“Neanche Gesù piaceva a tutti, figuriamoci io”.
Josè Mourinho
Lo stesso discorso sui giudizi delle pagelle, vale per i social network. Forse è una questione ancora più ampia, in quanto i social vengono utilizzati praticamente da tutti, e chiunque si interessi ad un argomento ora utilizza questi canali per informarsi e darne sfogo.
Aggiungiamo inoltre il fatto che ormai questi portali, in molti casi, sembra che diano diritto a chiunque, di dire qualsiasi cosa, a qualsiasi persona, in qualsiasi modo.
Ci sono profili seguitissimi, soprattutto dei campioni di Serie A, dove è impensabile pensare che il diretto interessato riesca a leggere migliaia di commenti ad ogni pubblicazione, sarà difficile per lui riuscire a compiacersi di eventuali complimenti, o leggere delle varie arrabbiature del caso.
Noi calciatori non potremo mai piacere a tutte le persone che seguono il calcio, a tutti i tifosi della squadra e tutti gli appassionati. Come a noi vanno a genio determinate persone e altre meno, figuriamoci se questo non succede per chi ci guarda.
È la cosa più normale che possa esistere.
I commenti delle persone esterne allo spogliatoio poi, nel 99% dei casi, non possono tenere conto di tutto quello che c’è dietro ad una semplice prestazione, proprio perchè sono esterni e non conoscono tutte le dinamiche e i fatti che accadono prima, o anche durante, i 90 minuti della gara.
Mi è capitato di vedere compagni criticati sui social per prestazioni opache, ma queste persone per esempio non potevano sapere del reale apporto morale che questi giocatori davano allo spogliatoio, cosa probabilmente anche più importante della prestazione stessa.
L’importante però, credo che stia nel non permettere che questo ci influenzi e ci condizioni, sia nel bene che nel male.
Si tratta di interferenze, positive e negative che siano, a cui possiamo benissimo fare a meno. Quando si vince e si gioca bene si sprecano complimenti e applausi virtuali, ma non ci si può adagiare ai festeggiamenti, si deve andare avanti. Altre volte regna l’equilibrio. Quando invece si perde e si gioca male si può essere presi di mira, ma anche quello dobbiamo considerarlo un aspetto ordinario.
Ai miei figli non posso dire “bravi” se mi colorano coi pennarelli il divano di casa, glielo dico quando colorano su un foglio.
Sta a noi calciatori, convivere con questo aspetto, consapevoli che fa parte del nostro lavoro. I social esistono e probabilmente esisteranno sempre, è giusto prenderli in considerazione, ma dando loro la corretta importanza. Significa dar loro il giusto peso, che ci permette di utilizzarli in maniera funzionale e che non ci condizionino, nel bene e nel male.
Possiamo prendere spunto da alcuni consigli, prenderci un’incazzatura positiva per altri commenti, raccogliere un complimento se capita, ma poi tornare a ragionare con la nostra testa e ricominciare ad allenarci al meglio per migliorarci sempre, per fare il nostro lavoro nel miglior modo possibile.
Io cerco di utilizzare in questo modo i social, leggo e ascolto il meno possibile, ma so benissimo di avere, e di avere avuto, compagni che non si perdono un commento su Facebook o su Instagram.Ognuno, come detto prima, la vive a suo modo.
C’è chi, infine, utilizza questi canali sfruttando il loro infinito potenziale, per sponsorizzare o crearsi un futuro anche nel mondo digitale, che sta prendendo sempre più piede in questi ultimi anni.
A me per esempio piacerebbe diventare un nomade digitale, piacerebbe poter lavorare con un computer sulle mie passioni, e nel frattempo crearmi la possibilità di vedere il mondo.
I social possono permettere questo e molto altro, tanti miei colleghi infatti li usano per sponsorizzare i loro brand o le loro attività.