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Pietro Vierchowod, l'insuperabile 'Zar': dagli Scudetti con Roma e Sampdoria alla Champions con la Juventus

Nella sua lunga carriera ha marcato Maradona e Van Basten, ma anche Ronaldo 'Il Fenomeno', ed è stato un osso duro per tutti gli attaccanti che ha affrontato, che hanno sempre riconosciuto in lui uno degli avversari più ostici da superare. Difensore centrale roccioso, molto veloce e maestro nell'arte della marcatura a uomo e dell'anticipo, Pietro Vierchowod è stato un'icona del calcio italiano nel suo ruolo, del quale è stato uno degli interpreti più efficaci.

La sua è stata una carriera ricca di successi, che lo ha visto conquistare in Italia 2 Scudetti, 4 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane, in Europa una Coppa delle Coppe e una Champions League a 37 anni. In Nazionale ha partecipato a tre Mondiali, vincendo (pur senza mai giocare) l'edizione di Spagna '82.

Professionista esemplare, è stato anche un precursore dell'atleta moderno: la cura del suo corpo e la scrupolosità negli allenamenti gli hanno permesso infatti di restare a lungo ad alti livelli. Esempio straordinario di longevità sportiva, ha giocato in Serie A fino a 41 anni, e ancora oggi figura nella top 10 dei giocatori più presenti nel massimo campionato italiano.

DAGLI ESORDI ALLA SERIE A COL COMO

Pietro Vierchowod nasce a Calcinate, in provincia di Bergamo, il 6 aprile 1959.  Verrà soprannominato 'Lo Zar' perché suo padre, Ivan Lukjanovič, era ucraino (dunque sovietico) e durante la Seconda Guerra Mondiale era stato un soldato dell'armata rossa.

Fatto prigioniero in Italia, una volta terminato il conflitto, Ivan decise di non tornare in patria, dove lo attendeva un posto da operaio a Ricovo, nella periferia di Kiev, e si sposò a Spirano, svolgendo vari mestieri: dal facchino all'ortolano, per poi trovare posto come meccanico nella fabbrica delle motociclette bicilindriche Rumi. Al figlio impartisce un'educazione severa, e cerca di fargli imparare un mestiere. Pietro fa così prima il manovale, poi l'idraulico, ma, fin da giovane sviluppa una grande passione per il calcio.

"Come tutti i ragazzi in quel periodo ho cominciato a giocare a calcio in oratorio. - racconta in un'intervista a 'Calcio2000' del novembre 2015 - Inizialmente però non ero un difensore, ma facevo la punta. Poi una domenica alla squadra mancava un difensore e l'allenatore mi chiese se volevo provare a sostituirlo. Io risposi di sì, e gli chiesi cosa dovevo fare. ' Vedi quello lì? Lo devi seguire dappertutto', mi disse. Da quell'episodio è nata la mia carriera da difensore...".

A 16 anni arriva per lui la grande occasione: il Milan ha l'opportunità di prenderlo, e di avere fra le mani la formidabile coppia difensiva Vierchowod-Baresi. Quest'ultima, però, si vedrà in rossonero soltanto 21 anni più tardi, quando i due campioni si ritroveranno a giocare assieme qualche gara nella parte finale della loro carriera.

"In quel periodo facevo provini per diverse squadre, - ricorda Vierchowod - un giorno però decisi di tentare con il Milan. Giocai un partitone, ma mi dissero che nel mio ruolo erano coperti. Per me fu sicuramente una delusione, anche se a posteriori dico che forse è stato meglio così, perché sono potuto crescere gradatamente. Se il Milan mi avesse preso, magari avrei giocato poco, visto che nel vivaio rossonero c'erano molti grandi giocatori".

La carriera di Pietro deve partire allora dal basso. 

"Mi prese la Romanese, squadra della provincia di Bergamo. Giocai con la Berretti e a fine stagione passai in Prima squadra. Feci 3 presenze in Serie D, poi fu organizzata un amichevole contro il Como, e Mino Favini, vedendomi giocare decise di puntare su di me".

Como Serie B 1979-80Wikipedia

Con i lariani il difensore gioca per 5 stagioni, dal 1976 al 1981, ottenendo una doppia promozione dalla C1 alla A. 

"Dico sempre che abbiamo fatto un salto triplo: oltre ad aver vinto il campionato in C1 e in B, infatti, conquistammo la salvezza al primo anno di Serie A. Il Como era una piccola società che con il vivaio riuscì a creare un bel progetto: dalle Giovanili lariane, oltre a me, uscirono fra gli altri Gianfranco Matteoli e Stefano Borgonovo".

Il talento di Vierchowod emerge precocemente e diverse squadre si sfidano per contenderselo già dopo la promozione in Serie A con i lombardi. Alla fine il suo cartellino se lo aggiudica la Sampdoria di Paolo Mantovani, ma il trasferimento a Genova dello 'Zar' deve essere rimandato.

"Mi acquistarono i blucerchiati, - ricorda l'ex difensore - ma c'era un problema: quell'anno erano in Serie B e io volevo giocare in Serie A". 

Pietro resta così in prestito per una stagione al Como, con cui, sotto la guida di Pippo Marchioro, ha modo di debuttare in Serie A nel 1980/81. L'esordio assoluto arriva il 14 settembre 1980, a soli 20 anni, nella sconfitta interna contro la Roma per 0-1. Vierchowod chiude il primo anno nel massimo campionato con 30 presenze e 2 goal in Serie A più 4 presenze in Coppa Italia, rivelandosi subito come un grande difensore.

Spesso impiegato da terzino sinistro per sfutarne lo strapotere fisico anche in fase offensiva, inizia a mettersi in evidenza nelle vesti di difensore-goleador. La prima rete in Serie A la realizza il 28 dicembre in casa contro il Cagliari, ed è da cineteca.

"Prendo palla prima di metà campo, vinco un contrasto e dopo una lunga corsa sulla fascia sinistra, salto un difensore e batto il portiere Corti sul primo palo... Fu davvero molto bello".

FIORENTINA, ROMA E IL PRIMO SCUDETTO

Nel 1981 Vierchowod dovrebbe finalmente approdare alla Sampdoria, ma i liguri hanno mancato l'obiettivo della promozione, e il presidente Mantovani garantisce a Pietro che avrebbe giocato in Serie A con squadre di primo livello finché i blucerchiati non sarebbero approdati nel massimo campionato e diventati una squadra di alto livello.

"Fui girato prima alla Fiorentina di De Sisti, poi alla Roma di Liedholm. - ricorda 'Lo Zar' a 'Calcio2000' - Erano due squadre strepitose".

Con i viola il difensore lombardo sfiora subito il titolo, disputando una grande stagione e guadagnandosi, a fine torneo, la convocazione di Enzo Bearzot, a soli 22 anni, ai Mondiali di Spagna '82. Il duello serrato fra la Juventus, che si laurea campione, e i gigliati, che si piazzano secondi, termina con una coda polemica.

"Con i viola sfiorammo lo Scudetto nel 1981-82. - ricorda Pietro - All'ultima giornata giocavamo a Cagliari. Avremmo dovuto vincere per andare allo spareggio, ma ci annullarono un goal regolare di Graziani, mentre la Juventus passò a Catanzaro con un rigore molto dubbio trasformato da Brady. Lo spareggio sarebbe stato giusto, evidentemente non c'erano i tempi, visto che c'era da preparare il Mondiale in Spagna...".

Pietro Vierchowod Fiorentina Serie A 1981/82Getty Images

In riva all'arno Vierchowod colleziona 28 presenze e 2 goal in campionato più 6 in Coppa Italia e a dispetto della giovane età si conferma fra i difensori più forti della Serie A. Tanto che nel 1982/83 a richiederlo a titolo temporaneo alla Sampdoria è la Roma di Nils Liedholm.

"Sarei voluto restare in Toscana un altro anno, ma Mantovani mi disse che mi avrebbe dato a un'altra grande squadra, e così fu". 

Proprio 'Il Barone' è un suo grande estimatore e lo imposta stabilmente da centrale difensivo. E per alcuni è stato proprio l'arrivo dello 'Zar' a far fare il salto di qualità ai giallorossi, che a fine anno conquistano il secondo Scudetto della loro storia.

"La vera mossa vincente di Liedholm, oltre a mettere il mancino Nela terzino destro, Maldera a sinistra e Di Bartolomei regista arretrato, fu piazzare Vierchowod al centro della difesa. - sosterrà Roberto Pruzzo, bomber di quella squadra - Una pedina fondamentale. Marcava tutti lui da solo, era insuperabile".

Nella capitale Vierchowod disputa in tutto 43 gare fra campionato, Coppa Italia e Coppa UEFA, senza segnare goal, ma dando un contributo determinante alla vittoria del campionato, tanto che a fine anno è premiato con il Guerin d'Oro

"I grandi giocatori furono molto accoglienti con me, mi trattavano molto bene. - assicura - Ricordo un aneddoto con Pruzzo. L'anno prima lo marcai quando giocavo con la Fiorentina, e gli diedi una gomitata. Quando arrivai alla Roma lui non perse l'occasione di ricordarmelo... Ma erano tutti ben disposti nei miei confronti, e mi inserii bene in quel gruppo. Vincemmo lo Scudetto dopo 41 anni. Eravamo davvero uno squadrone: c'erano Falcao, Conti, Pruzzo, Cerezo, Di Bartolomei, Ancelotti...".

Pietro Vierchowod Roma Serie A 1982-83Wikipedia

LA SAMPDORIA: 12 ANNI FRA GOAL, SCUDETTO E COPPE

Mentre la Roma vince lo Scudetto, la Sampdoria aveva chiude la prima stagione dopo il ritorno in Serie A con un bel 7° posto, e così, in estate, mentre Pietro già sogna di alzare la Coppa dei Campioni con la maglia giallorossa, Paolo Mantovani decide che è giunto il momento per lui di trasferirsi a Genova.

"Lasciai la Roma a malincuore - ammette - Sarei rimasto volentieri un altro anno, per giocare la Coppa dei Campioni. Se fossi rimasto probabilmente ci sarei stato anch'io nella finalissima contro il Liverpool e magari sarebbe andata diversamente...".

I primi mesi in blucerchiato non sono semplici, poi però scatta qualcosa e Vierchowod diventa un simbolo dei blucerchiati, con cui giocherà per 12 anni. I genovesi scalano le gerarchie del calcio italiano e diventano nel giro di alcune stagioni una squadra competitiva. Nel 1983-84 è eletto da una giuria di esperti miglior difensore centrale del campionato di Serie A, nel 1984-85 arriva il primo titolo, la Coppa Italia, vinta superando il Milan nella doppia finale grazie ad una rete di Souness all'andata e ai goal dei 'Gemelli' Vialli e Mancini al ritorno.

Ne seguiranno tanti altri, in particolare dopo l'avvento in panchina di Vujadin Boskov nel 1986. Vierchowod vive tanti successi, fra cui lo storico Scudetto del 1990/91, il secondo della sua carriera, e una grande delusione,  la finale di Coppa dei Campioni persa nel 1992 contro il Barcellona.

"Ripartii da Genova, all'inizio a malavoglia, - racconta - poi però Mantovani mi fece capire qual era il suo progetto e passò tutto. Creò nel giro di qualche anno una grande squadra, eravamo un gruppo di amici molto affiatati e vincemmo quasi tutto: 4 Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Italiana e lo Scudetto nel 1990-91".

"Ci mancò solo la Coppa dei Campioni, che perdemmo in finale ai supplementari contro il Barcellona nel 1992. Quello resta l'unico rammarico. Perché sapevamo di essere i più forti, e di fronte avevamo uno dei Barcellona più modesti della storia recente. Invece sbagliammo tanti goal, e nei supplementari Koeman ci punì su punizione dalla distanza... Forse anche Pagliuca ha le sue responsabilità, perché il tiro era sul suo palo e lui non riuscì a prendere il pallone... Ma era una conclusione molto potente".

Allora Vierchowod non può saperlo e al fischio finale piange, ma l'appuntamento con la Coppa dalle Grandi orecchie per 'Lo Zar' è soltanto rimandato. L'avventura con i blucerchiati finisce nel 1995, dopo 493 presenze, che lo rendono ancora oggi il 3° di sempre per partite disputate nella storia del club, e ben 39 goal segnati, un'enormità per un difensore come lui (358 presenze e 25 reti considerando soltanto la Serie A). Da vicecapitano, in assenza di Mancini, il 20 aprile 1994 è lui a sollevare al cielo l'ultima Coppa Italia vinta.

Pietro Vierchowod Sampdoria

INCUBO DI MARADONA E VAN BASTEN

Proprio negli anni in blucerchiato Vierchowod dà vita a duelli epici con i grandi campioni che in quelli anni giocano in Italia. Su tutti sono passati alla storia quelli con Diego Armando Maradona e Marco Van Basten.

"Mi è capitato spesso di marcare Diego. - racconterà l'ex difensore a 'La Repubblica' nel novembre 2020 - All’epoca si giocava a uomo, io di solito facendo lo stopper prendevo il centravanti, ma qualche volta mi misero su di lui. Lo seguivo dappertutto sino a centrocampo, finivo per fare il mediano. Una volta mi fece un tunnel e io mi girai dall’altra parte. Lui mi disse: 'Tu sei come Hulk, ti manca soltanto il colore verde' ". 

"Era un avversario unico. Aveva la palla incollata ai piedi, con quel baricentro basso quando copriva il pallone era impossibile portarglielo via. Io cercavo di fare del mio meglio, ero un difensore duro ma non sono mai entrato per fargli male e lui ha sempre parlato bene di me riconoscendomelo".

Anche i confronti con il 'Cigno di Utrecht' erano all'insegna di durezza e sportività, dall'una e dall'altra parte: gomiti alzati e tackle erano la regolarità. Seguiti da abbracci e scuse reciproche. Contro l'olandese 'Lo Zar' in campionato, su 8 gare, ne perde 3, ne vince una e ne pareggia 4. Ma contro di lui Van Basten segnerà lo stesso numero di goal del suo marcatore, ovvero uno, a testimonianza della difficoltà di giocare contro Pietro. Il difensore lombardo porta in vantaggio la Samp il 15 dicembre 1989, in una gara terminata 1-1 grazie al pareggio firmato da Ancelotti.

Il giorno dopo, i giornali ironizzano sul fatto che Vierchowod, a differenza del campione olandese, oltre a limitare la prolificità del suo avversario, sia riuscito anche a segnare. Il rossonero, come racconta nella sua autobiografia 'Fragile', si prende la sua rivincita il 5 aprile 1992, in una partita che sancisce il passaggio del tricolore dalla maglia blucerchiata a quella rossonera, e che sarà ricordata come quella che spezzò il sortilegio di Van Basten contro il difensore blucerchiato.

"La Sampdoria era campione uscente, mentre noi eravamo lì lì per vincere il titolo di quell’anno. - scrive Van Basten - La partita finisce 5-1 per noi. Quando segnai il 3-0 tutto San Siro si alzò in piedi esultante. Anch’io ero al settimo cielo, nonostante quel goal non fosse nulla di speciale, un rimpallo ben sfruttato dopo che un tiro aveva colpito la traversa. Ma Pietro Vierchowod restava uno dei difensori più forti della Serie A, sicuramente il miglior marcatore della Sampdoria".

"Non andavamo per il sottile quando ci affrontavamo, - conferma l'olandese - erano scontri molto duri, ma leali. Ci era già successo di battere la Sampdoria, ma io non avevo mai segnato contro di lui. I giornali lo ribadivano puntualmente e anche il pubblico lo teneva a mente. Quando arrivò quel goal tutto lo stadio è esploso di gioia, e io con lui. È un classico, tanto rumore per un goal in realtà normalissimo. Vierchowod era davvero un ottimo difensore".

Prima di allora Van Basten era riuscito a segnare alla Sampdoria soltanto nella Supercoppa italiana del 1989, trasformando allo scadere il rigore del definitivo 3-1 ma l’assenza del suo rivale, uscito dal campo al 57', non permette di poter annotare questa marcatura nelle statistiche dei loro duelli.

Diego Armando Maradona Pietro Vierchowod Napoli Sampdoria Serie A 09231984Popperfoto

TRE MONDIALI IN NAZIONALE

Con la Nazionale italiana Vierchowod partecipa a tre spedizioni Mondiali. In Azzurro 'lo Zar' non sarà molto fortunato, ma riuscirà comunque a laurearsi campione del Mondo a Spagna '82 a 22 anni, senza mai scendere in campo, e a piazzarsi al 3° posto a Italia '90. Gioca anche in Messico nel 1986.

Debutta il 6 gennaio 1981 nell'1-1 del Mundialito contro l'Olanda, e ai Mondiali del 1982, quando Collovati esce per infortunio contro il Brasile, dovrebbe toccare a lui. Pietro non è però a disposizione. Aveva rimediato infatti un infortunio alla caviglia, e per questo Bearzot si affida a Bergomi, che sfrutta l'occasione per guadagnarsi del Ct. Anche l'11 luglio, nella finale di Madrid, non è in grado di scendere in campo e sarà il baffuto giovane nerazzurro a prendersi la scena.

Vierchowod gioca invece 4 gare a Messico '86 e 3 a Italia '90. Nel 1994 è lui a chiamarsi fuori dalle convocazioni di Sacchi, chiudendo la sua avventura azzurra con 45 presenze e 2 reti segnate a Cipro e a Malta.

"Non voglio fare la riserva", dice apertamente al Commissario tecnico di Fusignano.

Forse precipitosamente, perché l'infortunio occorso a Baresi gli avrebbe permesso di riscattare 12 anni dopo quanto capitato nel 1982. E invece saranno altri, ancora una volta, ad essere protagonisti in maglia azzurra. 

"Tutto sommato sono contento di quello che ho fatto anche in Nazionale, - assicura a 'Calcio2000' -  l'unico grande rammarico restano i Mondiali del 1990 in Italia. Vicini mi aveva convinto a far parte del gruppo promettendomi che, sebbene non mi garantisse il posto da titolare in tutte le partite, avrei disputato le gare più difficili, come quella contro l'Argentina, in cui avrei dovuto marcare ancora una volta Maradona".

"Contro di me Diego non era mai riuscito a fare grandi cosi, e mi aspettavo che il Ct. mi inserisse almeno nel 2° tempo, quando eravamo in vantaggio 1-0. Invece non lo fece, mandò in campo una punta (Serena) e un trequartista (Baggio), e quando Maradona cominciò a salire di rendimento furono dolori, con Caniggia che segnò di testa l'1-1. Perdemmo ai rigori e addio sogno Mondiali. Allora mi fece giocare la finalina per il 3° posto per darmi un contentino, ma ero molto arrabbiato, per me quella partita non aveva senso".

Pietro Vierchowod Italy World Cup 1990Getty Images

LA JUVENTUS E LA CHAMPIONS A 37 ANNI

Nell'estate del 1995 Vierchowod, che ha già compiuto 36 anni, approda alla Juventus di Marcello Lippi in compagnia di Attilio Lombardo e del serbo Vladimir Jugovic. I piemontesi pagano soltanto mezzo miliardo il cartellino dello 'Zar', che, a dispetto dell'età, si rivelerà un giocatore prezioso soprattutto in Europa, con i bianconeri che gli regalano la gioia più bella della sua carriera.

La squadra di Lippi approda infatti alla finale di Roma del 22 maggio 1996,  dopo aver superato i francesi del Nantes in semifinale. Contro l'Ajax di Van Gaal, Vierchowod parte titolare a 37 anni compiuti. Il risultato dopo i tempi regolamentari è di 1-1, la gara non si sblocca nemmeno ai tempi supplementari e tutto si decide ai calci di rigore. Alla fine sono i bianconeri ad esultare, e 'Lo Zar' può alzare al cielo l'agognata Coppa. In precedenza, il 17 gennaio, era arrivata anche la 2ª Supercoppa Italiana, vinta sul Parma con goal di Vialli.

"La Juventus è una grande società, che ti mette in condizione di pensare al calcio. Forse in quegli anni era ancora più grande di oggi: in quella squadra c'era gente come Vialli, Del Piero, Ferrara, Paulo Sousa... Curiosamente la finale del 1996 contro l'Ajax si giocava a Roma, la stessa città dove 13 anni prima avevo vinto il mio primo Scudetto. Per me fu una notte bellissima, a 37 anni giocare una finale di Champions League e vincerla è il massimo per un calciatore".

"Ricordo - aggiunge Vierchowod - che potevamo chiudere prima la partita, ma avremmo potuto anche perderla. Una volta tanto una squadra italiana vinse ai calci di rigore. È stato incredibile. Da allora la Juventus, nonostante abbia giocato diverse finali, quella Coppa non è più riuscita a vincerla".

La stagione 1995/96 si chiude per il difensore con 31 presenze e 2 goal (21 partite e 2 reti in campionato, 8 gare in Champions League e una nella Supercoppa Italiana).  In estate però la società, dopo aver acquistato Paolo Montero e Mark Iuliano, decide di lasciarlo libero per ragioni anagrafiche.

Juventus 1996

DAL MILAN AL PIACENZA: GLI ULTIMI ANNI

Lasciata la Juventus, Vierchowod si accorda con il Perugia di Luciano Gaucci, neopromosso in Serie A e con ambiziosi progetti per il futuro. Ma ci sono problemi con il tecnico Giovanni Galeone e la firma salta. Per tornare in pista 'Lo Zar' deve aspettare qualche settimana, quando gli arriva la chiamata del Milan, che ha perso Baresi per infortunio.

"In pratica col Perugia feci soltanto il ritiro precampionato, - spiega l'ex difensore a 'Calcio2000' - perché non mi trovavo bene con l'allenatore Galeone. Allora andai ad allenarmi con il Como. Nel mentre nel Milan Baresi si fece male alla caviglia, e così mi chiesero se volevo andare a giocare con i rossoneri. Io non ci pensai due volte ed accettai".

Nel Milan Vierchowod sostituisce inizialmente il capitano, poi gioca al suo fianco, 21 anni dopo da quel provino a metà anni Settanta. La stagione è tuttavia avara di soddisfazioni per i colori rossoneri, e si chiude con 18 presenze totali e un goal.

"Quando arrivai c'era in panchina c'era Tabarez, e con lui giocai soltanto qualche gara. Poi fu sostituito da Sacchi, che mi fece giocare molto e con regolarità. Anche se la squadra si piazzò all'11° posto ed era in gran parte da ricostruire, con diversi grandi giocatori a fine carriera, ricordo positivamente quell'esperienza".

A 38 anni, il difensore lombardo il 5 settembre 1997 si accorda con il Piacenza, e in provincia vivrà una seconda giovinezza. Per due anni gioca nuovamente ad alti livelli, dando un apporto fondamentale per la salvezza della squadra, che schiera integralmente giocatori italiani.

"Avevo 38 anni e decisi di accettare la proposta biancorossa.  - raccontò Pietro -  Piacenza era una città piacevole in cui vivere. Quell'esperienza mi ricordò i primi anni con il Como. C'erano tanti problemi, e bisognava fare sempre i conti con una certa sudditanza psicologica degli arbitri verso le grandi squadre. Cercavamo di sbagliare il meno possibile, ma qualche errore si faceva. Nonostante tutto, però, conquistammo due salvezze consecutive e mi tolsi delle belle soddisfazioni, come  il goal salvezza nel 1998-99 contro la Salernitana.  Il terzo anno, nel 1999-00, non riuscimmo a ripeterci".

Si toglie anche il lusso di giocare molto bene contro Ronaldo 'Il Fenomeno', con il quale, il 3 maggio 1998, dà vita ad un duello da applausi. 'Lo Zar', ammonito dopo pochi minuti per un fallo su di lui, francobolla 'Il Fenomeno' in lungo e in largo, concedendogli soltanto conclusioni da posizione defilata. Fra i due c'è una differenza d'età abissale di 17 anni (22 contro 39). Ma a fine gara è incredibilmente il difensore ad esultare per un prezioso 0-0.

Quando il Piacenza va in B, Pietro ha 41 anni e 2 mesi, e decide di dire basta col calcio giocato.

"Mi arrivò un'offerta di un anno da una squadra di Serie B. - rivela - Ero tentato, ma alla fine decisi di rifiutare e di ritirarmi. Dall'ultimo anno con il Como in Serie A non ero mai sceso di categoria, e volevo chiudere nella massima Serie. Poi quella squadra vinse il campionato di B, se avessi accettato magari avrei potuto prolungare ulteriormente la mia carriera, ma certe cose devi sentirtele, e ormai avevo deciso di smettere".

Chiude con 562 presenze in Serie A, che lo rendono ancora oggi il 7° giocatore con più presenze di ogni tempo nel massimo campionato, e 38 goal. 

"il più bello in assoluto - dice - lo segnai in Torino-Sampdoria del 1992-93: un tiro al volo dal limite dell’area con il sinistro, che non era il mio piede". 

Sono invece 873 le partite totali disputate con 56 reti.  Il goal del 23 maggio 1999 alla Salernitana, che vale anche la salvezza degli emiliani, lo rende, con 40 anni e 47 giorni, il 3° più vecchio marcatore di sempre della Serie A, dietro Costacurta e Piola.

Pietro Vierchowod PiacenzaGetty

ALLENATORE, CANDIDATO SINDACO, SUPERVISORE

Una volta smesso di giocare, Vierchowod intraprende la carriera da allenatore, ma i risultati non sono gli stessi di quando scendeva in campo. Debutta nel dicembre 2001 con il Catania, in Serie C1. Guiderà poi in Italia la Florentia Viola in Serie C2 e la Triestina in Serie B, all'estero la gloriosa Honved di Budapest in Ungheria e per un breve periodo il Kamza in Albania da maggio a giugno 2018.

"Ho lavorato con presidenti difficili, come Gaucci. - sottolinea - Con il Catania fui esonerato quando ero 2° a due domeniche dalla fine del campionato. Anche con la Florentia Viola ero 2° a novembre quando decisero di mandarmi via. A Trieste, invece, ero 7° a novembre... Poi mi ha chiamato la Honved, che in passato era stata un grande club. Ora purtroppo la società è una lontana parente di quella gloriosa dei tempi che furono, e anche il calcio magiaro è in difficoltà. C'erano pochi fondi per gli investimenti e gli ingaggi. Eravamo a metà classifica con una squadra modesta, ma il presidente ha deciso di esonerarmi dopo la sconfitta contro il Debrecen".

In mezzo, fra le esperienze italiane e quelle all'estero, la candidatura a sindaco di Como, la sua città.  

"Nel 2012 ho creato una lista civica per vedere se riuscivamo a dare una mano alla città. È stata una bella esperienza, che mi ha permesso di sentire tanta gente. Alle elezioni c'è mancato davvero poco, circa 150 voti, per poter entrare in Consiglio comunale".

Ha anche fatto l' opinionista nelle trasmissioni Rai, non lesinando critiche ai difensori degli anni Duemila. Inoltre ha indossato nuovamente gli scarpini per andare in campo con gli Azzurri Legends, oltre che con Juventus e Milan Legends.

Per alcuni anni 'Lo Zar' ha lavorato per l'Academy del Milan come supervisore ai Junior Camp organizzati dal club rossonero. Da lui, considerato a ragione uno dei migliori difensori italiani di sempre, i giovani possono senza dubbio apprendere tanto.

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