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Roy KeaneHulton Archive

Roy Keane, il più cattivo dei capitani: dal pugno di Clough alla vendetta su Haaland

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Di uomini duri il calcio ne ha avuti diversi, a partire dall’Italia: da Paolo Montero fino a Pasquale Bruno, passando anche per Jaap Stam e Marco Materazzi. In Inghilterra, però, l’essere duro era tutt’altra questione, andava al di là di tackle affondati con cattiveria o qualche cartellino rosso, come i quattro che collezionò Materazzi in una sola stagione. Essere duri, in Premier League, significa avere il volto di Joey Barton, i gesti scorretti di Vinnie Jones, ma anche essere un campione a tutto tondo e allo stesso tempo vivere qualche devianza caratteriale. Basta chiedere a Roy Keane.

La storia di Roy Keane, un capitano controverso, ha segnato un'epoca nel calcio, un po' come i bonus di benvenuto che alcuni operatori, come il bonus Goldbet, offrono ai nuovi iscritti.

Keane è stato, in quel Manchester United di Sir Alex Ferguson, un giocatore duro, cattivo: il nostro è un utilizzo un po’ nostalgico dell’aggettivo, senza volerlo corredare di un’accezione necessariamente negativa. Gattuso era un giocatore cattivo, perché ringhiava sulle caviglie degli avversari, mentre oggi avere dei mediani o dei centrocampisti con quelle caratteristiche è difficile: sono stati i giocatori tecnici ad avere la meglio, nel tempo. Come Keane, insomma, non ne fanno più: era un centrocampista totale, in grado di spaziare in ogni zona del campo ed essere un vero e proprio leader della propria zona di campo. Un calciatore nel quale solo Alex Ferguson avrebbe potuto credere sin da subito, perdonandogli molte dichiarazioni fuori luogo.

Roy Keane debutta come calciatore professionista all’inizio degli anni Novanta, giocando per un anno al Cobh Ramblers per poi passare al Nottingham Forest. Centrocampista dominante sin da giovane, lui che nel 1990 ha appena 19 anni, davanti alla difesa è un vero e proprio motorino, pronto a diventare anche una presenza influente sul campo da calcio, con il suo carattere forte e con il suo carisma prorompente, che lo accompagnerà per tutta la carriera. Nonostante il raggio d’azione sia lontano dalla porta avversaria, nel 1991 arriva la sua prima rete, contro lo Sheffield United: quell’anno le ottime prestazioni gli permettono di scalzare Steve Hodge nella formazione titolare, ma anche di collezionare la prima esperienza colorita della sua carriera. Durante una gara di FA Cup contro il Crystal Palace, Keane commette un errore che permette agli avversari di trovare il goal del pareggio, scatenando le ire del suo allenatore, Brian Clough. Uomo sanguigno anche lui, al ritorno negli spogliatoi, a fine partita, il tecnico colpisce dritto in volto Keane, con un pugno che lo stende, mandandolo al tappeto. Sebbene l’incidente faccia scalpore, i rapporti tra il coriaceo centrocampista irlandese e il manager inglese non sono mai stati negativi, anzi, molti anni dopo Keane si disse grato a Clough per avergli dato l’occasione di giocare nel calcio inglese e soprattutto per avergli dato tutti i consigli che lo hanno reso il giocatore di cui oggi parliamo.

Dopo appena due anni al Nottingham Forest, d’altronde, Keane inizia ad attirare l’attenzione dei grandi club inglesi. Il primo che prova a strapparlo alla periferia bagnata dal fiume Trent è Kenny Dalglish, che nel 1992 è il manager dei Blackburn Rovers. La leggenda del Liverpool, che ha appeso gli scarpini al chiodo da appena due anni, prova a convincere Roy a spostarsi verso il Lancashire, ma Keane usa questo corteggiamento solo per ottenere una proposta di rinnovo da parte del Nottingham Forest, arrivando a una negoziazione prolissa che ancora una volta è vittima delle accuse di Clough, che lo accusa di voler mandare in bancarotta il proprio club: in caso di retrocessione, la proprietà avrebbe dovuto versare una clausola da 4 milioni di euro e lasciarlo libero, pur di non accettare la proposta dei Rovers a metà stagione. A fine anno, però, l’esito del campionato è negativo, a Nottingham si piange per la retrocessione e per i soldi da versare a Keane, che nel frattempo, però, non riesce ad andare da Dalglish: il trasferimento non può essere concluso per l’assenza dei giusti documenti e bisogna attendere la settimana successiva per chiudere l’affare, essendo nel pieno del weekend, con gli uffici chiusi.

È in questo scenario che Alex Ferguson anticipa tutti e si inserisce là dove i Rovers non erano riusciti a essere tempestivi: un’offerta da 3,75 milioni di sterline di sabato mattina e l’affare si chiude, dando il via alla carriera nei Red Devils di Roy Keane, che inizia nel 1993. Un record all’epoca, per quanto riguarda la cifra del trasferimento, ma inizialmente Ferguson non riesce a garantire la titolarità al centrocampista irlandese. A centrocampo il tecnico scozzese ha già Paul Ince e Bryan Robson, che insieme formano una formidabile coppia, quasi inscalfibile, tanto da aver riportato lo United a vincere la Premier League per la prima volta dal 1967. Con Robson che va per i 36, però, Keane prova a ritagliarsi qualche spazio e approfitta degli acciacchi del compagno di reparto per inserirsi ogni volta possibile. Alla fine del primo anno con la maglia dei Red Devils, Roy ha iniziato a trovare il proprio spazio, ha segnato una doppietta nel 3-0 allo Sheffield United e alza il suo primo trofeo, la Premier League che Ferguson riesce a mantenere a Manchester, oltre alla FA Cup, vinta in finale per 4-0 contro il Chelsea: è double.

Alla storia manca ancora l’exploit tanto atteso di Roy Keane con la maglia dello United, ma intanto Ferguson continua a dosarlo, sapendo che prima o poi avrà soddisfazione da quell’investimento fatto. Nella stagione successiva, 94-95, non arrivano gli stessi risultati della precedente, con il Manchester che perde il titolo della Premier League, facendosi superare dal Blackburn Rovers, trascinato da un eccezionale Alan Shearer, e poi anche la finale di FA Cup contro l’Everton. La stagione è propedeutica, però, a iniziare a far uscire il carattere spinoso di Keane, che nella semifinale di coppa contro il Crystal Palace calpesta in malo modo Gareth Southgate: tre giornate di squalifica e multa da cinquemila sterline, per quello che è il primo di undici cartellini rossi rimediati in carriera con la maglia dello United, nonché l’inizio di una serie di azioni indisciplinate.

Robbie Fowler Liverpool Roy Keane Manchester UnitedGetty Images

Dopo due anni ad alternarsi con gli altri compagni di squadra, l’estate del 1995 è un periodo di grande transizione per lo United, che decide di cedere Paul Ince all’Inter, Mark Hughes al Chelsea e Andrei Kanchelskis all’Everton: l’arrivo di Beckham, già nel giro della prima squadra, Butt e Scholes rende Keane il giocatore più esperto a centrocampo, dall’alto dei suoi 24 anni e della sua terza stagione al servizio di Ferguson. Insieme a Ryan Giggs, Andy Cole, Gary Neville e Peter Schmeichel, è il giocatore più presente quell’anno, che porta un altro double nella bacheca dei Red Devils. È il prologo della svolta della sua carriera, perché dopo una stagione vissuta tra infortuni al ginocchio e continue squalifiche per somme di ammonizioni, nella stagione 1997, complice il ritiro di Eric Cantona, diventa capitano dello United. Un evento che non gli porta grande fortuna, tanto da dover combattere con un infortunio al legamento crociato subito in una sfida con il Leeds United che segna la sua carriera dal punto di vista psicologico. Lo scontro, infatti, diventa un pezzo di storia del calcio inglese.

Keane è lanciato verso l’area di rigore avversaria e viene contrastato da Wetherall oltre che da Alf Inge Haaland – il padre del tanto chiacchierato e conteso centravanti del Borussia Dortmund. Proprio il norvegese lo colpisce e spinge a terra l’irlandese, che si accascia dolorante: Haaland gli si avvicina e gli urla di rialzarsi e di non simulare, colpendolo nell’orgoglio e offendendo lo spirito irlandese del calciatore tutto d’un pezzo. Da quell’episodio Keane ne esce con la rottura del legamento di cui sopra, oltre che con un conto in sospeso con Haaland, che da quel momento diventa il suo nemico numero uno. Per rivedere in campo Keane bisogna aspettare il 1998, quando il Manchester riesce a vincere la Premier League, la FA Cup e la Champions League: nella semifinale di ritorno contro la Juventus, Roy segna ben due goal, con una prestazione che dallo stesso Ferguson viene definita come una delle migliori, in grado di ispirare tutti i compagni di squadra. L’abnegazione, però, gli costa la squalifica per la finale, dopo un intervento su Zidane che gli vale un giallo, in regime di diffida. Si rifà a dicembre, segnando il gol decisivo contro il Palmeiras nella finale di Coppa Intercontinentale a Tokyo.

Nel novembre del 2000, dopo essersi reso protagonista di una nuova difficile trattativa di rinnovo con lo United, che sembrava volesse quasi imitare quella avuta all’inizio della sua carriera con Brian Clough, si rende protagonista di una polemica accesa con i tifosi. Da capitano, da leader carismatico dellas quadra, contesta parte della tifoseria dello United durante la gara di Champions League contro la Dinamo Kiev all’Old Trafford: poco supporto, pochi cori, tutti sovrastati dai tifosi ospiti. Dalle sue dichiarazioni nacque la terminologia, ancora oggi usata, del “prawn sandwich brigade”, che in italiano potremmo definire come “la brigata del panino con i gamberi”: un modo gentile per indicare le persone che si recano allo stadio solo per godere dell’ospitalità della struttura, non per la partita in sé.

“Quando siamo in trasferta sono fantastici, ma quando giochiamo in casa forse il bere e i panini con i gamberi li porta a non capire cosa succede sul campo. Penso che alcuni di loro non sappiano nemmeno pronunciare la parola “football”, figurarsi capirlo”. Roy Keane.

Oltre ai conti aperti con i tifosi, Keane sa di averne uno ancora da saldare e riguarda Haaland. Quattro anni dopo quell’infortunio e quello scontro verbale sul campo, i due si ritrovano faccia a faccia nel 2001, nel derby di Manchester. Non è la prima volta che si ritrovano sullo stesso campo di calcio, ma per Roy quello è il palcoscenico più adatto per la sua vendetta: a cinque minuti dalla fine della partita, il centrocampista si lancia contro Haaland e con il piede a martello gli entra dritto nel ginocchio. Keane gli sussurra qualcosa all’orecchio, mentre il norvegese è a terra, e poi accetta di buon grado il cartellino rosso che lo manda negli spogliatoi, dove aveva già iniziato a recarsi prima di attendere la sentenza del direttore di gara. Quattro giornate di squalifica, duecentomila sterline di multa. Per Haaland, invece, la carriera finisce lì. Keane finisce all’interno di un processo sportivo, nonché mediatico: lo United decise di sospendergli lo stipendio per due settimane e dopo il processo si aggiunsero altre cinque giornate di squalifica.

“Volevo entrare duro ed essere sicuro che lui se ne accorgesse. Volevo fargli male. No, non sono pentito, ma non volevo spaccargli una gamba. Lo stavo puntando, sì. Haaland mi aveva fatto incazzare: non aveva tenuto la bocca chiusa. Ci sono molte cose di cui mi sono pentito nella mia vita, ma non di quello che ho fatto a lui”. Roy Keane.

Roy Keane Alf Inge Haaland

Da lì in avanti la reputazione di Keane finisce sempre più sotto i riflettori e ogni evento viene registrato come l’ennesima bravata di un giocatore sopra le righe. Nell’agosto del 2002 Keane viene punito per centocinquantamila sterline da Alex Ferguson e sospeso per tre partite per aver rifilato una gomitata a Jason McAteer del Sunderland. Ne approfitta per operarsi all’anca e rientra in campo a dicembre, ma con una mobilità ridotta e con un’influenza a centrocampo non più a grandi livelli. Nel 2005 si rende protagonista di un altro incidente diplomatico, stavolta a Highbury, al culmine di una grande rivalità tra Red Devils e Arsenal. In campo, dall’altro lato, c’è Patrick Vieira, che inizia a battibeccare con Gary Neville già nel tunnel degli spogliatoi. Keane intima l’arbitro di placare le parole del francese, ma in campo poi si scatena la rissa. Beckham accentua un contrasto con Vieira, con Keane che a questo punto decide di intervenire sul ginocchio del francese: parte un parapiglia, che vede protagonista anche Stam, ma che alla fine non manda nessuno anzitempo sotto la doccia.

Con 13 cartellini rossi, Keane sancì il record nel calcio inglese, ma venne anche inserito, da Pelé, nella lista dei 100 migliori calciatori di sempre, come unico irlandese. Al termine di quella stagione, nel 2005, la sua storia con lo United si interrompe, in maniera consensuale, a seguito di un prolungato infortunio che lo aveva tenuto lontano dal campo. La separazione fu anche il punto più alto di una dicotomia oramai ingestibile all’interno dello spogliatoio proprio con Ferguson e con altri senatori: Kieran Richardson e Rio Ferdinand, insieme a Darren Fletcher, sono protagonisti delle sue ire e delle sue critiche, spingendolo lontano da Manchester e a chiudere la sua carriera con i Red Devils con un numero importante di record e risultati ottenuti, ma con la rabbia a muovere le stelle.

Pochi giorni dopo la risoluzione del contratto firma con il Celtic, dove gioca per appena mezza stagione, decidendo di ritirarsi nell’estate del 2006 a causa dei numerosi infortuni rimediati, lasciando un ricordo indelebile non solo nella Premier League, ma in tutto il calcio europeo.

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