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Gianluca Signorini, l'eterno capitano del Genoa ucciso dalla SLA a 42 anni

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Leadership, straordinario senso tattico, fisicità, visione di gioco e, a dispetto di un viso angelico, la giusta cattiveria agonistica. Gianluca Signorini, nato a Pisa il 17 marzo 1960 e coetaneo di Franco Baresi, con le sue qualità riesce a imporsi nel calcio italiano degli anni Ottanta, quello che era considerato il più bello e difficile del mondo, come uno dei liberi più forti.

In Nazionale è chiuso da Gaetano Scirea prima e proprio dal capitano rossonero poi, ma la sua carriera di club è stata importante e significativa, pur non regalandogli i grandi trionfi che avrebbe meritato, per il semplice fatto che il giocatore toscano a un certo punto ha scelto di legare le sue fortune a un solo club: quel Genoa di cui è diventato l'eterno capitano e un'icona. 

Quando scopre di avere la SLA, la Sclerosi laterale ameotrofica, ha 39 anni, ha appena accettato la carica di responsabile del Settore giovanile del Livorno e sta frequentando il corso di Coverciano per diventare allenatore. Sostenuto dalla sua famiglia, intraprende una dura battaglia contro la terribile malattia neurodegenerativa, che lo costringe a stare prima in carrozzina, poi a letto, fino a portarselo via per sempre il 6 novembre del 2002, all'età di 42 anni. 

DALLA GAVETTA ALL'INCONTRO CON SACCHI

Signorini si forma calcisticamente nelle Giovanili del Pisa e proprio con i nerazzurri inizia la sua carriera da calciatore professionista nel 1978 in Serie C1. Passa quindi al Pietrasanta, formazione della provincia di Lucca scomparsa dalla scena nel 2019, che ai tempi militava in C2. Gioca da titolare, collezionando 29 presenze e un goal, e si trasferisce al Prato in C1.

La gavetta prosegue al Livorno: in amaranto il libero resta due stagioni, totalizzando 65 presenze e 3 goal in campionato e affermandosi come giovane di grande talento. Signorini è pronto a lasciare la sua Toscana: nel 1983/84 va alla Ternana, un'esperienza sicuramente importante a livello esperenziale nella sua carriera che ne tempra il carattere da condottiero.

A livello tecnico, invece, una stagione ancora più importante è quella successiva, che Signorini gioca ancora in C1, ma con la maglia della Cavese. A Cava de' Tirreni la stagione inizia con Romeo Benetti allenatore. Le cose, però, non vanno bene e il presidente Amato chiama in panchina Corrado Viciani per sostituirlo.

Viciani era stato tra i primi tecnici a portare in Italia i concetti del calcio moderno: zona corta, possesso palla, pressing alto, sovrapposizioni. È con lui che Gianluca apprende un modo diverso di interpretare il ruolo di difensore centrale, che non si limita solo a distruggere l'azione avversaria ma diventa il 'primo regista' in fase di possesso palla. 

Quelli che Viciani insegna a Signorini sono concetti importanti, che, l’anno seguente, dopo aver guidato i campani alla salvezza, lo portano al Parma di Arrigo Sacchi. Per Gianluca l'incontro con il 'Profeta di Fusignano' segna la svolta definitiva della sua carriera.

Il giocatore pisano diventa il leader e uno dei simboli della squadra emiliana che nel 1985/86 incanta con il suo gioco moderno e conquista la promozione in Serie B, e nella stagione seguente, il 1986/87, sfiora la promozione in Serie A ed elimina il Milan dalla Coppa Italia.

Parma e Milan si affrontano prima nel girone eliminatorio a San Siro e poi in doppia sfida negli ottavi di finale. Il Parma espugna per due volte il campo dei rossoneri, senza mai subire reti ed estromettendo la squadra allenata da Liedholm dalla competizione. 

Gianluca Signorini Ternana Serie C1 1983/84Wikipedia

L'ESPERIENZA ALLA ROMA DI LIEDHOLM

Dopo 84 presenze e 6 goal complessivi fra campionato e Coppa Italia in due stagioni in gialloblù, nel 1987/88 le strade di Signorini e Sacchi si separano, ma il legame umano fra i due e la stima professionale resta immutata.

Berlusconi è talmente impressionato dall’organizzazione della formazione emiliana da voler portare al Milan proprio l’artefice tattico di quella duplice impresa. E secondo molte fonti, (nonostante la smentita recente di Carlo Ancelotti, che parla più del Bologna di Maifredi come modello) per far capire a Baresi i movimenti che lui gli chiedeva, il 'Profeta di Fusignano' era solito mostrare al libero rossonero delle videocassette che riproducevano Gianluca in azione, ordinandogli di studiarlo e apprenderne i movimenti.

Per Signorini, invece, le due grandi stagioni al Parma gli aprono le porte della Serie A: per un curioso incrocio di destini Nils Liedholm, il tecnico di quel Milan sconfitto dal Parma, lo vuole con sé alla Roma, che per il suo cartellino versa un miliardo e 600 milioni di Lire nelle casse del club emiliano.

A 27 anni debutta nel massimo campionato il 13 settembre 1987 nel pareggio esterno contro l'Ascoli. È il libero titolare della squadra che conquista un bel 3° posto in campionato, ma nonostante questo il tifo romanista non gli perdona qualche errore e così nel mese di settembre del 1988, dopo aver giocato anche le prime due fasi della Coppa Italia, è ceduto al Genoa, in Serie B.

Ma quell'unica stagione più un paio di mesi nella capitale (39 presenze complessive) gli serviranno per completare la sua crescita temperamentale e segneranno l'inizio di una grande amicizia con Fulvio Collovati, lo stopper dell'Italia campione del Mondo nel 1982, che con Signorini compone la coppia centrale giallorossa e si divide successi e critiche per una presunta lentezza.

"Quando ci siamo conosciuti eravamo già grandi, maturi, non più ragazzini scapestrati. - ha ricordato Fulvio in un'intervista del marzo 2020 a 'La Gazzetta dello Sport' - A Roma i tifosi con ironia ci chiamavamo i 'lenti a contatto' e noi accettavamo lo scherzo. Ma quali lenti, ragazzi! C’eravamo sempre, con anticipo e senso della posizione".

Antonio Tempestilli Fulvio Collovati Gianluca Signorini Roma Serie A 1987/88Wikipedia

LEGGENDA CON IL GENOA

La Roma all'inizio della stagione 1988/89 sceglie dunque di privarsi sbrigativamente del libero pisano e di puntare su un calcio teoricamente più offensivo, acquistando dal Flamengo per quel ruolo il brasiliano Andrade, che arriva nella capitale assieme al connazionale Renato Portaluppi.

Sarà un flop colossale, con quest'ultimo che sarà ribattezzato dai tifosi 'Er Moviola' per la sua lentezza e la società che sarà costretta a ripiegare in fretta e furia su Moreno Ferrario, svincolato dopo esser stato epurato dal Napoli al termine di una stagione negativa.

A godersi delle prestazioni e della classe di Signorini è invece il Genoa del 'Professor' Scoglio, appena approdato sulla panchina del Grifone e chiamato dal presidente Aldo Spinelli per riportare in Serie A il Grifone.

Ebbene, dopo un brutto pareggio a Cosenza nella prima giornata di Serie B, Scoglio rivolta come un calzino lo spogliatoio, criticando la vecchia guardia, e decide di optare per una rivoluzione tattica, abbandonando il gioco a uomo per introdurre la zona sporca, un ibrido fra il calcio moderno e quello tradizionale.

E per il ruolo di libero che ha in mente sceglie proprio Signorini. 

"Presidente, - dice a Spinelli - mi prenda Signorini e facciamo 50 punti".

Il patron del Grifone dà fiducia al suo allenatore e preleva dalla Roma il ventottenne libero, cui affida la fascia da capitano e la leadership della squadra. Sarà una cavalcata trionfale, con il Genoa che vincerà il campionato di B totalizzando 51 punti (all'epoca la vittoria ne valeva 2) e conquista la Serie A.

Genoa 1990-1991Wikipedia

Attorno a Signorini, Torrente, Bortolazzi, Ruotolo ed Eranio nasce un gruppo che negli anni seguenti si rivelerà vincente anche in Serie A e in Europa. 

"Quando arrivammo assieme al Genoa io ero un ragazzetto che ne veniva da Arezzo, lui era già stato a Roma e al Parma. - ricorda Marco Nappi, guizzante punta di quella squadra, in un'intervista a 'gianlucadimarzio.com' - Era da subito diventato un riferimento per tutti. Era un bel gruppo, fuori dal campo stavamo tutti insieme, con le mogli e i bambini".

"Un giovedì giocavamo la solita partitella in famiglia. Io attaccante, lui difensore, quando passavo dalle sue parti mi doveva marcare. Prendo la palla, gli faccio un mezzo numero e me ne vado lasciandolo li. Sento Scoglio che fischia, mi prende e mi spedisce nello spogliatoio dicendomi 'Non puoi fare una cosa così a Gianluca', e io via senza dire niente e senza capire cosa avessi fatto. Mi raggiunge Gianluca e mi dice: 'Ma che hai combinato Marco'. 'E che ne so, - gli rispondo - chiedilo a mister Scoglio', e giù a ridere. Questo per far capire anche quanto il Professore fosse legato a Gianluca, non permetteva gli 'mancassimo di rispetto' neanche con una giocata".

E nella stagione 1989/90, la prima nel massimo campionato con i colori rossoblù, Gianluca torna a far coppia con Collovati, con cui intanto la Roma aveva risolto il contratto.

"Gianluca mi precedette di un anno, andò al Genoa nel 1988. Nell’estate del 1989, mi trovavo in vacanza all’Argentario e senza contratto, quando mi arrivò in albergo una sua telefonata: 'Fulvio, ti passo una persona'. Era Franco Scoglio, il Professore, allenatore del Genoa. Mi disse: 'Hai ancora voglia di giocare? Ti allungo la carriera, tu e Gianluca diventerete una coppia formidabile'. E così è stato".

"Che personaggio il Professore... Quando perdevamo, attaccava i giovani: 'Stasera niente sesso, soltanto Signorini e Collovati possono farlo'. Allora Gianluca, da leader e capitano dello spogliatoio, andava a consolare tutti i ragazzi".

I due, amici dentro e fuori dal campo, faranno la fortuna di una squadra che dopo aver ottenuto la salvezza, con l'approdo in panchina di Osvaldo Bagnoli, è la base che porta la squadra rossoblù, in cui intanto approdano campioni del calibro di Pato Aguilera, il brasiliano Branco e Thomas Skuhravy, ad uno storico 4° posto in campionato nel 1990/91 e nella stagione seguente ad un'entusiasmante cavalcata europea in Coppa UEFA fino alle semifinali.

Solo l'Ajax di Van Gaal riesce a fermare il sogno europeo del club più longevo del calcio italiano, che compie l'impresa più bella ad Anfield: Signorini è il capitano della prima squadra italiana capace di violare la casa del Liverpool.

"Quella sera Signorini disputò una partita formidabile. - ricorda Collovati - Di testa le prendeva tutte, ma proprio tutte. Gli inglesi crossavano e lui, bum, respingeva. Un capitano vero a difesa del nostro fortino, ma attenzione, Signorini non era soltanto colpo di testa e presenza fisica. Aveva carisma, leadership, e sapeva giocare a calcio. Bagnoli lo utilizzava come primo regista: 'Se vedi che c’è la possibilità, metti la palla alta su Skuhravy'. E Gianluca serviva il pallone con precisione".

Il libero pisano si cuce per sempre al petto i colori rossoblù e, rinunciando anche alla possibilità di avere ingaggi più importanti, resta al Genoa per ben 7 anni, guidando la squadra da vero condottiero nei momenti felici e in quelli meno positivi e collezionando 234 presenze e 5 goal.

Nel 1992 uno dei momenti più felici lo vive nel Derby di ritorno contro la Sampdoria scudettata, in cui sblocca il risultato con un bel colpo di testa su calcio d'angolo. Fra i momenti più dolorosi c'è invece la stagione 1994/95, caratterizzata da alcuni infortuni per lui e culminata con la dolorosa retrocessione in Serie B dopo lo sfortunato spareggio di Firenze con il Padova. 

"Oggi - sostiene Collovati - Signorini sarebbe titolare fisso nelle prime tre squadre della classifica di Serie A e in Nazionale. Gianluca ha attraversato un’epoca in cui, quanto a 'liberi', c’era una concorrenza mostruosa. Al Milan giocava Franco Baresi, suo coetaneo, e in Nazionale, negli anni Ottanta, il titolare del ruolo era Gaetano Scirea, non so se mi spiego. È tutto abbastanza chiaro: averlo oggi un altro Signorini...".

L'IMPRESA COL PISA

Il Genoa nel 1995 retrocede in Serie B, e Signorini a quel punto decide di fare una scelta di cuore: giocare di nuovo con il Pisa, squadra della sua città, che nel frattempo è fallito e deve ripartire dal Campionato Nazionale Dilettanti. Gianluca si fa così carico di un'ultima impresa, e, ancora una volta, avrà ragione lui.

I nerazzurri vincono il campionato di Serie D e al termine di una stagione trionfale tornano in Serie C2. Signorini lascia il suo marchio nell'impresa, che si tinge di leggenda. È il 20 aprile del 1996 e nel piccolo centro sportivo 'Robaldo', immerso nel quartiere di Mirafiori, a Torino, il Pisa sta affrontando il Nizza Mirafiori, una squadra rionale. Mancano due giornate alla fine del torneo e il Pisa deve vincerle entrambe le gare per non fallire l'obiettivo promozione.

Il modesto impianto torinese è invaso per l'occasione da 500 tifosi arrivati dalla città della torre. In campo la partita è nervosa, il Pisa è superiore e il Nizza Millefonti è già matematicamente retrocesso ormai da settimane, ma la paura sembra frenare i nerazzurri, che faticano a sbloccare il risultato.

Ed è allora che ci pensa il capitano: al 56', su calcio d'angolo, proprio come aveva fatto nel Derby della Lanterna qualche anno prima, Signorini sceglie bene il tempo per lo stacco di testa e batte il portiere. Il Pisa vince, il capitano corre ad esultare verso il settore ospiti e quando la debole rete di recinzione cede si lascia abbracciare e baciare dai tanti supporters nerazzurri accorsi a seguire la squadra nella delicata trasferta. La settimana seguente, in casa contro il Viareggio, arriva un altro successo e Signorini può festeggiare con la festa promozione la sua ultima partita.

Gianluca Signorini Franco Scoglio Genoa Serie A 1994/95

LA LOTTA ALLA MALATTIA E L'ULTIMO TRIBUTO

A Pisa inizia anche la 'seconda vita' professionale di Signorini, che dopo il ritiro entra nello staff dirigenziale della società toscana, ricoprendo l'incarico di Direttore sportivo. Nel 1998, però, dopo l'esonero di Roberto Clagluna, accetta l'incarico di vice-allenatore, con l'ex portiere Alessandro Mannini alla guida tecnica della squadra.

È qui che Gianluca acquista consapevolezza di voler sfondare come allenatore. Nel 1999 lascia il Pisa per assumere l'incarico di Responsabile del Settore giovanile del Livorno e si iscrive al Corso di Coverciano per avere il patentino da allenatore professionista. 

Ma la sorte era pronta a tendergli un terribile agguato: Gianluca scopre infatti di essere malato, come molti alti suoi colleghi calciatori, di Sclerosi laterale ameotrofica (SLA), detta anche Morbo di Lou Gehrig, dal nome del giocatore di baseball che per primo la contrasse, una malattia neurodegenerativa che porta alla paralisi progressiva e totale di tutti i muscoli e dunque alla morte, le cui cause sono ancora oggi incerte e per la quale, all'epoca, non esistevano cure efficaci.

Signorini è dapprima costretto alla sedia a rotelle, poi a trascorrere i suoi ultimi anni di vita su un letto. La malattia gli toglie la capacità di parlare e lui comunica con il mondo attraverso una macchina che risponde all'impulso dettato dai suoi occhi.

Con a fianco sua moglie Antonella e i suoi figli, Benedetta, Alessio, Andrea e la piccola Giulia, che gli sono sempre stati accanto, intraprende la dura lotta contro 'la stronza', come spesso viene definita la SLA.

Nel maggio del 2001 oltre 30 mila spettatori affollano lo Stadio Luigi Ferraris per la partita celebrativa che si disputa in suo onore. In campo ci sono tutti i compagni e gli allenatori che hanno contrassegnato la sua carriera: Sacchi, Liedholm, Scoglio e Bagnoli.

Prima del calcio d'inizio, la figlia Benedetta spinge Gianluca, seduto sulla sua carrozzina, per ricevere il tributo della Gradinata Nord, che canta: "C'è solo un capitano". Lui, visibilmente commosso, e con le lacrime che gli bagnano gli occhi, affida ad una macchina e alla voce di sua figlia le sue parole di ringraziamento.

"Vorrei alzarmi e correre con voi, ma non posso. Vorrei urlare con voi canti di gioia, ma non posso. Vorrei che questo fosse un sogno dal quale svegliarmi felice, ma non lo è. Vorrei che la mia vita riprendesse da dove si è fermata. Grazie a tutti".

L'incasso è devoluto alla ricerca sulla SLA e per istituire delle borse di studio per i suoi ragazzi. Il 6 novembre del 2002 la triste notizia lascia un grande vuoto in tutti coloro che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene: Signorini è morto.

"Non ce lo aspettavamo - dice la moglie Antonella - l'altra sera è stato benissimo fino alle 21 quando lo abbiamo aiutato ad andare a letto. Alle 23 ha avuto una crisi respiratoria e lo abbiamo fatto accompagnare in ospedale. All'una è morto".

"Oggi mi ritrovo con un amico di meno sulla terra e, però, con un amico in più in Paradiso. - commenta Arrigo Sacchi, attraverso il sito ufficiale del Parma - Sono momenti molto tristi in cui è difficile esternare il proprio dolore e in cui anche la voglia di comunicare si riduce al minimo".

Il giorno seguente, nella Chiesa della Sacra famiglia, a Pisa, si svolgono i funerali, con una grande partecipazione di popolo e di personaggi del mondo del calcio accorsi per rendergli un ultimo saluto. L'eterno capitano rossoblù è sepolto per sua volontà con indosso la maglia numero 6 del Genoa.

Il club la ritira ufficialmente e gli dedica il Centro sportivo di Pegli, il Pisa intitola a lui la gradinata dell'Arena Garibaldi. Signorini, che nella sua carriera ha incarnato l'immagine del calcio più vero e più autentico, non c'è più, portato via da un male subdolo e ancora oggi letale. Ma la sua memoria e il suo esempio resteranno per sempre.

E chiudendo gli occhi per un attimo, sembra ancora di vederlo correre sul campo, con la maglia rossoblù numero 6 e la fascia da capitano gialla ben in evidenza sul braccio.

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