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GFX Daniele Delli Carri

Daniele Delli Carri, il Robin Hood della A: 4 goal, di cui 3 a Juve, Milan e Inter

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Dicono che l'età sia soltanto un numero, ed in effetti è così: dipende tutto dalla prospettiva con cui ci si rapporta. Anche nel calcio, a volte, è tutta una questione di prospettive. Per dire: Federico Baschirotto di mestiere farebbe il difensore, ma ci sono pomeriggi in cui si dimentica di esserlo, a giudicare da quanto segna e da quant'è pericoloso quando si porta nelle aree avversarie. Per non parlare di Sergio Ramos, che nel curriculum ha più reti di parecchi attaccanti.

Ecco: nel caso di Daniele Delli Carri, che oggi ha 51 anni, non era per nulla una questione di prospettive. Era un difensore anche lui, come Baschirotto e Sergio Ramos. Solo che, a differenza dei due colleghi, interpretava il ruolo con un rigore quasi ferreo. Tradotto: non segnava mai. O quasi. Perché qualche golletto in carriera l'ha pure messo a segno. A volte pesante, quasi sempre prestigioso: in Serie A ha punito solamente quattro avversari, ma di questi quattro avversari tre rispondono al nome di Juventus, Milan e Inter. Ovvero le tre squadre più nobili che il pallone italiano conosca. Una specie di Robin Hood del pallone italiano, che fa piangere i ricchi e sorridere i poveri.

Tutte e tre le volte lo ha fatto con la maglia del Piacenza, il club che più di altri, con ogni probabilità, ha fatto breccia nel suo cuore da girovago. DDC ha giocato praticamente ovunque, da Torino a Genova – sponda rossoblù – con una puntata pure alla Fiorentina (2004/2005, la prima annata in A post fallimento e Florentia Viola). Ha giocato anche nel Pescara, di cui oggi – dopo qualche disavventura giudiziaria – è il direttore sportivo. Ma è al Piace che si è involontariamente messo in testa di entrare a far parte delle curiosità del calcio italiano. Riuscendoci.

  • PROLOGO: LE PROVE DEL RIGAMONTI

    Non è mai stato un campione, Delli Carri. Un centrale difensivo onesto, questo sì, ma come tanti. Con prospettive particolarmente interessanti, peraltro, almeno all'inizio della carriera: è uscito dal settore giovanile del Torino, un marchio di garanzia, e fino a quando l'età glielo ha consentito è rimasto nel giro dell'Under 21 di Cesare Maldini, con cui ha conquistato l'Europeo di Categoria nel 1994.

    Il Toro lo ha lasciato partire subito dopo, cedendolo al Genoa in quella stessa estate. Voleva Nicola Caricola, se l'è preso e in cambio ha sacrificato uno degli enfants du pays. Alla fine Caricola, quello che in MLS darà vita a una curiosa maledizione, è tornato quasi subito proprio a Genova. Dove ha trovato Delli Carri. Ed è con la maglia rossoblù che Daniele si è tolto la prima soddisfazione in Serie A: a Brescia, il 15 ottobre del '94. Recupero inoltrato, Marcolin ha calciato una punizione da sinistra, il centralone nato a Foggia è salito su una scala immaginaria e di testa ha superato Ballotta. Risultato finale: 2-1 Genoa.

    Il Grifone è poi retrocesso in Serie B, al termine di quella stagione così anomala – la prima con i tre punti per vittoria – conclusa con il celebre spareggio perso a Firenze contro il Padova. Ma per Delli Carri, intanto, il battesimo è stato di quelli pesanti. A Brescia ha impresso per la prima volta il proprio marchio sul massimo campionato. Contro un avversario normale, per una volta. Una diretta concorrente per non retrocedere. Non accadrà più.

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  • ATTO I: BLOCCARE UNA CORAZZATA

    Salto in avanti. Il 23 dicembre del 1996, Delli Carri si siede sulla panchina del Garilli aspettando che contro la Magna Juve arrivi anche il suo momento. Il Piacenza degli italiani lo ha pescato all'inizio della stagione dal Genoa, dove ha disputato un'annata in B. Fin lì ha giocato solo due partite da titolare, ovvero le due precedenti, contro Bologna e Atalanta: del resto nel suo ruolo ci sono la bandiera Lucci e Mirko Conte, colui che in seguito diventerà il primo calciatore di Serie A a indossare tre casacche diverse nella stessa stagione.

    Dalla panchina del Garilli, Delli Carri osserva il Piacenza giocar bene e mettere in difficoltà la corazzata di Marcello Lippi, che sta guidando il campionato. Piovani va a un passo dal vantaggio, Peruzzi fa il Peruzzi. Sotto la pioggia emiliana, serve un episodio per sbloccare una partita così. Che arriva al quarto d'ora della ripresa: Zidane batte una punizione in area, Padovano si avventa di testa e devia in rete, anche se l'ultimo tocco, quello che manda fuori giri in maniera completa Taibi, è di Lucci.

    Delli Carri, quando la Juve passa in vantaggio, è ancora in panchina. Poi Bortolo Mutti, l'allenatore di quel Piacenza, decide che è arrivato il suo momento. Dentro lui, fuori Conte. Forse ha un presagio, il tecnico bergamasco, o forse no. Sta di fatto che Piovani calcia dalla bandierina, per una volta Peruzzi esce così così e sul secondo palo, di nuovo sull'ascensore come un paio d'anni prima a Brescia, sale Delli Carri: incornata vincente e 1-1. Giusto per capire l'enormità del fatto: il giorno dopo La Stampa lo definirà “un ragazzo che quando segna stappano spumante come neppure la sera di S. Silvestro tanto l'evento è raro e impronosticabile”. Intanto, la Juve è la sua prima vittima eccellente.

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  • ATTO II: PASTICCIO E RIMEDIO

    Altro salto in avanti. Alla prima giornata del 1997/98, stavolta. Fa caldo, ma sono in tanti al Garilli per vedere il nuovo Piacenza di Vincenzo Guerini, che pochi mesi prima si è salvato grazie allo spareggio del San Paolo contro il Cagliari. Sono in tanti anche per vedere il nuovo/vecchio Milan di Fabio Capello, tornato in sella in una sorta di operazione nostalgia dopo aver trionfato a Madrid. Serve un cambio di passo dopo l'orrendo undicesimo posto dell'anno precedente. E i volti nuovi non mancano: Ziege, Kluivert, Ibou Ba.

    Delli Carri, ancora una volta, in campo non è che uno dei tanti. In pochi fanno davvero caso alla sua presenza. E se lo fanno è per rimpiangere il roscio Conte, appena trasferitosi al Napoli assieme a Mutti. Per il centrale foggiano è una motivazione in più: s'incolla a Weah, non lo lascia respirare, nei contrasti aerei è praticamente imbattibile. Solo che alla mezz'ora accade l'evento non pronosticato: Ziege trova spazio sulla sinistra e crossa in area, dove Delli Carri, nel tentativo di anticipare Boban, fa schizzare la palla nella porta di Sereni. Autorete. E Milan in vantaggio.

    Ma Delli Carri ha la tempra del combattente. Non si abbatte e anzi, comincia a sognare di ripetersi nell'area opposta, quella giusta. E così, quando al 64' il Piacenza guadagna un calcio d'angolo, abbandona la propria zona di campo e si lancia nei pressi della porta dell'ex Taibi. Batte Stroppa, i milanisti stanno a guardare, il centrale piacentino si esibisce in un terzo tempo perfetto e, ancora e sempre di testa, pareggia. Altro 1-1 e altra vittima eccellente da segnare nel proprio curriculum. Ormai comincia a non essere più una semplice coincidenza.

  • ATTO III: ANCORA TU?

    Terzo e ultimo salto in avanti. Il 20 febbraio del 2000, al Garilli si presenta l'Inter di Marcello Lippi. Uno che conosce bene Delli Carri: era lui l'allenatore della Juve già punita dall'ex genoano. Però un fulmine non può cadere per due volte nello stesso punto, come recita un vecchio detto, e dunque perché mai preoccuparsi di lui? Tanto più che i nerazzurri vanno avanti nel primo tempo con Laurent Blanc, un altro difensore. Lo spauracchio del Robin Hood piacentino, quello che segna ai ricchi per far felici i poveri, pare scongiurato. Pare, già.

    A una ventina di minuti dalla conclusione della partita, col punteggio ancora inchiodato sull'1-0 per l'Inter, la trama è sempre la solita. A cambiare è solamente il battitore del calcio d'angolo, ovvero Morrone, ma per il resto sembra di assistere a un déjà-vu: Delli Carri svetta altissimo sopra alle teste di tutti gli avversari e di nuovo, come poco più di tre anni prima, lascia impotente Peruzzi, che stavolta ha addosso la maglia nerazzurra. Incredibile ma vero: il difensore che “quando segna stappano lo spumante” è al quarto centro in Serie A, di cui tre contro la crema del pallone italiano, ovvero Juventus, Milan e Inter. Sempre di testa, sempre al Garilli, sempre a firmare l'1-1 dopo il vantaggio della grande di turno.

    Qui, a dire il vero, la trama si snoda in un finale diverso dal solito. Perché il troppo falloso Delli Carri, già ammonito una prima volta, viene espulso quasi subito per doppio giallo. E prima del 90' l'Inter prende il largo: segna di nuovo Blanc, poi Bobo Vieri. Quel Piacenza, autore di un'annata sgangherata, retrocederà in Serie B per poi tornare in A dopo dodici mesi. Il suo Robin Hood andrà invece a prendersi una bella rivincita a Torino, con tanto di promozione parallela a quella emiliana. In Serie A giocherà ancora: col Toro, col Siena, con la Fiorentina. Ma senza più andare a segno.

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