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BerardiGetty Images

La rivelazione di Berardi: "Avevo un accordo con un grande club, una squadra con le strisce"

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Domenico Berardi, protagonista assoluto nell'ultimo turno di campionato con due goal e un assist contro l'Atalanta alla New Balance Arena, ha rilasciato un'intervista esclusiva al Corriere dello Sport.

Il numero 10, nonché capitano del Sassuolo, ha toccato diversi argomenti: dagli infortuni alla nazionale, svelando anche un clamoroso retroscena di mercato.

Di seguito ecco le sue dichiarazioni.

  • "AVEVO UN ACCORDO CON UNA BIG"

    "Sono a Sassuolo da 15 anni: nei primi non mi sentivo pronto a lasciare, negli ultimi 5 o 6 ho spinto per andare via. Ma bisogna essere in tre ed è sempre mancato uno dei tre. Sinceramente c'è stato un momento in cui mi sono sentito effettivamente in uscita.

    Prima di farmi male avevo trovato l'accordo con un grande club, le soluzioni erano state individuate tutte. Ma non chiedetemi quale, tanto non lo dico. A strisce, mi è dispiaciuto non poter giocare in Champions League e per gli obiettivi più alti. La Champions è qualcosa che vorrei provare da sempre. Passai un mese un po' così, tra l’arrabbiato e il deluso. Prevalse la gratitudine nei confronti di questo club del quale mi sento e mi fanno sentire la bandiera".

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  • BANDIERA COME TOTTI A ROMA?

    "Non sono Totti, ma è ugualmente bello e importante. Sassuolo non è Roma, è una questione di dimensioni non solo calcistiche. La Roma è un top club. Gasperini? Non so se ho il fisico per reggerlo (ride, ndr). Ho un contratto fino al 2029, ma mai dire mai. La vita è piena di sorprese, a me ne ha riservate tante. Da piccolo andavo a dormire con un pallone tra le braccia, lo stringevo al posto del peluche. Sognavo di diventare calciatore e ci sono riuscito".

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  • GLI INFORTUNI

    "Non è stato facile. Rottura del tendine d'Achille dopo che ero appena rientrato da un intervento al menisco. Avevo rivisto la luce e sono riprecipitato nel buio totale. Le ho pensate tutte, per la prima volta ho temuto che fosse finita. Il professor Zaffagnini, a Bologna, mi ha aggiustato e dopo due mesi ho ricominciato a lottare. La famiglia mi ha aiutato parecchio. Sono rimasto fuori otto mesi. L'ultimo anno in Serie B mi è servito, anche se - sono sincero - non ho fatto bene. Non ero al cento per cento. È stato utile per ritrovare il campo, la partita, la condizione".

    "Ora so come affrontare i provocatori. Non è stato semplice adattarsi, ma ci sono riuscito. La Roma di Mourinho, undici assatanati, in campo alimentavano il caos. Devo dire che un altro bel soggetto era Chiellini, ti menava e poi ti ringraziava. Una marcatura esperta e fisica. Quand'eri a terra semidistrutto da lui, Giorgio era il primo a consolarti. Un martello, ma educato".

  • GLI ALLENATORI

    "A Di Francesco devo tanto, ha avuto il coraggio di buttarmi nella mischia a 17 anni. Grosso in questo calcio ci sta benissimo, è uno che si confronta, che ci ascolta. Ma mi sento tanto legato a De Zerbi, con lui giocavamo col joystick. Maniacale, totalmente assorbito dal lavoro, poteva stare sul campo 18 ore. Possesso stretto, a campo aperto, la tecnica con le sagome. Se sbagliavi un passaggio semplice e spedivi il pallone sul piede sbagliato del compagno, interrompeva l'allenamento. Insisteva fino a quando il pallone non arrivava al piede giusto, per noi si sarebbe buttato nel fuoco".

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  • LA NAZIONALE

    "Riconquistarla da Sassuolo sarebbe magnifico. Mancini riuscì a unire il gruppo ed era piacevole stare insieme. Finita la partita tornavamo a Coverciano, alle quattro di notte la spaghettata aglio, olio e peperoncino. Il pensiero di vincere gli Europei non ci aveva sfiorato, ci provammo e andò bene con un po' di fortuna".