Goal.comPer celebrare l'addio al calcio di Andrea Pirlo, questa settimana ripercorriamo insieme la sua carriera in 7 capitoli. Il volume 3 ripercorre gli anni più controversi: quelli difficili vissuti all'Inter intervallati dall'esaltante parentesi con addosso la maglia della matricola Reggina.
Andrea Pirlo è da ormai quasi vent’anni uno dei più grandi rimpianti dell’Inter “morattiana” . Le sole 22 apparizioni in Serie A, 40 complessive in maglia nerazzurra tenendo conto delle coppe, rappresentano un bottino davvero misero per la squadra che, per prima tra le tradizionali “big”, lo aveva notato ed era poi riuscito a strapparlo al Brescia.
Per i tifosi della ‘Beneamata’, Pirlo è ancora una ferita aperta. Per ciò che avrebbe potuto dare alla squadra nerazzurra, specialmente negli anni sfortunati di inizio millennio, e soprattutto per quanto di buono ha invece fatto con le maglie delle rivali di sempre Milan e Juventus.
PaniniImmagini tratte da collezioni Panini per gentile concessione dell’Editore
Quello tra Pirlo e l’Inter può essere definito il classico “amore maledetto”, frenato da contingenze sempre diverse che ne impediscono l’esplosione. L’Inter di fine secolo, del resto, non era certo la squadra più facile del mondo nella quale ambientarsi in fretta, specialmente per un giovane. Basti pensare che, nel periodo della militanza di Pirlo in nerazzurro – durata complessivamente 18 mesi – il club è stato guidato da ben 6 allenatori diversi.Da Simoni a Tardelli, con in mezzo Lucescu, Castellini, Hodgson e Marcello Lippi. Ed uno solo tra questi, forse il più insospettabile, vale a dire Mircea Lucescu, a credere davvero in lui. Ma su questo ci torneremo tra poco.
A volerla dir tutta, Lippi – col quale poi Pirlo alzerà al cielo il trofeo più prestigioso della sua carriera a Berlino – si incrociò con l’allora giovane trequartista per una sola gara di campionato, il famoso Reggina-Inter conclusosi con la vittoria dei calabresi e al quale seguì l’amaro sfogo che a Lippi costò l’esonero. Pirlo, appena iniziato il suo "Inter bis" , quel giorno non sedeva nemmeno in panchina. Non andò meglio con Tardelli, il quale riservò al suo numero 11 (sì, avete letto bene, 11), appena quattro spezzoni di gara – tutti da subentrato – prima di rispedirlo a Brescia nella finestra invernale di mercato . Giusto in tempo per risparimargli l’onta del celebre 0-6 subìto nel derby .
La stagione in questione, 2000-2001, è una tra quelle di cui i tifosi nerazzurri conservano i ricordi peggiori. Per Pirlo sarebbe dovuto essere l’anno del riscatto, dopo l’ottima parentesi a Reggio Calabria , ma così non fu. Anzi, se possibile, andò addirittura peggio rispetto alla sua prima stagione da interista, quella tra 1998 e 1999, quella dei "4 allenatori".
Quando approda per la prima volta alla Pinetina, nell’estate del ’98, sulla panchina dell’Inter siede Gigi Simoni. È un’Inter ancora amareggiata dal testa a testa Scudetto con la Juventus (sì, quello del contatto Ronaldo-Iuliano ), ma è pur sempre la squadra che annovera tra le proprie fila Baggio e Ronaldo, Zanetti e Simeone, Bergomi e Pagliuca.

Ma l’annata va come peggio non potrebbe: Ronaldo, reduce dalla poi divenuta nota “crisi” pre-finale dei Mondiali, gioca a singhiozzi, l’Inter fa fatica e Simoni viene sostituito a novembre da Lucescu. Ed è proprio Lucescu, l’uomo che aveva già notato un giovanissimo Pirlo ai tempi degli Allievi del Brescia, a lanciarlo. Per ben 13 volte, nelle 15 gare di campionato nelle quali a guidare l'Inter è il tecnico rumeno, Pirlo scende in campo. A poche settimane dal termine della stagione, però, anche Lucescu pagherà i risultati deludenti della squadra e verrà sostituito da Castellini che, a sua volta, lascerà la panchina a Hodgson .
Una stagione tormentata per l’Inter che, di conseguenza, non favorisce certo l’inserimento dell’allora 19enne Pirlo. “La mattina mi svegliavo e non mi ricordavo chi ci allenasse” , racconterà qualche anno dopo, a proposito di quella stagione, nella sua autobiografia “Penso quindi gioco”.
"La mattina mi svegliavo e non mi ricordavo chi ci allenasse"
Andrea Pirlo sulla sua prima stagione all'Inter in "Penso quindi gioco"
In mezzo alle due stagioni più travagliate della sua carriera, c’è però l’oasi Reggina. Il club calabrese, in vista della prima avventura in Serie A, decide di affidarsi alla qualità dei giovani Pirlo e Baronio e riesce a conquistare una storica salvezza.
“Era sempre il primo ad arrivare agli allenamenti e l'ultimo ad andarsene. E che non si dica che non faccia la fase difensiva! E' un centrocampista completo come pochi al mondo. Lo era già allora, anche se poi con il tempo è migliorato, ovviamente”, raccontò proprio Franco Colomba ai nostri microfoni qualche anno fa .
Il peso specifico di Pirlo, quell’anno, è determinante. Ben 6 sono a fine stagione i goal del numero 30 amaranto : tre di essi decisivi in altrettante sfide concluse in parità, altri due determinanti per le vittorie della squadra guidata da Colomba contro Bologna e Lecce. L'unica squadra alla quale Pirlo riesce a segnare sia all'andata che al ritorno, ironia della sorte, è proprio il Milan.
Quei 6 goal, valsi 7 punti, risultano decisivi per il raggiungimento dell’obiettivo salvezza , con la Reggina che raggiunge quota 40, chiudendo con 4 punti in più rispetto al Torino quartultimo. Quell’estate qualcuno lo invoca persino agli Europei del 2000, ma Pirlo ha un’ultima missione da compiere con la sua amata Under 21 e il 4 giugno, guidato proprio da quel Tardelli che l’anno dopo si “dimenticherà di lui” a Milano, porta gli Azzurrini alla conquista del Campionato Europeo di categoria realizzando una doppietta in finale prima di partire per le Olimpiadi di Sidney. Ma quello è un altro capitolo.
Tutto sembra pronto per la sua definitiva consacrazione ma, com’è noto, gli saranno necessari ancora un paio d’anni per riuscire a mostrare tutto il suo valore...


