Andrebbe spiegato, sì, ma soprattutto compreso perché un Paese calciofilo e (nella pratica) religiosamente calcistico riesca troppo spesso a mettere da parte la propria conoscenza del calcio in favore di una più facile e rapida gogna mediatica "da social", celata da un umorismo che, a quanto pare, pur scontato fa ancora presa. Il perché, si ripete, non è dato saperlo.
Bisognerebbe conoscerlo il calcio, prima di discuterne, direbbe qualcuno: ma persino l'italiano-medio, che il calcio lo sa leggere meglio di qualsiasi altro cittadino del mondo, sarebbe capace di distinguere un buon giocatore da un giocatore normale. Figuriamoci se dotato di giusta misura e raziocinio.
Non si riesce, per questo e altri motivi, a comprendere, insomma, come abbia fatto l'Italia a liquidare in fretta uno dei migliori portieri del suo tempo, senza voltarsi e riconoscere che sì, ci sono stati colleghi più forti, ma che Samir Handanovic non è mai stato "la sedia" (per citare una delle etichette conferitagli dai "bomberoni" di tutto il Paese) che è stata raccontata.




